DIDATTICA: Filosofia ed educazione

materiali liberamente utilizzabili, citando la fonte

seminario corso I/MRS settembre/novembre 1999

“IL MITO DELLA CAVERNA” DI PLATONE ED IL RAPPORTO TRA CONOSCENZA SENSIBILE ED INTELLETTIVA

NOTE INTRODUTTIVE

Nato ad Atene nel 428-427 a. c., PLATONE, il cui vero nome era ARISTOCLE, fin da giovane vedeva, nella vita politica, il proprio ideale.
Nell’intento di prepararsi, attraverso la filosofia, alla vita politica, PLATONE incontrò e frequentò SOCRATE. Le esperienze amare e deludenti in campo politico, (vedi la condanna a morte di SOCRATE, la persecuzione politica, le tirannie dei governi di quel periodo), portarono lo stesso PLATONE a dedicarsi allo studio filosofico. PLATONE morì nel 347 a.c. ad Atene, dopo essere rimasto alla direzione dell’ “ACCADEMIA” da lui stesso fondata.

IL PENSIERO FONDAMENTALE DI PLATONE

Sintetizzando, la tesi di Platone è la coincidenza della vera filosofia con la vera politica . Solo se il politico diventa “filosofo” può costruirsi la vera “Città”, ossia lo Stato veramente fondato sul supremo valore della giustizia e del bene. Per Platone costruire la “Città” vuol dire conoscere l’uomo ed i suo posto nell’universo.
Infatti, dice Platone, lo “Stato non è se non l’ingrandimento della nostra anima, una sorta di gigantografia che riproduce in vaste dimensioni, quello che c’è nella nostra mente”. La Città perfetta ha bisogno di tre classi sociali:
1. Quella dei contadini, artigiani e mercanti in cui prevale la virtù della “temperanza”, che è una specie di ordine, di dominio e di disciplina dei piaceri, dei desideri ed anche la capacità di sottomettersi alle classi superiori.
2. La classe dei custodi e difensori della Città, costituita da uomini in cui prevale la forza irascibile dell’anima, dotati di mansuetudine e fierezza, fortezza e coraggio. I custodi dovranno vigilare, non solo sui pericoli che possono venire dall’esterno, ma anche su quelli che vengono dall’interno. Dovranno evitare che nella prima classe si produca troppa ricchezza o troppa povertà.
3. La classe dei “reggitori” o Governanti, che dovranno essere coloro che avranno saputo amare la Città più degli altri e avranno saputo compiere il loro compito con zelo e che soprattutto avranno saputo conoscere e contemplare il “bene”.
Nei governanti predomina quindi, l’anima razionale e la loro virtù specifica è la “sapienza”.
 

SCHEMA RIEPILOGATIVO
 

“CITTÀ”,
Stato veramente fondato sul supremo valore della giustizia e del bene.
 

La Città perfetta ha bisogno di tre classi sociali:
 1.CONTADINI,ARTIGIANIe MERCANTI
2.CUSTODI e DIFENSORI DELLA CITTÀ
3.“REGGITORI” o GOVERNANTI
 

IL MITO DELLA CAVERNA

Al centro della “CITTÀ” detta anche “REPUBBLICA” si colloca un celeberrimo mito detto “della caverna”.
Immaginiamo degli uomini che vivano in una abitazione sotterranea, in una caverna che abbia l’ingresso aperto verso la luce per tutta la sua larghezza, con un lungo andito d’accesso; e immaginiamo che gli abitanti di questa caverna siano legati alle gambe ed al collo in modo che non possano girarsi e che quindi possano guardare unicamente verso il fondo della caverna medesima.
Immaginiamo poi che, appena fuori dalla caverna, vi sia un muricciolo ad altezza d’uomo e che dietro questo, (quindi interamente coperti dal muricciolo) si muovano degli uomini che portano sulle spalle statue lavorate in pietra e in legno, raffiguranti tutti i generi di cose.
Immaginiamo, ancora, che dietro questi uomini arda un grande fuoco e che, in alto, splenda il sole.
Infine immaginiamo che la caverna abbia una eco e che gli uomini che passano al di là del muro parlino e che le loro voci rimbalzino per effetto dell’eco.
Ebbene, se così fosse, quei prigionieri non potrebbero vedere altro che le ombre delle statue che si proiettano sul fondo della caverna e udrebbero l’eco delle voci; ma essi crederebbero anche che le voci dell’eco fossero le voci prodotte da quelle ombre.
Ora, supponiamo che uno di questi prigionieri riesca a sciogliersi a fatica dai ceppi; ebbene, costui con fatica riuscirebbe ad abituarsi alla nuova visione che gli apparirebbe e, abituandosi, vedrebbe le statuette muoversi al di sopra del muro e capirebbe che quelle sono ben più vere di quelle cose che prima vedeva e che ora gli appaiono come ombre.
Supponiamo che qualcuno tragga il nostro prigioniero fuori della caverna e al di là del muro; ebbene, egli resterebbe abbagliato prima dalla gran luce e poi, abituandosi,  vedrebbe le cose stesse e, da ultimo, prima riflessa e poi in se, vedrebbe la luce stessa del sole e capirebbe che queste e solo queste sono le realtà vere e che il sole è causa di tutte le altre cose visibili.

I QUATTRO SIGNIFICATI DEL MITO DELLA CAVERNA

Innanzitutto, il mito della caverna simboleggia i generi dell’essere sensibile e soprasensibile con le suddistinzioni:
le ombre della caverna sono le mere parvenze sensibili delle cose, le statue le cose sensibili; il muro è lo spartiacque che divide le cose sensibili e le soprasensibili; al di là del muro le cose simboleggiano il vero essere e le Idee, e il Sole simboleggia l’Idea del Bene.
In secondo luogo, il mito simboleggia i gradi di conoscenza nelle due specie e nei due gradi di queste: la visione delle ombre simboleggia l’immaginazione, e la visione delle statue simboleggia la credenza; il passaggio della visione delle statue alla visione degli oggetti veri e la visione del sole, prima mediata e poi immediata, rappresenta la dialettica nei vari gradi e la pura intellezione.
In terzo luogo simboleggia l’aspetto mistico e teologico del platonismo: la vita nella dimensione dei sensi e del sensibile è vita nella caverna, così come la vita nella dimensione dello spirito  è vita nella pura luce; il volgersi dal sensibile all’intellegibile è espressamente rappresentato come conversione; e la visione suprema del sole e della luce in se è visione del Bene e contemplazione del Divino.
Nella concezione squisitamente platonica si esprime, in quarto luogo, la concezione politica. Platone parla infatti anche di ritorno nella caverna di colui che si era liberato dalle catene, di un ritorno che ha come scopo la liberazione dalle catene di coloro in compagnia dei quali, egli prima era schiavo. Questo ritorno è indubbiamente il ritorno del filosofo – politico, il quale se seguisse il suo solo desiderio, resterebbe a contemplare il vero, e invece superando il suo desiderio, scende per cercare di salvare anche gli altri ( il vero politico, secondo Platone, non ama il comando ed il potere, ma usa comando e potere come servizio per attuare il bene).
Ma l’uomo che ha “visto” il vero Bene, dovrà e saprà correre il rischio di non essere creduto e di non potersi più riadattare e riabituare al buio, quando ritornerà nella caverna.
 

Escludendo le interpretazioni estreme del “Mito della Caverna”, e cioè quelle puramente mistiche e teologiche, nonché quelle politiche, che mostrano sia la vita nella dimensione spirituale volta al raggiungimento della contemplazione e visione del divino, sia il ritorno del filosofo – politico che scende nella  “caverna” a  “salvare” gli altri, nelle altre due interpretazioni possiamo cogliere i generi dell’essere sensibile e soprasensibile inteso come i due livelli di conoscenza e cioè sensibile ed intellettiva.
La visione delle ombre infatti simboleggia la pura parvenza sensibile affidata al senso visivo mentre al di là del muro le cose, le statue, simboleggiano le idee di tipo soprasensibile nonche’ la visione del Bene (il Sole).
Ma l’analisi più interessante è sicuramente quella che rappresenta la dialettica e cioè la capacità di argomentare, il saper pensare e ragionare, il saper valutare un’ipotesi nonché il saper persuadere, nei vari gradi.
Il passaggio dalla visione delle ombre alla visione delle statue prima, e degli oggetti veri, nonché del sole poi, simboleggia sia un primo livello di conoscenza sensibile (sensazione e percezione) che un secondo livello di conoscenza intellettiva (analisi – sintesi – interpretazione) e quindi la dialettica, appunto, e la pura intellezione (struttura cognitiva, capacità intellettiva astratta, lettura interiore).

Dal mito della caverna, ecco quindi che possiamo trarre alcune conclusioni sul processo di apprendimento e come esso possa essere definito dialettico.
Il processo di apprendimento infatti é dialettico in quanto tra docente e discente deve instaurarsi un dialogo formativo e cioè basato sul saper ragionare, interpretare e saper risolvere (PROBLEM SOLVING).
A. Si può cosi’ schematizzare il cammino dialettico (saper pensare, argomentare ecc..) della conoscenza, partendo dall’apprendimento e riprendendo il concetto di D. Ausubel (nato a New York nel 1918– studioso di processi cognitivi -
cfr. Educazione e processi cognitivi, 1968) per il quale l’apprendimento può basarsi esclusivamente sulla MEMORIA, con durata limitata nel tempo delle informazioni acquisite o sulla RITENZIONE (alla quale si è portati con una tendenza automatica come nell’evoluzione stessa dell’uomo) e cioè su tutti quei fattori come le motivazioni, la creatività, l’intuito ecc… che portano il soggetto a cogliere l’essenza dei significati.
In un’analisi più profonda poi, Ausubel, classifica quattro livelli dell’apprendimento intrecciando i vari TIPI (MECCANICO e SIGNIFICATIVO) e le MODALITÀ (per RICEZIONE e per SCOPERTA). Partendo dal più basso infatti abbiamo quello meccanico per ricezione, meccanico per scoperta, significativo per ricezione e significativo per scoperta intendendo il termine “RICEZIONE” come puro “ASCOLTO” passivo e “SCOPERTA” come “INTUITO”. La ritenzione infatti, può essere raggiunta solo se, autonomamente il soggetto riesce ad intuire, scoprire, cogliere l’essenza di qualsiasi informazione.
B. Riprendendo il commino dialettico in un’altra rappresentazione tassonomica, si possono analizzare, comunque, due livelli diversi nelle fasi di apprendimento e cioè, un primo livello di “CONOSCENZA SENSIBILE” o empirica (pratica, senza cognizioni teoriche) ed un secondo livello di “CONOSCENZA INTELLETTIVA” o razionale.
C. Il primo livello (sensazione – percezione – rappresentazione) si basa sulle sensazioni fisiche, sulle IMMAGINI; sulla percezione delle informazioni tramite i sensi nella loro TOTALITÀ (Gestalt) senza che si saldino alla struttura cognitiva; sulla rappresentazione dell’immagine dell’oggetto, preso in esame dai nostri sensi, e riprodotto nella coscienza. (Quindi  conoscenza basata sul concreto).
D. Il secondo livello (concetto – giudizio – dedizione) si basa sul concetto o pensiero astratto scomposto e quindi analizzato; sulla riorganizzazione e la sintesi dei concetti; sulla deduzione e cioè sulla capacità di formulare nuovi giudizi e concetti sulla base di nuove idee (capacità di associazione logica, creatività, PROBLEM – SOLVING) nonché INTERPRETAZIONE e FEED – BACK finale (messaggio di ritorno). (Quindi  una conoscenza basata sulla capacità di penetrare l’essenza delle cose e dei pensieri, di farli propri e di formularne di nuovi, nonche’ la capacita’ di  interpretazione  soggettiva su base oggettiva ).
È da sottolineare a questo punto come L’ANALISI PERCETTIVA ad un certo momento della  storia della psicologia,  si pone alla base dell’analisi psichica e come la corrente di pensiero della Gestalten (in Germania) e cioè della “PERCEZIONE GLOBALE” prende il sopravvento contrapponendosi alla superficialità del behaviorismo o comportamentismo americano, quello di Watson, per intenderci e non il comportanmentismo sociale della ricerca filosofica di G.H.Mead.
Per gli europei tutto parte dalla percezione della globalità, dell’insieme per poi essere scomposto, analizzato ed elaborato.
Anche per Koeler, l’intelligenza è un insieme di percezioni, illuminazioni ed intuizioni, nonché di combinazioni di dati per la risoluzione dei problemi. (Analisi degli stimoli interni azionati dalla percezione globale – esperimento dello scimpanzé sulla intuizione logica).
Anche Ovide Decroly sulla base della percezione della totalità studia l’apprendimento dei bambini e descrive il metodo globale della pedagogia.
B. Per finire Jean Piaget, fondatore nel ’900 della psicologia dell’età evolutiva, partendo dalla sensazione e percezione, sviluppa la teoria dello strutturalismo per la quale ciascun individuo geneticamente ha una predisposizione a formare una struttura psicologica della personalità, una soprattutto logica, mentale, cognitiva. Lo stesso Piaget individua quindi una fase della “TOTALITÀ”  (riagganciandosi alla Gestalten) ed una fase della “TRASFORMAZIONE”; quest’ultima suddivisa a sua volta in tre momenti diversi:

Ø Momento “dell’assimilazione” o acquisizione dei dati e formazione di schemi tramite la stimolazione dei dati stessi.
Ø Momento “dell’accomodamento” o acquisizione ed adeguamento dei dati alla struttura cognitiva.
Ø Momento “dell’equilibrazione”;  fase ultima nell’evoluzione della struttura cognitiva, nella quale c’è una continua assimilazione e accomodamento della struttura stessa (meccanismo di autoregolazione della struttura cognitiva).
È da sottolineare infine, che nell’età adulta, un eccesso di momenti di assimilazione (cosa che invece avviene normalmente nei bambini con le varie esperienze) porta al “conformismo”, così come un eccesso di momenti di accomodamento, che prevalgono sull’assimilazione, porta al pregiudizio o “dogmatismo”.
 

PER CONCLUDERE POSSIAMO DIRE CHE:
la conoscenza sensibile e la conoscenza intellettiva sono intrecciate dialetticamente e né l’una né l’altra , da sole, possono assicurare la vera conoscenza del significato delle cose

bibliografia - vedi bibliografia dei corsi in  Indice Metodologia didattica e della comunicazione
 
 

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