PER UN USO CRITICO DEL POWER POINT

Due articoli di Franco Carlini sul "Manifesto"

 

Si chiama Claire ed è una giovane manager americana, con un marito e due figli di 12 e 14 anni. Quando le cose non funzionano, magari perché la spazzatura non è stata portata fuori o il bagno lasciato in disordine, Claire riunisce il gruppo familiare in salotto, davanti a un proiettore, e impartisce loro una (presentazione) con il software chiamato PowerPoint (familiarmente Ppt) dal titolo «La famiglia è importante». Sottotitolo:. «Un approccio al cambiamento positivo nella squadra famigliare». Segue una pagina con i classici pallini («bullet») e le seguenti frasi:

·                  La mancanza di organizzazione porta confusione e frustrazione tra tutti i membri della famiglia

·                  La disorganizzazione è nociva per i voti scolastici e per la vita sociale

·                  La disorganizzazione porta a delle inefficienze che impattano sull'intera famiglia.

Ormai la storia di Claire, raccontata sulla rivista New Yorker del 28 maggio 2001, è divenuta una leggenda, citata come esempio dell'abuso di quel potente software di Microsoft che da tredici anni si è imposto come standard, al posto dei lucidi e delle diapositive. Originariamente si chiamava (Presenter, ed era stato inventato da Bob Gaskins e Dennis Austin in una piccola azienda della Silicon Valley chiamata Forelhought. Lo misero sul mercato nel 1987 in una versione bianco e nero, pensata esclusivamente per i computer Apple Mcintosh. Ma il nuovo software attirò presto le attenzioni della Microsoft di Bill Gates che acquistò l'intera azienda (nel frattempo ribattezzatasi PowerPoint) per 14 milioni di dollari. La versione per Windows (allora era il Windows 3.0) andò in vendita nel 1990.

Oggi, ogni giorno che passa, trenta milioni di persone accendono il computer, lo collegano a un proiettore e fanno la loro brava <<presentazione>>. Nel senso che illustrano a una platea grande o piccola un progetto finanziario, un piano di marketing, una campagna elettorale, una lezione alla classe; le varianti sono infinite. Sembra che di Ppt siano state distribuite finora 300 milioni di copie, inglobate nel pacchetto di produttività individuale chiamato Office.

E' uno strumento universale, uno standard che ha completamente sostituito le «slide» su fogli di acetato, le quali a loro volta avevano rimpiazzato le diapositive. E le diapositive, per parte loro, avevano reso inutile e ingombrante la lavagna di ardesia (con il gesso) e quella di carta su cui scrivere con il pennarello. Quest'ultima versione (fogli di carta e pennarello) sopravvive solo per le famigerate riunioni di «brainstorming» (traduzione letterale: tempesta cerebrale», traduzione realistica: «ognuno dica quello che diavolo gli passa per la testa» ).

Due sono le critiche che è possibile rivolgere a PowerPoint. l'una di fondo e teorica, l'altra relativa al suo uso, e dunque pratica. Questa seconda recita così: il sistema è ottimo, potente e versatile; se talora i risultati sono deludenti questo è perché viene usato male. Per esempio se un oratore-presentatore realizza delle videate ripiene di solo testo, ebbene questo è un modo pessimo di utilizzarlo, e se poi nel corso della presentazione dal vivo si limita a leggere quel testo (quasi che gli astanti fossero tutti orbi), allora il risultato è deprimente.

Altri difetti da uso stupido del mezzo sono: l'abuso di font, stili e colori diversi e senza criterio, oppure, viceversa, il ricorso pigro ai formati e alle immagini predefinite che il programma propone. Nel primo caso l'effetto è quello di una carnevalata ingenua e confusa, mentre nel secondo ci sarà piattezza e conformismo comunicativo.

In generale l'effetto sugli astanti è soporifero e deprimente, dicono i critici più accesi, e il pubblico comincia a risollevarsi quando finalmente le luci si riaccendono e comincia, eventualmente, una possibilità di dialogo con l'oratore.

Esistono peraltro degli esperimenti condotti nei dipartimenti di psicologi, che dimostrano l'efficacia (e persino la forza manipolatoria) del PowerPoint: un gruppo di esperti viene chiamato a giudicare un atleta, avendo a disposizione solo dei fogli di carta con le tabelline dei suoi punteggi, mentre un secondo gruppo assiste agli stessi dati, in formato Ppt: ebbene i secondi gli attribuiscono un voto finale, maggiore.

Dal punto di vista teorico PowerPoint, è la migliore dimostrazione che il mezzo influenza il messaggio. Ovviamente questo è vero anche per la posta elettronica come per i brevi messaggi di testo o le pagine web. Si parte da un'idea e da un contenuto da comunicare, ma lo strumento che si sceglie di utilizzare (o che si è obbligati a utilizzare per vincoli esterni) esercita un peso rilevante, anche se spesso inavvertito.

Un'interpretazione ingenua potrebbe sostenere che, di fronte a una eventuale limitatezza del mezzo, il processo mentale che viene attivato sia semplicemente quello di tagliare e ridurre il pensiero originario, perché esso sia trasmissibile in quella banda limitata. Ma questo è vero solo in pochi casi, ovvero quando si ha già un testo pronto in precedenza e ne sia necessaria una riduzione. Per esempio questo testo che misura diverse migliaia di caratteri potrebbe venire condensato in un articolo da 70 righe di quotidiano, esercitando un'intelligente - si spera - opera di selezione e sfrondatura: tanti dolorosi tagli che magari alla fine si riveleranno benefici perché permetteranno all'autore stesso di rendersi conto con maggiore chiarezza di quanto del suo pensiero è davvero importante e quanto invece era laterale, accessorio o addirittura sviante rispetto alla linearità e alla chiarezza del suo discorso.

Ma più spesso il percorso è diverso: spesso infatti la decisione di scrivere (o comunque di comunicare qualcosa) è contemporanea alla scelta del mezzo e allora questo stesso mezzo, che illusoriamente viene considerato neutro, si rivela invece una potente macchina che plasma i contenuti stessi. In ciò non c'è niente di scandaloso e molto di normale. Sapendo di dover parlare per tre minuti alla radio l'autore progetterà un blocco di discorso non più lungo di 50 righe, che sono pochissime se stampate ma lunghissime fino alla noia se recitate. Nel discorso radiofonico si metteranno in atto alcuni espedienti narrativi e si potrà giocare sui toni di voce, per rendere meno monotona l'esposizione: restano sempre 50 righe (in pratica una sola idea, appena sviluppata e poco argomentata), ma comunque con una struttura tutto sommato classica.

Quando il discorso venga progettato per il PowerPoint le cose si fanno più controverse: lo scenario della narrazione sarà quello di un grande schermo illuminato e di un palco con microfono da dove l'oratore in ombra fa due cose: schiaccia il pulsante per fare scorrere le slide in sequenza e insieme le illustra con voce sua.

In origine - per esempio nella comunicazione scientifica - le slide erano un ottimo mezzo per far vedere con gli occhi quello che le parole non potevano raccontare: si pensi alla struttura tridimensionale di una proteina o anche semplicemente a una curva che rappresenta graficamente i risultati numerici di un esperimento. Tutto bene e molto efficace; se poi l'oratore non deve ricorrere al laboratorio fotografico per le slide e può invece realizzarle da solo, si assapora un gusto di libertà e di creatività.

A questi aspetti positivi se ne contrappongono tuttavia di molto critici: lo spazio limitato della singola videata spinge inevitabilmente a spezzettare il testo, il quale si concentra a tal punto che le singole frasi diventano slogan. Secondo i sostenitori di Ppt questo è un ottimo modo per estrarre dal proprio caos mentale i punti essenziali, che verranno appunto <<impallinati>>, ma secondo i critici si tratta invece di un pensiero isterilito e impoverito: più propaganda che argomentazione.

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Il 5 febbraio 2003 il segretario di stato americano Colin Powell interveniva al consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, per illustrare la minaccia rappresentata da Saddam Hussein e dalle sue armi di distruzioni di massa. Lo fece aiutandosi con una ormai storica presentazione in Powerpoint. La potenza di memoria dell'Internet fa sì che il materiale di quel discorso sia tuttora a disposizione di tutti (all'ind. www.state.gov/p/nea/disarm/): graficamente rappresentati c'erano la rete di AI Quaeda e i famosi laboratori mobili per la produzione di armi biologiche Erano disegni un po' elementari, stile giocattolo, ma vennero presi molto sul serio dalle televisioni e giornali di tutto il mondo.

In questo caso le immagini (sia pure artificiali) avrebbero dovuto servire a dare realtà visiva a una minaccia oscura e che molti viceversa ritenevano inesistente. A suo tempo Io pensava anche Silvio Berlusconi il quale. uscendo da un incontro con il leader russo Putin il 17 ottobre 2002. dichiarava: «Credo che in Iraq non ci siano ormai più armi di distruzione di massa, perché c'è stato tempo per la loro eliminazione o riallocazione». Evidentemente in seguito le slide lo hanno stregato.

Ma non sono soltanto i politici e i manager a usare le presentazioni visuali: questo software si è imposto letteralmente in ogni dove, per esempio anche in moltissime chiese americane, come materiale di supporto dei sermoni. Esiste anche un sito web (www.ebibleteacher.com/) dove si possono scaricare a pagamento delle presentazioni PowerPoint preconfezionate. Per esempio una sequenza di slide dedicate a un quiz sulla natività con domande animate e colorate del tipo: «Il nome della madre di Gesù era: Marta, Maria, Eva, Deborah» Il gestore del sito, Terry Taylor. spiega che «Gesù era un narratore e offriva delle immagini visive (per esempio) Osservate i gigli del campo (Mt 6,28)>> Secondo Taylor il 15' per cento delle chiese americane sono dotate di videoproiettori e molte usano regolarmente PowerPoint per i canti, i sermoni e comunque per accompagnare le preghiere.

Intensissimo è anche l'uso di questo software nelle scuole: lo impiegano gli insegnanti per «somministrare» (sì, somministrare) le lezioni agli allievi e lo utilizzano gli allievi per le loro relazioni scritte. Secondo molti si tratta di un fatto particolarmente diseducativo perché incentiva il fenomeno, già largamente diffuso. di studenti che non sanno più scrivere né esprimersi. In ogni caso l'addestramento a PowerPoint fa ormai parte di ogni corso di formazione professionale, specialmente negli uffici; in pratica è un prerequisito e sono centinaia i libri e i manuali dedicati all'insegnamento passo passo, ai trucchi e agli approfondimenti. E' un software che ha generato un intero mercato collaterale, oltre che un discutibile costume sociale.

Franco Carlini, da «Il Manifesto» del 28 dic 2003

 


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