LETTURE INTEGRATIVE/ANTOLOGIA

per un'introduzione ai problemi della didattica e della metodologia della comunicazione educativa

(a cura di Ferdinando Dubla)

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NOTA BENE: Questa pagina è un invito alla lettura e all'approfondimento diretto.Ogni argomento rimanda a uno o più testi di cui è fornita una recensione in base ai princìpi del corso di metodologia della comunicazione formativa del prof. Ferdinando Dubla. L'indicazione della scelta dei brani è esemplificativa dei luoghi specifici ove si trovano gli argomenti trattati e se ne consiglia la lettura dai testi.

INDICE
 
ARGOMENTI, TESTI E SCELTA DEI BRANI

Argomento (A): Necessità del metodo didattico/Metodo come organizzazione e liberazione nel processo didattico e della comunicazione educativa/Metodo come consonanza e adeguazione tra soggetti
Testo (T): F.De Bartolomeis: I metodi nella pedagogia contemporanea, Gianasso, 1958
Scelta dei brani (B): pp.9/24; 31/36; 43/57.

(A): Innovazione-ricerca/ Modelli didattici delle teorie dell'apprendimento/ La comunicazione didattica
(T): F.Priore: Modelli, strumenti e misure della didattica contemporanea - Manuale di Pedagogia operativa, Mursia, 1990
(B): pp. 192/196; 80/84; 241/258

(A): Ricerca-sperimentazione e la didattica come 'scienza'/Contro il formalismo didattico/Teorie dell'apprendimento e qualità pluralista della didattica
(T): F. Fabbroni: Manuale di didattica generale, Laterza, 1993 (II ed.)
(B): pp.25/35; 56/60

(A): Stili cognitivi/Sequenze didattiche (tradizionale-attiva)/Ausubel e l'apprendimento cognitivo
(T): L.Tartarotti: La programmazione didattica-Fasi, criteri e metodi, Giunti e Lisciani, 1991 (VIII ed.)
(B): pp.61/63; 165/178; 140/143;

(A): Dissonanza cognitiva e principi di significatività e motivazione/Operazionalizzazione degli obiettivi/Introduzione alla valutazione, giudizio e diagramma di frequenza
(T): M.Pellerey: Progettazione didattica, SEI, 1979
(B): pp.177/182; 119/125; 190/195; 207/211.

(A): J. Piaget e lo strutturalismo
(T): J.Piaget: Lo strutturalismo, Milano, 1971, pp.39/46
(B): Presentazione da: Fornaca-R.Sante Di Pol: La pedagogia scientifica del '900, Principato, 1981, pp.302/306.

(A): Mastery learning, istruzione programmata e mezzi didattici
(T): R.Fornaca: Didattica e tecnologie educative - Storie e testi, Principato, 1990
(B): pp.168/182

(A): Il rinforzo e la programmazione lineare estrinseca di Skinner
(T): J.Poctzar: L'insegnamento programmato, Armando, 1972
(B): pp.58/74

(A): Tecniche di insegnamento: esempi di lezione e comunicazione didattica
(T): M.Mazzotta: Come organizzare la lezione - Schemi modello di lezione collettiva e di comportamento docente, Giunti e Lisciani, 1987 (II ed.)
(B): pp.63/78

(A): Fattori costitutivi della comunicazione / Comunicazione intenzionale e processo di influenza
(T): P.E.Ricci Bitti/B.Zani: La comunicazione come processo sociale, Il Mulino, 1983
(B): pp. 17/39; 186/194.

(A): La teoria della dissonanza  e la sua importanza nel rapporto tra fattori cognitivi e strategie didattiche
(T): L.Festinger: Teoria della dissonanza cognitiva, Franco Angeli, 1973 (or.1957)
(B): pp. 18/28

(A): Definizioni di comunicazione e teoria dell'agenda-setting
(T): G.B. Fatelli/S.Bentivegna: Teorie della comunicazione, Stampa alternativa, 1995
(B): pp.5/17; 41/47.

(A): Comportamenti comunicativi e apprendimento
(T): L. Lumbelli: Psicologia dell'educazione- Comunicare a scuola, Il Mulino, 1982
(B): pp.108/129; 147/158; 163/179; 221/236

(A): Feed-back estrinseco/intrinseco e didattica della comunicazione
(T):V.A. Baldassarre-E.M.Brescia: Contesti formativi e didattica della comunicazione
                                                    Ed. dal Sud, 1995 (Bari),
(B):pag.60 e 72



Necessità del metodo didattico/Metodo come organizzazione e liberazione nel processo didattico e della comunicazione educativa/Metodo come consonanza e adeguazione tra soggetti
 

da F.De Bartolomeis: I metodi nella pedagogia contemporanea,             Gianasso, 1958,

pp.9/24; 31/36/43/57
 
L'opera del De Bartolomeis è antesignana del ricco e articolato dibattito che attraverserà prima il mondo accademico, poi la didattica operativa scolastica nel nostro paese a partire dagli anni '60, sulla necessità di introdurre la metodologia didattica 'scientificamente intesa' nella sperimentazione educativa. La difficoltà di ricezione in Italia di tematiche siffatte può schematicamente imputarsi a due ordini di fattori: a) la sedimentazione culturale e filosofica italiana dell'idealismo gentiliano e crociano, che non era astratta, ma resa organizzativamente potente dall'ordinamento scolastico vigente (in gran parte ereditato sino ad oggi); b) la diffidenza verso teorie e ricerche attive di marca statunitense (il behaviorismo e il neobehaviorismo), tacciate, molte volte non a torto, di superficialismo rispetto alla tradizione europea, nonché di meccanicismo e di determinismo biologico (la triade S-R-R+). De Bartolomeis, che poi si affermerà anche come fine critico d'arte e filosofo estetico, già alla fine degli anni '50, ha gioco facile nel dimostrare come l'obiezione corrente - il metodo uccide la creatività del soggetto che apprende e la libertà d'insegnamento - rivela esattamente la fattuale realtà opposta: senza metodo vi è il rischio massimo di autoritarismo, di morte della creatività-liberazione dei soggetti del processo didattico e della comunicazione educativa. Non si può insegnare senza metodo, non si può comunicare intenzionalmente in funzione educativa senza organizzazione sistematica, senza la mediazione-relazione tra struttura logica disciplinare (e/o di contenuto) di tipo oggettivo e struttura cognitiva soggettiva. Ecco perché la lettura del  breve saggio di De Bartolomeis consente insieme una visione storica e una possibile e ben piantata ricerca educativa su base 'attiva', cioè a dire interpretativa e modificatrice dello stesso carattere dell' innovazione didattico-formativa.

Ricerca-sperimentazione e la didattica come 'scienza'/Contro il formalismo didattico/Teorie dell'apprendimento e qualità pluralista della didattica
 

da: F. Fabbroni: Manuale di didattica generale, Laterza, 1993 (II ed.), pp.25/35; 56/60

Il manuale del Fabbroni, ordinario di Pedagogia all'Università di Bologna, è un manuale 'sui generis', concepito come materiale di riflessione e di sperimentazione operativa insieme. Si muove intorno a due concetti di base, correlati tra di loro: a) la didattica è la nuova frontiera del XXI secolo per quanto riguarda la comunicazione educativa, così come la pedagogia lo è stato per il XX secolo: questo lo si deve principalmente alla crescita-evoluzione delle agenzie di formazione/informazione e allo sviluppo della domanda di educazione permanente/formazione- per- tutta- la- vita;   b) la didattica ha ormai statuto epistemologico autonomo, una propria logica formale interna, un linguaggio specifico, metodologie interne, seppure ciò non significa una sua 'ossificazione' e 'formalizzazione' affatto interagente con le possibili variabili intervenienti nella formazione dei soggetti dell'apprendimento. Per questo le teorie dell'apprendimento non sono, per la didattica (nella sua prassi, teoria e pratica operativa) abiti con cui vestire le procedure metodologiche (da quelle derivano queste), ma ogni procedura è contemporaneamente ricerca-azione che utilizza la ricca articolazione delle teorie.  La novità più importante dal punto di vista culturale-sovrastrutturale viene individuata da Fabbroni nella nuova conformazione della coscienza ecologista.



Innovazione-ricerca/Modelli didattici delle teorie dell'apprendimento/La comunicazione didattica
 

da: F.Priore: Modelli, strumenti e misure della didattica contemporanea - Manuale di Pedagogia operativa, Mursia, 1990,

pp. 192/196; 80/84; 241/258

Franco Priore, psicopedagogista, attento studioso della criteriologia dell'insegnamento di G.Catalfamo,  è un teorico e attivo sperimentatore della comunicazione educativa nella situazione didattica. Il complesso manuale, da cui sono ricavate le pagine seguenti, si segnala come un ottimo strumento operativo per chi voglia adeguare la riflessione teorica tramite l'intervento diretto e gli strumenti matematici (tra cui, la docimologia e il calcolo probabilistico; egli è stato collaboratore della cattedra di Logica matematica all'Università degli Studi di Lecce) per ridefinire gli stessi modelli e orientare la produzione didattica nel senso di una comunicazione educativa efficace e rispondente ai bisogni di una società complessa e in via di continua evoluzione.


Stili cognitivi/Sequenze didattiche (tradizionale-attiva)/Ausubel e l'apprendimento cognitivo
 

da: L.Tartarotti: La programmazione didattica-Fasi, criteri e metodi, Giunti e Lisciani, 1991 (VIII ed.),

pp.61/63; 165/178; 140/143

E' un'opera, questa del Tartarotti, psicopedagogista da anni impegnato nell'aggiornamento e qualificazione degli insegnanti, consigliabile per chiunque tenti un approccio alle complesse tematiche della metodologia didattica e della comunicazione educativa. Un'introduzione che permette l'orientamento efficace ai temi della programmazione curricolare e ai principali modelli sperimentali delle tecniche dell'insegnamento. La classificazione di alcuni tra i maggiori 'stili cognitivi' (dunque grande attenzione all'individualizzazione dell'insegnamento, secondo la lezione di Dottrens, che permette una maggiore qualità dell'istruzione) e le sequenze nel processo didattico, esemplificazione degli algoritmi secondo l'insegnamento programmato, permettono di comprendere come le strategie applicative nella comunicazione didattica vengano proprio da uno sforzo di consonanza tra logica interna dei contenuti e soggettività creatrice dei principali protagonisti del processo: che, in quanto tale, è relazione/scambio, tramite le figure dei formatori (necessità di essere inter-pluri-multidisciplinari) e infine, reale e vera comunicazione. L'insufficienza dei modelli tradizionali (che non erano veri e propri modelli, in quanto carenti di riflessione previsionale e anticipatrice), è palesata in modo chiaro e incontrovertibile.
Importante il ruolo di Ausubel nell'individuazione dei processi dell'apprendimento cognitivo di tipo significativo: attraverso il modello che cerca di interpretare le modalità di acquisizione e assimilazione del materiale d'apprendimento e la rilevanza dell'apprendimento significativo per scoperta, si può giungere a focalizzare i diversi stili cognitivi dei discenti in base a princìpi interpretativi delle modalità apprenditive (come la riduzione e semplificazione, la coerenza interna, ad es.) e modulare così le più appropriate forme di comunicazione formativa.


Dissonanza cognitiva e principi di significatività e motivazione/ Operazionalizzazione degli obiettivi/Introduzione alla valutazione, giudizio e diagramma di frequenza

da: M.Pellerey: Progettazione didattica, SEI, 1979

 pp.177/182; 119/125; 190/195; 207/211

Il testo del Pellerey si segnala come manuale specifico: introduzione generale ai titoli della didattica e della comunicazione educativa, attenzione specifica all'aspetto delle strategie applicative come insieme di metodi di relazione tra i processi cognitivi dei soggetti dell'apprendimento ed epistemologie logiche dei contenuti disciplinari. I brani scelti riguardano soprattutto la teoria di Leon Festinger (1957) sulla dissonanza cognitiva, ma specie la sua reale traducibilità operativa da parte del Pellerey (tramite i principi di significatività e motivazione) e quindi fuori dalle strette maglie del gestaltismo; poi l''operazionalizzazione' degli obiettivi didattici di apprendimento, che riesce a sfuggire anche alle strettoie dell'impianto comportamentista di origine statunitense (Mager, 1970) perchè riproposta in termini sia di 'concretezza-performance(prestazione operativa)- puntuale e rigorosa verificabilità', sia in termini di più ampie 'operazioni mentali-intellettive-psicologiche' che vanno poi a strutturare la stessa qualità dei tipi di apprendimento e dunque rendono possibile l'uso delle tassonomie in chiave non meccanica e formale. Infine, il problema della valutazione: come sfuggire alle soggettive discrezionalità arbitrarie (rese più possibili e frequenti dall'aleatorietà di obiettivi didattici astratti) senza incappare nella mediocritas rituale consegnataci dalla curva probabilistica di frequenza (la curva di Gauss). Tutti temi-chiave inerenti la sostanza stessa delle strategie didattiche, ma più complessivamente delle strategie educativo-formative, delle strategie della comunicazione efficace perchè mirante all'autovalutazione e all'apprendimento significativo di tipo creativo (problem-solving, come impostazione corretta-elaborazione e riflessione logico/deduttiva-soluzione personale dei problemi), dunque alla capacità di transfer, un trasferimento, tramite la comunicazione, delle conoscenze come dei valori, in ambito operativo e relazionale e che presuppone sempre la maturazione generalizzatrice e l'astrazione logica.



 J. Piaget e lo strutturalismo
 

da: J.Piaget: Lo strutturalismo, Milano, 1971, pp.39/46

Presentazione da: Fornaca-R.Sante Di Pol: La pedagogia scientifica del '900, Principato, 1981, pp.302/306


La conoscenza delle opere di Jean Piaget non è solo indispensabile per lo studio della psicologia dell'età evolutiva e dell'epistemologia genetica, di cui è il maestro indiscusso, ma anche per chiunque voglia approcciare un'analisi seria, in termini di strutture, dei processi cognitivi in relazione ai metodi di comunicazione didattica e alle strategie operative. Per comprendere meglio le pagine che seguono, scritte dallo psicologo svizzero (1896/1980), ricordiamo che l'opera Lo strutturalismo è del 1968 (tr.it. 1971): razionalista convinto, Piaget lottò tutta la vita contro l'empirismo filosofico e l'associazionismo psicologico (contrapponendosi pertanto anche al comportamentismo) sulla base del principio che l'attività cognitiva costituisce una struttura estremamente complessa, irriducibile alle leggi della natura fisica e biologica di tipo elementare. La differenza qualitativa fra il pensiero adulto e il pensiero infantile, l'esistenza di fasi differenziate, cicli-tappe nello sviluppo apprenditivo, presuppongono un'attenzione specifica alle modalità stesse dell'apprendimento umano come capacità di costruire strutture, insistendo sui concetti di relazionalità ed autoregolazione, a partire dalla totalità come sistema (Gestalten). Si comprende come lo strutturalismo piagettiano sia un efficace strumento analitico delle tre principali strutture coinvolte nella formazione educativa: la struttura logica oggettiva dei contenuti di conoscenza, la struttura cognitiva soggettiva e la struttura che, attraverso il metodo, deve metterle in relazione: la struttura della comunicazione.


Mastery learning, istruzione programmata e mezzi didattici
 

da:R.Fornaca: Didattica e tecnologie educative - Storie e testi, Principato, 1990 pp.168/182
 

La lettura delle pagine che seguono, riprese dal manuale del Fornaca di taglio storico-contenutistico, permettono di inquadrare le novità della sperimentazione didattica ormai generalizzate nelle esperienze formative di molti paesi dagli anni '70 in poi (frutto della spinta liberatrice del biennio '68/'69 in ambito scolastico), sviluppo delle teorie del curricolo introdotte da R.Tyler (1949) e poi sviluppate creativamente, già dalla seconda metà degli anni '50, soprattutto da B.Bloom, R.Guilford, R.Gagnè.  Il rapporto tra didattica e tecnologie educative deve considerarsi articolato e flessibile, tale cioè, da permettere la ricchezza comunicativa e lo scambio, attraverso il feed-back, dei soggetti implicati nei percorsi educativi dell'apprendimento guidato. La società (e le variabili ambientali) va interpretata per poter intervenire attivamente in essa, la realtà va decodificata secondo gli strumenti maturati personalmente attraverso l'istruzione: proprio per questo, ogni tecnologia va dominata, compresa quella funzionale alla formazione degli individui. Perciò, evitare la sclerosi didattica indotta da schemi operativi immutabili e fini a se stessi  deve essere l'essenza di tutte le dinamiche dell'apprendimento per padronanza (mastery learning), dei moduli di istruzione programmata, delle possibili e infinite scale tassonomiche, della scelta degli ausili didattici. Che sono ausili per l'apprendimento significativo, dunque anche per l'insegnamento: mentre non è vero il contrario, a dimostrazione che la stessa scelta dei mezzi per la facilitazione-agevolazione dell'apprendimento tramite la comunicazione efficace, è innanzitutto guida e itinerario per la costruzione autonoma del proprio tracciato formativo.

Il rinforzo e la programmazione lineare estrinseca di Skinner
 

da J.Poctzar: L'insegnamento programmato,
Armando, 1972 pp.58/74

Il testo di J.Poctzar, consulente nel progetto sperimentale dell'Unesco per lo sviluppo dell'insegnamento programmato in Africa centrale (Scuola normale superiore di Brazzaville, in Congo), è la messa a punto della relazione esposta dall'autore nella riunione degli esperti che si è tenuta a Varna (Bulgaria) dal 19 al 29 agosto 1968 per discutere sulle teorie e la pratica sperimentale dell'insegnamento programmato. Insegnamento programmato che, come risulta dalle pagine che seguono, deve molti dei suoi modelli a Skinner (1904/1990) e alla sua ipotesi di programmazione lineare estrinseca, cioè a quel tipo di programmazione che può essere attuata in particolari condizioni e con precise caratteristiche: la frantumazione del programma in piccoli item che riducano al minimo la possibilità di errori e inducano alla produzione di esperienze positive nell'ambito dell'appprendimento (tale è nella sua essenza il rinforzo, R+); un alto 'tasso' di insegnamento individualizzato; un suo uso non esclusivo nell'ambito della programmazione, ma comunque importante in alcuni punti di essa, quando cioè l'errore si presenta come forte inibizione dell'apprendimento significativo; una scarsa flessibilità dei contenuti (dunque principalmente adattabile a contenuti di base e/o meramente tecnico-operativi).


Tecniche di insegnamento: esempi di lezione e comunicazione didattica
 

da: M.Mazzotta: Come organizzare la lezione - Schemi modello di lezione collettiva e di comportamento docente,
Giunti e Lisciani, 1987 (II ed.)pp.63/78

Maurizio Mazzotta, esperto in strategie della comunicazione didattica (I° premio nazionale di didattica - Recoaro, 1970), dimostra abbastanza palesemente, nella sua opera e nelle pagine che seguono, che la comunicazione formativa è il cuore della didattica, così come la metodologia didattica è il cuore di ogni tecnica di comunicazione educativa. E' anche sintomatico che l'autore citi l'opera di De Bartolomeis del 1958, a rilevare  la distanza con le tecniche puramente oratorie della 'bella lezione'. La comunicazione educativa, efficace e persuasiva, o meglio, che voglia tradursi efficacemente e persuasivamente in crescita formativa dei soggetti che apprendono, è sempre traducibile in insegnamento, cioè è apprendimento guidato. Semmai comunicazione rimanda e deve sempre più rimandare allo scambio/relazione tra soggetti per un comune itinerario di crescita, individuale e collettiva, traslato dal rapporto, sempre difficile ma sempre ricco se inteso come mutua interrelazione (da non confondere con l'adeguazione all'incontrario, l'assecondare le tendenze senza nè interpretarle nè 'gestirle', che alla fine nulla si scambierebbe) docente/discente. M.Mazzotta prende in esame la lezione collettiva, cioè quella peculiare forma di lezione nell'aula scolastica classica che prevede l'insegnante-guida che parla e/o, appunto, 'gestisce',  e gli allievi in posizione di 'riceventi' la comunicazione, ma che possono essere favoriti nei loro processi attivi. Per questo la 'lezione collettiva', vituperata fin che si vuole dalla pedagogia contemporanea, che però rischia ad ogni momento l'astrattismo insussistente, che non è mai realmente progressista, può essere analizzata in tutte le sue diverse forme, da quelle della didattica eterodiretta (la lezione-monologo, il monologo+discussione, la lezione-dialogo della maieutica socratica... senza essere Socrate) a quella della didattica dell'istruzione programmata che si deve svolgere in situazioni classiche e accademiche: la 'lezione centrata sulla discussione' e la 'lezione basata sul rinforzo', con una netta predilezione per quest'ultima forma.


Fattori costitutivi della comunicazione / Comunicazione intenzionale e processo di influenza
 

da: P.E.Ricci Bitti/B.Zani: La comunicazione come processo sociale,
Il Mulino, 1983 pp. 17/39; 186/194.

La comunicazione come modalità insopprimibile dell'attività umana, è connessa con i processi di socializzazione, in quanto il comunicare è espressione dello scambio, della relazione necessaria nell'attività sociale. Un'attività che permette la trasmissione delle competenze e dei saperi ed è alla base dell'evoluzione e della crescita dei soggetti. I due studiosi della comunicazione, entrambi docenti all'Università di Bologna, si soffermano sull'interazione interpersonale per identificare i fattori che stanno a fondamento dell'atto comunicativo: si passa, così, dall'analisi del modello della Slama-Cazacu (1973) alla riproposizione del concetto di role-taking del Mead (1934), in modo da classificare poi più agevolmente le tante possibilità insite nello scambio comunicativo. La spontaneità con cui si giunge alla generazione dell'atto del comunicare, implica una riflessione sull' intenzionalità delle comunicazioni di tipo complesso. Fra queste, vi è senza dubbio la comunicazione formativa, intenzionale perchè educativa (volta ad un fine), la comunicazione didattica: ma l'intenzionalità, che è processo di influenza solo se sollecita il massimo della capacità di decodificazione (percezione-interpretazione-selezione-organizzazione) da parte dei soggetti dell'apprendimento, ed è dunque influenza reciproca, non deve azzerare affatto la spontaneità dell'atto. La spontaneità dell'atto deve trasformarsi, nel processo didattico, in creatività e liberazione dei soggetti implicati. Conoscere dunque il potere persuasivo della parola, le regole e le procedure conversazionali, lo stesso modello delle abilità sociali di Argyle (1969), permette di scegliere le modalità sociali più efficaci per trasmettere una capacità non formale di scelta dei propri codici e dei propri messaggi. La persuasività, per quanto intenzionale, si raggiunge solo con lo stimolo alla motivazione intrinseca e all'autoapprendimento; appena la comunicazione smette di strutturarsi come discosività dialogica, azzera la capacità di elaborazione, di parola o di gesto di uno degli interlocutori e perde la sua natura di scambio e tutta la sua efficacia formativa: dunque è nulla dal punto di vista pedagogico.


La teoria della dissonanza e la sua importanza nel rapporto tra fattori cognitivi e strategie didattiche
 

da: L. Festinger: Teoria della dissonanza cognitiva,
Franco Angeli, 1973( or.1957) pp. 18/28

La teoria della dissonanza cognitiva di Leòn Festinger è un impianto complesso di elaborazione autonoma, va inquadrata nell'ambito più complessivo della psicologia Gestalt riguardante i processi di apprendimento, ma può essere utilizzata anche nel campo d'indagine sulla comunicazione formativa e sul rapporto tra fattori cognitivi e l'applicazione delle strategie didattiche. Infatti, se si parte dall'assunto che l'accrescimento di conoscenza umana è possibile solo con duro sforzo e sacrificio, che nulla di significativo è possibile ritenere se ciò non è il risultato di una 'pressione' sugli elementi cognitivi, la teoria della dissonanza ci informa che la stessa non è elemento puro di negazione, ma di crisi produttiva quando non necessaria. Gli elementi di apprendimento nuovi che entrano nella struttura cognitiva, modificano la stessa a seconda del 'peso specifico' che assume la dissonanza, il suo spettro di ampiezza, la sua 'banda di oscillazione' (troppo familiare=automatismo insignificante; troppo distante=resistenza assoluta al cambiamento come processo oggettivo). Ma proprio perchè la contraddizione dialettica è alla base dei processi della realtà materiale, la contraddizione dialettica negativo/positivo proprio della dissonanza cognitiva, permette la continua evoluzione dell'apprendimento significativo quando si rende lo sforzo cognitivo 'sostenibile' pur con il 'dolore della conoscenza'. La 'sostenibilità' della dissonanza, nel campo della comunicazione didattica, è obiettivo del metodo di insegnamento: obiettivo che riguarda la qualità dell'apprendimento e i tipi di apprendimento attivati. Per questo il metodo è soprattutto consonanza, adeguazione mai passiva tra soggetti, tramite i principi di contiguità e significatività, il trovare continuamente, nelle strategie operative, la 'banda di oscillazione' per produrre e superare il più agevolmente possibile la dissonanza cognitiva. La comunicazione educativa si arricchisce così di una maggiore consapevolezza: il superamento dialettico necessario delle contraddizioni (esterne/interne) in una sintesi superiore che contiene elementi di apprendimento quantitativamente e qualitativamente maggiori di prima, in una struttura cognitiva che arricchisce sempre più la propria capacità di generalizzazione logica e transfer.


Definizioni di comunicazione e teoria dell'agenda-setting
 

da G.B.Fatelli/S.Bentivegna: Teorie della comunicazione,
Stampa Alternativa, 1995
[Fatelli: I paradigmi della comunicazione, pp.5/17; S.Bentivegna: Teorie dei media nella società contemporanea, pp.41/47, in
AA.VV.: La comunicazione, a cura di M.Morcellini e A.Abruzzese]

In questo agile volumetto sono affrontati alcuni dei più importanti temi connessi alla comunicazione interpersonale e alla comunicazione persuasiva (o come processo di influenza) veicolata dai media. G.B.Fatelli parte dalla ricerca della definizione stessa di comunicazione (scambio/relazione fra soggetti), dimostrando come possano essere diverse (e/o similari) in funzione delle teorie della comunicazione che le supportano. Se possiamo estrapolare, ogni definizione rimanda ad un concetto-chiave e a una specifica teoria, secondo questo schema:
1.1. Comunicazione come trasferimento di proprietà - Teorie neo-empiriste e behavioriste classiche;
1.2. Comunicazione come processo di influenza - Teorie sociobiologiche;
1.3. Comunicazione come scambio di valori - Teorie strutturaliste;
1.4. Comunicazione come trasmissione informazionale - Teorie matematiche;
1.5. Comunicazione come condivisione di significati - Teorie teleologiche;
1.6. Comunicazione come interazione sociale - Teorie sociologiche.
La comunicazione didattica, in quanto formativo-educativa, deve poter passare da una tradizione sedimentata negli anni (1.1/1.2 e in particolare, si veda la comunicazione con finalità di educazione religioso-dottrinaria, 1.5) a una capacità di contribuire a costruire le strutture logiche (1.3), a interpretare messaggi in una mole sempre crescente e indistinta di informazioni (1.4), come insegnamento alla scelta libera e consapevole della propria identità sociale (1.6).
Proprio a quest'ultimo riguardo sono interessanti le pagine della Bentivegna sulla teoria dell'agenda-setting, anticipata nei suoi temi da B.C. Cohen (1963), proposta più compiutamente da E.F.Shaw (1979), in quanto contribuiscono ad attualizzare una riflessione che aiuta a comprendere la comunicazione persuasiva e/o come processo di influenza, come una comunicazione che non mira al condizionamento operante o classico (com'è sempre di più nell'era del 'villaggio globale' la comunicazione mediatica) ma come comunicazione che riesce, tramite una coscienza sempre più accentuata dei soggetti, sottoposti all'influenza, del proprio ruolo sociale (qualunque esso sia), a sollecitare un personale processo di decodifica alla fonte e della fonte, che poi può trovare condivisione collettiva. Ci sembra che l'accezione di comunicazione didattica non possa fare a meno, con il crescere della pressione mediatica, di definirsi ancora una volta mediante le tipologie della fonte oltre che di quelle (che hanno finora occupato proficuamente un maggiore spazio nelle teorie didattiche contemporanee) del ricevente, nel caso i soggetti dell'apprendimento.


Comportamenti comunicativi e apprendimento

da L.Lumbelli: Psicologia dell'educazione-Comunicare a scuola,
Il Mulino, 1982

Lucia Lumbelli, docente di Pedagogia e una delle più attive ricercatrici italiane intorno al tema delle modalità comunicative riferite all'insegnamento, ai processi di apprendimento e in generale alla formazione educativa, in questo testo cerca di focalizzare i contributi teorici e sperimentali più rilevanti che dalla psicologia dell'educazione possono essere ripresi al fine di rendere più saldo il rapporto tra comunicazione educativa/comunicazione didattica [riferita al docente]/processi cognitivi e apprendimento [modalità del comportamento comunicativo dell'allievo]. E' dunque comprensibile che il contributo del testo divenga decisivo per l'interpretazione di alcune categorie-chiave della didattica e della metodologia della comunicazione formativa:
- Comunicazione come rinforzo
- Comunicazione come feed-back
- Comunicazione docente [esporre, chiarire, spiegare]
1. Comunicazione come rinforzo (o 'rafforzamento'):
quanti tipi di rinforzo esistono? Il contributo del neocomportamentismo, pur fondamentale, non rischia di rinsecchire la categoria ad un processo di verifica troppo meccanico e, al fine, tipico di una comunicazione autoritaria? E' evidente che il comportamento comunicativo-docente deve  tener conto e sollecitare i rafforzatori intrinseci, sociali, tenendo conto della particolare intensità dell'azione rinforzante delle dimostrazioni di affetto. E come agisce., al riguardo, l''effetto Rosenthal/Jacobson'?
[pp.108/129]
2. Comunicazione come feed-back :
Come per la categoria di 'rinforzo', anche quella di feed-back ha bisogno di interpretazioni meno meccaniciste, se vuole essere utilizzata in funzione dell'allievo e dei suoi processi cognitivi. Si andrà allora dal feed-back come elemento di intervento sulla dissonanza-discrepanza dei processi di apprendimento nel cognitivismo, all'utilizzo nelle programmazioni skinneriane (lineari) e ramificate (Crowder), per giungere ad un'analisi convincente del feed-back come  attenzione , attenzione che non può nè deve provocare ansia, l'ansia tipica del giudizio, quindi attenzione non valutativa, così come previsto dall'intervento 'a specchio' o 'a riflesso' di Rogers (cfr. Libertà nell'apprendimento, 1969, tr.it. 1973), di modo che anche la didattica e la comunicazione formativa possano giovarsi dei risultati più interessanti della psicologia relazionale, applicata naturalmente in modo creativo a contesti didattici operativi.
[pp.147/158; 163/179]
3. Comunicazione docente:
v'è differenza tra l'esporre, il chiarire e lo spiegare? In effetti, nei luoghi comuni (anche linguistici) propri del lavoro routinario scolastico, le differenze, anche rilevanti, scompaiono. Un altro degli ottimi contributi della Lumbelli è quello di provare che non v'è ovvietà nè dev'esservi nel comportamento comunicativo docente: ecco perchè la riflessione sugli aspetti più caratterizzanti di questo comportamento, diventa decisiva per mettersi continuamente in discussione, per verificare, tramite i risultati - ma anche sui parametri delle interazioni, cognitive e psicologiche, fra educatore/educando - se il proprio ruolo di formatori assume la valenza straordinariamente positiva di programmatori, facilitatori dell'apprendimento mai banali e stimolatori sensibili alla partecipazione attiva, vere guide per l'apprendimento significativo, per un processo di influenza della comunicazione formativa di tipo efficace e che solleciti al costante aggiornamento, alla costante autoeducazione, per-tutta-la-vita.
[pp.221/236]


Feed-back estrinseco/intrinseco e didattica della comunicazione

V.A. Baldassarre-E.M.Brescia: Contesti formativi e didattica della comunicazione
                                                    Ed. dal Sud, 1995 (Bari), pag.60 e 72

· La tendenza a trasformare il feed back da estrinseco a intrinseco, deve costituire impegno costante dei formatori nella strutturazione di una comunicazione di tipo efficace e persuasivo (relazione di assertività). Il feed-back intrinseco, infatti, è quello che permette il processo di autocorrezione e autovalutazione, itinerario che deve condurre all'autonomia dei soggetti dell'apprendimento.
- Problematicità e multifattorialità, inoltre, fanno pienamente intendere, dal brano scritto dal prof. Baldassarre, docente all'Università degli Studi di Bari e E.M. Brescia, come il processo apprenditivo sia processo da intendersi dialetticamente, innanzitutto nel senso dell'adozione di un sostenibile sforzo cognitivo (momento della contraddizione) che solo può portare a risultati ottimali di transfer e ritenzione.
Può affermarsi che, per la strutturazione di una comunicazione formativa efficace e persuasiva, che si sostanzi come processo di influenza, è necessario:
a) che si adotti in via preventiva il 'role-taking', in sede di programmazione e nella scelta metodologica;
b) si favorisca il passaggio dal feed-back estrinseco al feed-back intrinseco, tendenzialmente in direzione di un apprendimento significativo (autovalutazione-autoapprendimento);
c) la scelta del codice sia fondamentalmente la scelta del livello lingustico adeguato nella comunicazione verbale, né troppo familiare né troppo distante dalla matrice cognitiva dell'allievo e dal suo personale codice lingiustico, sia generale che tecnico-specialistico (prerequisiti).

"(..) il circuito di feed-back (è) un processo consapevole, un processo, cioè, nel quale il soggetto decide di avviare un'azione, quale può essere l'esecuzione di un esercizio, la risoluzione di un problema, ed alla conclusione esaminare se il risultato sia correto o errato. Nella situazione educativo-didattica, però, i concetti di corettezza o di errore non vengono riferiti, nella maggior parte delle situazioni, ad una adeguateza o inadeguatezza alle intenzioni del soggetto stesso, quanto dal punto di vista di criteri per lo più estrinseci alla mente del soggetto stesso.
 In altri termini, il soggetto viene semplicemente informato, in una qualche maniera, se il risultato è corretto o errato. La seconda condizione è che, in situazione educativo-didattica, il feedback provenga, come in effetti il più delle volte proviene, dall'esterno rispetto al sistema del soggeto. Infatti, se riducessimo il feedback al ricevere informazioni sui risultati dell'azione, tali informazioni potrebbero essere fornite da un'altra persona (l'insegnante o chi per lui), che comunica al soggetto se sia riuscita o no, se abbia risposto giusto oppure no. Le due condizioni espresse e riferite alla situazione educativo-didattica ci chiariscono innanzitutto, la distinzione tra feedback intrinseco e feedback estrinseco. Il primo è possibile solo a condizioe che il soggetto sia capace di autovalutarsi, di decidere, cioè, da solo se il risultato della sua azione sia correto o errato benchè in possesso di uno standard al quale riferire l'informazione sui risultati raggiunti. Qualora, invece, si trovi a livelli evolutivi inferiori rispetto all'abilità presa in considerazione, diventa inevitabile ricorrere alla valutazione esterna, cui corrisponde il cosiddetto feedback estrinseco. E' evidente che solo il concetto di feedback intrinseco può, in qualche misura, conciliarsi con l'approccio teorico grazie al quale il concetto di feedback è stato introdotto nella ricerca psicopedagogica."
 "Tutto questo mette in evidenza come la comunicazione si presenti con caratteristiche di problematicità e di multifattorialità.
 Né ci soddisfa lo schema della comunicazione che si limita a collegare razionalmente e ciberneticamente emittente e ricevente tramite un canale che consente il transito del messaggio e il feed back di controllo. Occorre tener conto dei presupposti pregiudiziali, degli obbiettivi, della situazione/contesto, del codice e di tutto quanto razionale, nonché di irrazionale, è in gioco nel processo di comunicazione. Sappiamo bene che le teorie che di fronte a tale complessità di elementi sono state costruite tendono a porre in evidenza il primato ora di questo, ora di altro fattore e che tra esse ve ne sono alcune che focalizzano l'attenzione sul messaggio svalutando il soggetto, come quella razionalistica, come la teoria dell'informazione, quella strutturalista, quella comportamentista, la teoria analitica, quella operazionale e teorie che, invece, sono centrate sul soggetto come tutte quelle che prendono in considerazione la comunicazione didattica e la comunicazione educativa. Queste ultime, infatti, non possono fare a meno di fare riferimento immediato e primario al soggetto, perché tanto il processo di istruzione che rappresenta l'oggetto di attenzione della comunicazione didattica quanto l'educazione, che è il punto focale della comunicazione educativa sono pedagogicamente legittimate solo in quanto sono finalizzate allo sviluppo del soggetto in quanto persona considerata nella sua totalità e unitarietà."


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dubladidattica@tin.it



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