DIDATTICA: Materiali
 

INTEGRAZIONI PEDAGOGIA ITALIANA
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  Pedagogia italiana nel secondo dopoguerra

 

A cura di: 

Francesco Armata, Filippo Cerfeda, Emanuele Zangrilli - seminario nell'ambito del 18° corso 'P'. MRS  esami: febbraio 2004

prof. Ferdinando Dubla      


Indice

Introduzione

Capitolo Primo                                                                                                               L’indirizzo cattolico                                                                                                           

Spiritualisti e personalisti                                                                                                 

Luigi Stefanini                                                                                                                  

Personalismo                                                                                                                      

Capitolo Secondo

L’indirizzo neoidealista                                                                                          

Lombardo Radice Giuseppe                                                                                              

L'indirizzo liberaldemocratico

Ernesto Codignola                                                                                                             

Scuola città Pestalozzi                                                                                                       

Pensiero filosofico di Ernesto Codignola                                                                      

Capitolo Terzo

L’indirizzo marxista                                                                                                          

L’alternativa pedagogica di Antonio Gramsci                                                                

Altri orientamenti marxisti                                                                                               

Movimento di Cooperazione

Dalla socializzazione all’abito scientifico                                                                    

I principi dell’M.C.E.                                                                                                       

Tecniche didattiche M.C.E.                                                                                              

Conclusioni                                                                                                                   


Introduzione

Prima di analizzare le posizioni delle principali scuole di pensiero, che si svilupparono nell’ immediato dopoguerra, mentre viene meno, nel nuovo contesto storico, l’influenza neoidealistica dobbiamo, attraverso una fotografica, evidenziare le condizioni socio-politiche ed economiche in cui in nostro paese si viene a trovare.Una fotografia ci restituirebbe l’immagine di un paese profondamente segnato sia nelle strutture come nella vita quotidiana. Le trasformazioni che stanno vivendo i partiti tradizionali, la profonda piaga dell’ analfabetismo, circa il 70% della popolazione non sapeva né leggere né scrivere, poneva all’attenzione di tutti situazioni di povertà, di emarginazione e di sfruttamento intollerabile. La necessità di ricostruire e riprendere la normale vita era una esigenza fortemente sentita in tutti gli ambienti socio-politici e culturali. La cultura pedagogica italiana è caratterizzata da numerose scuole di pensiero costituite da studiosi dell’area cattolica, marxista, laica, tutti impegnati nel rinnovamento democratico del nostro paese attraverso la riforma delle istituzioni educative. Gli argomenti che caratterizzano l’impegno di questi studiosi sono; il rapporto tra l’istruzione ed educazione, l’individualizzazione dell’insegnamento, la valorizzazione dell’alunno nell’ambito scolastico, l’interazione tra scuola ed extrascuola, il rapporto tra il sapere e il fare e tra scuola e Società. Nel corso della II° metà del secolo si attenua per altro, come abbiamo detto, l’influenza del neoidealismo prima dominante per l’eredità di Croce, Gentile e Lombardo Radice. Molti di questi studiosi riprendono l’attivismo, per ripensarlo in una prospettiva più avanzata ove la difesa della libertà infantile, intesa come condizione ineliminabile dell’educazione, si sostanzia ora nel quadro di una visione cristiana della vita, ora nella prospettiva per rinnovamento democratico e sociale del paese, sempre comunque nell’ottica della riforma della scuola dell’obbligo per assicurare a tutti una robusta formazione di base. In tutti gli autori, sotto diversi profili, si rintraccia sempre un’apprezzabile ispirazione umanistica, che fa considerare comunque le personalità dell’alunno come centrale nel processo educativo. In altre parole, l’attivismo italiano non può essere compreso, nei suoi sviluppi, senza tener conto di almeno due variabili: 1) una certa prudenza nell’esaltare l’attività infantile che va rapportata al fine educativo e al contesto in cui si svolge, 2) una sensibilità umanistica particolare, frutto della grande tradizione culturale italiana, volta a contestare ogni forma di tecnicismo didattico e di empirismo educativo, che non sia funzionale alla formazione di base della personalità. Le principali tendenze della pedagogia italiana dopo Gentile, come abbiamo detto, possono riassumersi, pertanto in tre indirizzi: 1) cattolici - 2) marxisti – 3) laico democratici.

 

Capitolo primo

 

 

L’indirizzo cattolico

 

Premessa

 

Il documento ufficiale dell’attivismo cattolico contemporaneo è l’enciclica Divini Illius Magistri emanata da papa Pio XI il 31 dicembre 1929. In essa si afferma che, poiché nella natura umana permangono gli effetti del peccato originale,”sin dalla più tenera infanzia devesi illuminare l’intelletto e fortificare la volontà con le verità soprannaturali e i mezzi della grazia senza di cui non si può né dominare le perverse inclinazioni, né raggiungere la debita perfezione morale”. Ora, poiché ogni insegnamento al pari di ogni azione umana ha necessaria relazione di dipendenza al fine ultimo dell’uomo è necessario che tutto l’insegnamento e tutto l’ordinamento della scuola siano governati dallo spirito cristiano sotto la direzione e la vigilanza materna della chiesa. L’enciclica considera perciò falso il”naturalismo pedagogico, che in qualsiasi modo esclude, o menoma, la formazione sopranaturale cristiana nell’istruzione della gioventù; ed  è erroneo ogni metodo di educazione che si fonda in tutto o in parte, sulla dimenticanza del peccato originale e della grazia, contando quindi sulle sole forze dell’umana natura”. Tali sono generalmente quei sistemi moderni, di vario nome, che auspicano una pretesa autonomia e sconfinata libertà del fanciullo sminuendo o anche sopprimendo l’autorità e l’opera dell’educazione, attribuendo al fanciullo l’esclusiva iniziativa dell’educazione senza l’attività di controllo superiore e divina”. Viene considerata assai strana , l’affannosa ricerca, da parte di studiosi o filosofi, di un codice morale universale dell’educazione, quasi non esistesse né il Decalogo , né la legge Evangelica e anche la legge di natura che Dio stesso ha scolpita nel cuore dell’uomo.

Non tutto il mondo cattolico si pone in questi termini nei confronti della scuola attiva, molti testi si esprimono a favore delle tecniche aderendovi con entusiasmo.Tale giudizio fece dubitare della carica laica di tali tecniche,le quali dovevano essere portatrici dell’attivismo laico.

Secondo i Gesuiti, che furono tra i primi ad accorgersi delle potenzialità della “nuova scuola”, l’insieme delle dottrine e dei metodi attivi potevano e dovevano essere smontati e ricostruiti interpretandoli come perfettamente compatibili con la dottrina cattolica.

Alla luce di queste affermazioni, gli aspetti principali dell’attivismo quali, l’attività, la spontaneità, l’interesse, la collaborazione, vengono così intesi in senso “retto”. L’attività corrisponde alla natura dell’educando, poiché muove se stesso dell’intrinseco a differenza dei non viventi che sono mossi dall’estrinseco. La spontaneità corrisponde alla natura di essere intelligente e perciò libero, cioè che sceglie e si determina con cognizione del fine. L’interesse corrisponde alla sua natura morale, che tende necessariamente alla felicità e cioè opera sempre per qualche fine da conseguire.La collaborazione corrisponde alla socievolezza della natura umana.

Secondo i fautori dell’educazione nuova,la scuola attiva è fondata sul bisogno dell’alunno,rispetta la sacra spontaneità del fanciullo e l’educazione consiste nel far esercitare al fanciullo l’attività della quale egli sente il bisogno naturale. Nella scuola attiva secondo una visione cristiana la spontaneità razionale e la volontà, invece della spontaneità istintiva. L’attività istintiva può, semmai, giungere all’immagine e ad azione di tipo estimativo tipica degli animali; invece l’uomo è in grado di giungere al concetto, al giudizio al ragionamento astratti. Nella scuola attiva secondo l’ordine cristiano la differenza tra il naturalismo-ottimistico alla superficie, ma profondamente pessimistico del cristianesimo che pessimista per la dottrina del peccato originale ma che dice anche agli uomini siate perfetti come il Padre Vostro. L’Attivismo cristiano presenta questo preciso carattere distintivo: far amare il sapere poiché esso è lo strumento che permette di raggiungere i fini per i quali noi siamo stati creati. Importante dell’attivismo cristiano è vivere il vero. La scuola deve fornire una educazione fondata sul vero e sul bene, che sono degli universali sempre validi e propri della razionalità umana. Il fanciullo quindi non deve essere educato per se stesso egoisticamente, né per la società qualunque essa sia, ma per Dio. Vivere il vero significa vivere dove si opera e nella propria epoca secondo l’infinito e l’eterno. Ora, poiché la verità è una ed eterna come Dio stesso educare per il vero e per mezzo del vero significa educare per l’eterno e per mezzo dell’esterno. L’educatore deve tendere ad educare la persona, ma nell’ambiente e mediante l’ambiente sociale non per accettare questo ambiente sociale così come è, ma per elevarlo, anche mediante la sua propria condotta, conformandolo meglio alla volontà di Dio. Saggezza, sapere e tecnica sono i tre aspetti attraverso i quali si esprime la verità nel programma scolastico: la saggezza è il linguaggio delle verità eterne sulla vita, il suo fine: il modo di viverla per non mancare a questo fine. Il sapere è l’insieme delle varie discipline; la tecnica è l’insieme delle abilità che i programmi richiedono all’alunno: la tecnica è al servizio della vita non costituisce la vita. Educare alla vita attraverso il vero rappresenta dunque il programma è il metodo di una scuola che vuole essere affermatrice di vita. Scuola attiva come scuola in cui il giovane esplichi la propria vocazione secondo precise coordinate di luogo e di tempo. L’uomo ha un destino eterno e dei compiti temporali, i quali gli permettono di raggiungere il fine ultimo attraverso l’azione mediatrice della scuola: spetterà a questa tenere conto sia del fine ultimo, cioè Dio, sia di tutto ciò che riguarda la vita terrena dell’uomo. Quindi l’ambiente nel quale il soggetto vive e opera non è soltanto un fattore che condiziona l’educazione  ma anche come un fine particolare, in quanto con le disposizioni innate dell’educando determina quello stato futuro che la vita alla quale la scuola deve preparare.

Attorno a questi principi si sviluppa l’attivismo cristiano che trova nelle opere di Mario Casotti, Luigi Stefanini ed altri le più importanti realizzazioni.

Si vengono cosi a delineare i contorni di ulteriori approfondimenti, sinora trascurati, approfondimenti che sposteranno l’attenzione esclusivamente sulla figura dell’educando intesa come persona.

 

Spiritualisti Personalisti

I pedagogisti d’ispirazione spiritualista e personalista hanno in comune la concezione dell’uomo come persona, unità d’intelligenza e carattere, spirituale e libera vocata ad un destino di salvezza che si realizzerà oltre la vita. Essi contestano sia la concezione laica e umanistica dell’uomo come individualità, sia quella marxista del soggetto come sistema di bisogni. Contro gli idealisti i personalisti rivendicano la pluralità delle persone nella loro irriducibilità dello spirito immanente nel mondo. Le posizioni si diversificano poi a seconda del prevalere di motivi della tradizione agostiniana e platonica, per cui l’accento viene posto sulla spiritualità della vita interiore, o del sopravvenire dei richiami alla linea di S. Tommaso,e quindi con un recupero del realismo tomista della concezione ed educazione della persona.

Spiritualismo

Orientamento filosofico che si caratterizza per l'attribuzione di un valore privilegiato alla coscienza e allo spirito. Entrato nel lessico filosofico nell’Ottocento grazie al francese Victor Cousin, il termine “spiritualismo” è poi venuto a indicare ogni filosofia dell'interiorità: in questo senso esso pare appropriato a designare, oltre al pensiero di Agostino, soprattutto una lunga tradizione francese che da Cartesio, Pascal e Malebranche nel Seicento, attraverso pensatori come Maine de Biran e Cousin nell'Ottocento, conduce fino agli spiritualisti del primo Novecento come Emile Boutroux, Maurice Blondel, Henri Bergson. In Italia furono pensatori spiritualisti, nell'Ottocento, i filosofi cattolici Antonio Rosmini e Vincenzo Gioberti.

Storicamente lo spiritualismo non si presenta come un indirizzo filosofico uniforme o un sistema dottrinario definito, ma come un insieme di prospettive, di atteggiamenti e di tendenze che sono stati condivisi da diversi pensatori; pertanto si indichearà solo alcune costanti che contraddistinguono tali correnti filosofiche. In primo luogo i pensatori spiritualisti accentuano il significato dell'analisi della coscienza, alla quale subordinano ogni considerazione del mondo esteriore, praticando il metodo dell'introspezione o dell'indagine interiore che fu già di Agostino. In secondo luogo le filosofie spiritualiste sono accomunate dal riconoscimento di un Dio personale e trascendente, che coincide perlopiù con un ritorno alla tradizione teologica del cristianesimo, ed entrano perciò in polemica con le varie forme di immanentismo nella filosofia moderna e contemporanea. In terzo luogo lo spiritualismo si contraddistingue per un atteggiamento critico nei confronti del positivismo e, in generale, di tutte le filosofie che individuano nel sapere scientifico l’unica fonte di conoscenza del mondo naturale.

Per gli spiritualisti il vivere, per l’uomo è sempre la realizzazione di un fine di uno stato ideale. L’io è il centro attivi dei fini, nessuno stato ideale di vita può realizzarsi nell’uomo e nel mondo se non si commisura alle possibilità attuali, allo stato di fatto o all’ordine naturale dell’uomo e alla condizione storiche della società. La vita dell’uomo è spiritualità e libertà perché si colloca tra la dimensione ideale e reale. L’educazione pertanto è un esigenza inerente al fare perfettivo, all’attività preferenziale del meglio. L’uomo deve sapere non solo perfezionare gli strumenti della vita e del sapere ma anche farsi padrone di ciò che si è appreso e conquistato. Né deriva che l’educazione è sempre e solo attiva, in quanto coincide con la mediazione tra ordine reale e ordine ideale e, quindi con la mediazione tra passato e presente. Il primo maestro è quello della propria coscienza, e il dovere fondamentale di questo principio educativo e quello, per l’uomo, di farsi maestro di se stesso. Per altro l’errore fondamentale della pedagogia di ispirazione cristiana è spesso quello di cadere nella astrattezza storica, ignorando la concreta situazione in cui la persona cresce ed opera. L’educazione è sempre un rapporto tra persone e questo rapporto è ontologico in quanto riguarda la struttura originale del loro essere.

 

Luigi STEFANINI (Treviso 1891/Padova 1956)

E’ da considerarsi il più sistematico tra gli spiritualisti cristiani italiani. Docente di pedagogia estetica, e storia della filosofia, nelle Università di Padova e Venezia. E’stato uno dei principali rappresentanti di un approccio pedagogico all’educazione fondato su uno spiritualismo personalista di indirizzo Platonico Agostiniano. Ha seguito le lezioni di Aliotta a Padova e ne risente l'influsso anti-attualistico e pro-scienza si differenzia dall'esistenzialismo, al quale riconosce (specie in Heidegger) la consequenzialità dell'assioma "L'essere si risolve senza residuo nel Dasein, l'essenza nell'esistenza mondana". Riduce però la sua filosofia al personalismo, che riconquista la dimensione del valore dell'uomo dopo aver attraversato la svalutazione esistenzialistica. L'attimo esistenzialistico è non momento del tempo ma specchio dell'eternità. Questa visione cristiana è già in Agostino. In una presentazione della tesi agostiniana, lo Stefanini ne fa il conciliatore di idealismo ed esistenzialismo: "il primo ipostatizza la ragione contro la persona, il secondo isola la persona dalla ragione... Sant’Agostino invece personifica il rapporto uomo-Dio e quello conoscitivo uomo-cose, personifica infine il rapporto tra le facoltà dello spirito. Il tutto avviene nella storia, regno del contingente ma anche regno della libertà dell'uomo. L'uomo non è automa ma attore della storia, come lo è Dio che regola la storia come un poema. La persona è spiritualità, libertà, valore originario, sostanza unica ed irripetibile, e quindi valore assoluto: Essa è portatrice dei diritti dell’uomo, tra cui primario, il diritto all’educazione, che si realizza attraverso la partecipazione dell’educando alla cultura. La differenza dei beni economici, che partendosi si sminuiscono, i beni culturali, attraverso la partecipazione, si moltiplicano e si accrescono. Educare significa partecipazione della persona alla cultura, sviluppo della sua personalità accanto agli altri, nella comunità sociale e civile. Il fine dell’educazione, quindi, è il pieno svolgimento della persona, mentre l’istruzione di base costituisce uno scopo subordinato. La primarità della persona fa sì che la vera educazione sia sempre democratica e attiva.

Esistenzialismo

Tendenza filosofica e letteraria, nata in Germania e in Francia intorno agli anni trenta del novecento, che si pone come compito l'analisi dell'esistenza umana. L'esistenzialismo comprende posizioni eterogenee, difficili da definire univocamente; si possono tuttavia individuare alcuni motivi ricorrenti, quali il tema centrale dell'esistenza come modo d'essere proprio dell'uomo, l'accentuazione della finitezza e della singolarità irriducibile dell'individuo, delle possibilità alternative cui egli si riferisce, e pertanto della responsabilità individuale e della libertà.

 L’esistenzialismo si può definire una ‘filosofia della crisi’, legata alla caduta dei tradizionali punti di riferimento metafisici, morali e teologici.

Personalismo

I personalisti respingono una ricerca del principio educativo fondata solo sulle problematiche dell’individuo, oppure riferita solo alla dimensione del sociale, riconoscono al Rousseau di aver per primo messo in evidenza la necessità di fondare l’educazione sulla attività del fanciullo stesso e, quindi la necessità di promuovere una educazione ispirata alla caratteristiche delle fasi e delle età evolutiva via via attraversate dall’educando. Nei confronti dell’attivismo i personalisti assumono un atteggiamento critico che non può tuttavia non riconoscere il risultato raggiunto: le forme della scuola attiva sono una esigenza incontrastabile di quel che di nuovo ha il mondo oggi rispetto il mondo di secoli fa e di ieri…… infatti l’attivismo in vista di una astratta ricerca di maggiori e migliori conseguimenti nel campo dell’insegnamento e dell’educazione: non è; come si diceva il frutto di una inquietudine di mutare e rinnovare ad ogni costo. L’attivismo, infatti, segna prima di tutto il momento fino ad oggi più intenzionalmente operativo ed espansivo dell’avvenuta evoluzione dal concetto di educazione come cultura e formazione intesa in senso classico, al concetto di educazione come sviluppo dell’intimo inteso come processo di sviluppo dell’uomo.

 

Emmanuel MOUNIER (Grenoble 1905 - Châtenay-Malabris 1950)

Filosofo francese discepolo di Henri Bergson e di Charles-Pierre Péguy e cattolico militante, fondò, nel 1932, la rivista "Esprit", sede in cui ebbe modo di trattare approfonditamente le sue concezioni filosofiche e che svolse un ruolo importante nel movimento intellettuale francese tra le due guerre. La sua filosofia è una forma di umanesimo cristiano nota come "personalismo". ostile all'egoismo capitalista e borghese, Mounier cercò di conciliare cristianesimo e socialismo. Scopo fondamentale del personalismo è elevare la coscienza dell'uomo per farne una persona libera, attiva, solidale e chiamata alla trascendenza. Le sue opere principali sono: Dalla proprietà capitalista alla proprietà umana (1936), L'affrontamento cristiano (1944), Trattato del carattere (1946), Gli esistenzialismi (1946) e Il personalismo (1949).

Con la sua rivista, Esprit, egli prese ad ispirare tutto un movimento generazionale cattolico che avrebbe dovuto infondere un nuovo spirito, quello del progressismo cristiano, alle opere di apostolato cattolico in Francia ed in Europa.

Il progressismo cristiano, oggi egemone in ambito cattolico francese e mondiale, può considerarsi opera di Mounier, non è esagerato assegnargli un'influenza di primo piano nella corrente progressista che oggi domina gli ambienti cattolici e che ha creato una poderosa struttura, alla quale devono piegarsi, volenti o nolenti, a volte anche i vari Vescovi.

Per capire il significato costituito dalla rivoluzione del personalismo di Mounier bisogna portare l'attenzione verso le realtà contro cui lotta. E la sua azione si sviluppa soprattutto contro il mondo del capitalismo, della borghesia e del denaro. Sono quelle le figure principali che vuole contrastare; è contro il capitalismo che Mounier punta le sue armi poderose. Nella stessa maniera con cui condanna duramente la borghesia ed il capitalismo, rivolge anche forti critiche contro il fascismo.

Ma la durezza che Mounier mostra verso il capitalismo e il fascismo non somiglia affatto a quella che ha verso il comunismo, verso il quale mostra una significativa compiacenza. In innumerevoli pagine egli dà l'impressione che il comunismo eserciti su di lui una vera suggestione, come se si trattasse di un autentico umanesimo.

La denuncia fatta dal marxismo dell'idealismo borghese e della sua ideologia sociale, era o avrebbe potuto essere un considerevole apporto all'umanesimo che cerchiamo. Essa costituiva un'indicazione capitale, sulla quale specialmente i cristiani si sentivano uniti da una fratellanza storica”.

Pertanto, pervenuti infine alla disistima dell'autentica civiltà cristiana e di un ordine sociale pubblico adeguato al Vangelo, che sostiene la Cristianità da sempre, si diffonde l'idea che il comunismo, senza il suo ateismo, possa essere un sistema compatibile con la fede cattolica. Si vuol far dimenticare che il comunismo è intrinsecamente perverso, anche come sistema sociale, così come ha detto con parole irreversibili e definitive Pio XII nel suo messaggio natalizio del 1955: “Rifiutiamo il comunismo come sistema sociale, in virtù della dottrina cristiana”.

Al contrario, dobbiamo sostenere la necessità imposta dalle esigenze cristiane, di combattere il comunismo e di far fiorire una società cristiana nel quadro sociale: questo vuol dire lavorare per la civiltà cristiana. Il progressismo cristiano consiste precisamente nell'affermazione contraria, cioè nel non fare ciò che è necessario per le esigenze cristiane: lavorare per il fiorire di una società cristiana, contro la tesi progressista secondo cui il cristianesimo potrebbe propagarsi ugualmente, anzi forse meglio, in una società dove impera il comunismo. La sfida di Mounier consiste nel riannodare nella persona questi due aspetti.

Il riferimento corposo alla persona è ineludibile, perché siamo alla ricerca di un filo di Arianna che ci orienti nello smarrimento. Mounier non considera il personalismo un sistema, né una prospettiva chiusa nelle presunte verità scoperte, ma lo ritiene un qualcosa in cui critiche, contestazioni, scoperte e persino la dimenticanza delle parti più logorate della posizione personalista possono andare ad arricchire quella matrice densa di attitudine che è la persona.

 

Capitolo secondo

 

 

L’indirizzo neoidealista

 

L’idealismo hegeliano di Gentile

Muovendo dalla lezione del filosofo neohegeliano Bertrando Spaventa (alla cui dottrina si ispira l’opera del 1898 Rosmini e Gioberti), Gentile sviluppa la sua riflessione in direzione di una “riforma della dialettica hegeliana”; Il suo idealismo si rifà a Hegel in quanto riteneva che questo avesse individuato i concetti fondamentali su cui si regge l’opera educativa. Nell’educazione dice Hegel sono presenti le dimensioni della libertà, dello sviluppo dell’autocoscienza, che nessun tecnicismo metodologico potrà mai comprendere o guidare. Gentile delinea una filosofia dove il reale viene ridotto a puro atto del pensiero, ad autocoscienza del soggetto universale. Libertà, sviluppo, autocoscienza non sono dunque solo caratteristiche dell’educazione o dell’ uomo, ma di tutto il reale. La conoscenza intesa come produzione continua e prassi originaria dell’uomo. In campo pedagogico Gentile sostenne la dottrina dell’educazione come “autoformazione” e come unità vivente, nell’atto educativo, di maestro e discepolo. L’educazione consiste nel rapporto spirituale fra maestro e allievo, in cui l’autorità del primo garantisce al secondo “l’attualità dello spirito, che è l’essenza stessa della libertà”. Nel Sommario di pedagogia come scienza filosofica affermava: “l’autorità dell’educatore diventa la libertà dell’alunno”. Per Gentile, la pedagogia coincide alla filosofia dello spirito, rivolta ad illuminare e dirigere arte dell’educazione, e rifiuta  a priori la metodologia della didattica, perché l’arte spontanea dell’insegnare non può essere insegnata, e intende, il momento educativo come la celebrazione d’una spontaneità astratta. Sul piano pedagogico, le innovazioni formulate da Gentile si tradussero nella riforma della scuola italiana varata nel 1923.

 

Lombardo Radice, Giuseppe (1879-1938)

Pedagogista e filosofo italiano. Docente di pedagogia all'Università di Catania, fù chiamato da Gentile, allora ministro della Pubblica Istruzione, alla direzione generale della scuola elementare (1923-24), dove preparò i programmi per la scuola primaria e contribuì alla riforma scolastica; ben presto però il dissenso politico con il fascismo indusse Lombardo Radice a ritirarsi dalla politica attiva per rivolgersi all'insegnamento e alla diffusione di un nuovo modello pedagogico con la rivista "L'educazione nazionale". La pedagogia di Lombardo Radice risente del neoidealismo di Gentile e sottolinea il concetto di un auto sviluppo spontaneo del discente; nondimeno essa insiste anche su un'esigenza di concretezza e di ricca sperimentazione nel metodo pedagogico. La sua opera più significativa è Lezioni di didattica e ricordi di esperienza magistrale (1913)

Unità maestro scolaro

Il dialogo maestro scolaro è un binomio sempre ricorrente in cui l’educazione è la necessita di diffondere se in altri, mentre l’auto educazione è le necessità di assumere in se la coscienza di altri. Il rapporto maestro scolaro è una dualità che si supera diventa unificazione. La concezione filosofica non nega questa dualità, anzi la coglie e la comprende nella sua distinzione che presuppone una unità superiore. Da qui segue che l’educazione e sempre auto educazione in quanto è fusione, annullamento delle due personalità il cui rapporto si risolve nello sforzo di pretendersi verso l’alto, verso il meglio.

 

L'indirizzo liberaldemocratico

Nell’immediato dopo guerra, una corrente di pensiero nell’ambito pedagogico fu rappresentata, da pedagogisti, uomini di scuola di parte “laica”, in particolare il gruppo che si era radunato intorno ad ERNESTO CODIGNOLA e alla casa editrice “La Nuova Italia” prima, e alla rivista scuola e città dopo (1950 data di fondazione). Uno degli aspetti salienti del loro lavoro svolto dal gruppo “fiorentino” fu la diffusione d’idee pedagogiche ispirate all’attivismo appartenente al filone progressista americano della scuola di Dewey. si preoccuparono di difendere con tutti i mezzi i giovani contro le tendenze e le tentazioni autoritarie, cercando di introdurre nelle scuole forme di autogoverno e impostando il senso democratico ogni insegnamento, sia di recuperare e di sviluppare gli apporti delle scienze pedagogiche, psicologia e sociologiche sul piano sperimentale.

 

Ernesto CODIGNOLA (1885-1965)

Nato il 23 giugno 1885 a Genova, si iscrisse alla Facoltà di Medicina, ma nel 1907 decise di passare alla Facoltà di Lettere di Pisa dove, allievo di Giovanni Gentile e Donato Jaja, si laureò in filosofia nel 1909. Conseguita l'abilitazione all'insegnamento secondario ne iniziò l'esercizio a Palermo, passando poi ad Assisi e Lucca. Nel 1918 ottenne la privata docenza in pedagogia all'Università di Pisa e dal 1923 al 1955 fu docente ordinario presso l'Istituto (poi Facoltà) di Magistero di Firenze, dove rimase fino al 1955. Ricoprì numerose cariche nel mondo accademico e culturale italiano.Fin dagli anni giovanili la formazione degli insegnanti fu al centro della sua attenzione come chiave di volta per un effettivo rinnovamento scolastico. Fu uno dei più stretti collaboratori di Gentile e svolse un’intensa attività pubblicistica a favore dell'idealismo pedagogico. Dal 1921 iniziò la collaborazione con l'editore Vallecchi per cui diresse le riviste "Levana" e "La Nuova Scuola Italiana" ed importanti collane di storia e filosofia nel 1923 fondò a Firenze l'Ente Nazionale di Cultura che, con le sue scuole rurali e i corsi di formazione degli insegnanti, si fece portavoce dei principi fondanti della riforma scolastica del 1923 a cui lo stesso Codignola aveva dato un notevole contributo attraverso l'esperienza con Vallecchi Codignola maturò un sempre maggiore interesse per il mondo dell'editoria e contribuì alla fondazione.della casa editrice    “La Nuova Italia”, che nel 1930 si trasferì a Firenze.La progressiva trasformazione del programma gentiliano ad opera del governo fascista vide Codignola porsi in posizione sempre più critica nei confronti del regime. In seguito al concordato con la Santa Sede del 1929 il suo dissenso si fece più aperto e si manifestò attraverso la direzione di "Civiltà Moderna" e l'appoggio a "La Nuova" di Luigi Russo. Le due riviste si proponevano infatti di sprovincializzare la cultura italiana e divennero ben presto punto di riferimento per i molti intellettuali laici che confluirono in seguito nel Partito d'Azione, al quale aderì lo stesso CodignolaDopo il 1929 tornò a farsi preponderante anche l'interesse, mai sopito, per la storia etico-religiosa che culminò nei suoi studi sul italiano, del quale divenne uno degli storici più autorevole pubblicando i Carteggi dei giansenisti liguri (1941-1942), Il giansenismo toscano nel carteggio di Fabio de Vecchi (1944), Illuministi, giansenisti e giacobini nell'Italia del Settecento (1947). Per Lamberto Borghi "questi studi rappresentano, nella biografia spirituale di Codignola, un'intensa e profonda meditazione sull'interiorità religiosa la cui dignità gli appariva suprema di fronte ai successi mondiali perseguiti ed ottenuti dai gesuiti, alla vittoria ecclesiastico-disciplinare riportata da questi sui loro grandi avversari. Si trattava altresì di un approfondito esame del rapporto tra autorità e libertà"Negli stessi anni Codignola matura un profondo ripensamento nei confronti della didattica e si interessa sempre di più al panorama pedagogico internazionale e al movimento delle scuole nuove che attribuivano importanza preminente alla spontaneità dell'allievo e alla funzione socializzante dell'educazione.Dopo la seconda guerra mondiale fondò a Firenze Scuola-Città Pestalozzi e la rivista "Scuola e Città" che diresse fino alla morte avvenuta il 28 settembre 1965.

 

Scuola e Città

Scuola e Città è una rivista fondata nel 1950 da Ernesto Codignola e da un gruppo di studiosi tra cui figuravano G. Calogero, R. Cousinet, C. Washburne, L. Borghi, F. de Bartolomeis. La rivista nasce come mensile di problemi educativi e di politica scolastica. Da allora la rivista Scuola e Città ha rappresentato per anni un punto di riflessione di tuttii discorsi a due voci sulla filosofia dell’educazione,ma anche e non meno importnti psicologia, didattica è politica scolastica,bistrattata dal neoidealismo Gentiliano nel periodo fascista, ed il problema delle scuole sul territorio. Scuola e citta ha costituito una parte fondamentale del cammino del pensiero educativo nel nostro Paese: attraverso riflessione teoriche, dibattiti ed iniziative ha preso posizione sulle questioni che hanno avuto un ruolo chiave nell’evoluzione della ricerca, delle politiche e della pratiche educative della scuola italiana, con il contributo dei maggiori studiosi italiani e stranieri nel campo delle scienze dell’educazione e della formazione. Ancora oggi è una delle poche riviste pedagogiche italiane ad alto livello. Nessuno si è potuto occupare di pedagogia senza fare riferimento a quell’opera, e ai libri pubblicati. Dal 2001 è diventata un trimestrale. In continuità con la sua funzione originaria Scuola e Città si propone come strumento di confronto sulle politiche educative, di comunicazione della ricerca e delle tendenze interne e internazionali dell’educazione e della formazione, di intervento sui temi rappresentativi della complessità del sistema formativo: dalla qualità dell’istruzione, della valutazione e del servizio scolastico, ai curricoli e alle didattiche disciplinare, alla ricerca sperimentale, ai nuovi contesti dell’ apprendimento, alle nuove identità culturali, all’area della cognitività e dei linguaggi, alle nuove tecnologie, ai rapporti tra sapere e lavoro, all’educazione degli adulti.

 

Scuola-città “Pestalozzi”

Nel 1945 Codignola diede inizio all’esperienza di “Scuola-Città Pestalozzi”. In un primo momento come scuola serale, e dopo le prime incertezze, dovute anche agli insegnanti non pronti per questo tipo di esperienza, divento a tempo pieno che faceva largo alle idee dell’educazione nouva. Come scisse lo stesso Codignola, “era una scuola laica, statale, non inreligiosa, non areligiosa, attiva nel senso più positivo del termine. In scuola-città Pestalozzi, qualsiasi attività dell’alunno, nessuna eccettuata, deve originarsi da una spinta interiore, cioè da effettivi interessi suscitati o risvegliati in lui nei suoi contatti e contrasti con persone e con situazioni concrete,da esigenze inerenti alla sua realtà storica presente ma proiettato verso un futuro diverso, meglio rispondente a quelle esigenze da cui doveva generarsi. Il maestro ha il compito di osservare valorizzare gli interessi, che sono alla base dell’esperienza dell’allievo, sostenendoli o lasciandoli estinguere. Esaltare i contenuti sociali, morali ed intellettuali, in modo da portare l’allievo alla formazione della sua personalità indipendente. La scuola deve provocare l’inserimento nella collettività partendo dalla sua capacita di socializzare. Addestrare ad un proficuo lavoro di gruppo alla ricerca dell’osservazione diretta. Dare spazio e pieno agio all’espressione e permettere di esprimersi con tutti i mezzi possibili. Lasciare la possibilità di movimento a chi deve imparare a muoversi. I rapporti umani devono essere improntati sul rispetto di sè e degli altri. La Scuola-Città aveva superato le difficoltà costituite dall’iniziale scetticismo e della impreparazione degli insegnanti, dagli ostacoli burocratici, dalle precarie condizioni economiche, dell’ambiente sociale povero. Si dava importanza al lavoro manuale. I programmi ufficiali erano accolti a titolo orientativo data la sfiducia nella loro funzione e nel loro spirito di carattere neoidealista. Metodi ispirati al concetto che la verità non si ricerca perché esiste già e occorre solo trasmetterla. Nei confronti dei metodi nuovi o attivi non c’era grande entusiasmo perché erano intesi come strumento di esaltazione della libertà del fanciullo, e come metodi scientifici della didattica. In pratica i metodi le strutture comprese la organizzazione dell’auto governo della città con la votazione, la corte d’onore, la giunta, i comitati dei genitori, il bando ai libri di testo, l’antinozionismo, l’attività di ricerca, esplorazione, la manipolazione, e poi l’uso delle tecniche Freinet erano metodi attivi. La scuola-città (scrisse Raffaele La Porta) conserva la virtù dell’idealismo pedagogico italiano senza sacrificare la personalità individuale nell’universale astratto e costituiva un punto di saldatura con il passato evitando che dove c’era l’istruzione idealista prendesse posto l’attivismo accogliendolo acriticamente. L’idealismo aveva separato la scuola dalla città. Invece il corpo sociale di scuola città Pestalozzi nasceva come comunità di lavoro dove la personalità si poteva sviluppare con originalità morale-sociale. Il lavoro era inteso da Codignola come sostanza di vita vissuta di una comunità e costituiva con la società, la libertà, l’educazione una unica equazione.

 

Washburne (1889-1968) e Codignola

Washburne era stato incaricato dal Governo militare alleato di controllare le scuole italiane e di operare le prime trasformazioni per defascistizzarle. Uno degli effetti della sua opera fu il nuovo programma per la scuola elementare. I programmi del 1945 dovevano mettere la scuola italiana nella condizione di contribuire alla rinascita della vita nazionale con la premessa che la cultura operante sapesse associarsi al lavoro. Risanare la divisione praticata da Gentile con la sua riforma, dove la classe di cultura doveva essere lontana da quella del lavoro. Secondo Washburne le caratteristiche della nuova scuola, previste dai programmi, erano il senso di fraternità umana posta al centro dell’educazione, il lavoro come valore di attività sociale, il rapporto tra la storia e la geografia come discipline collegate in una visione aperta sulla considerazione dei rapporti umani e sociali, l’attenzione ai problemi dell’ambiente, l’autogoverno, il diritto di iniziativa riconosciuta agli alunni l’attività personale spontanea. Dopo la visita alla Scuola-Città Washburne constatò che i risultati ottenuti erano superiori alle “scuole nuove” ove si praticavano i metodi attivi. Tali risultati condussero, nel 1946, Ferriere e Washburne ad indirizzare Codignola verso il N.E.F.. Nel 1949 quando fu fondato il N.E.F. italiano (Associazione per l’educazione nuova fondata nel 1949) Codignola assunse la Presidenza e gli obiettivi erano: la necessità di promuovere le idee e atteggiamenti favorevoli alla pace e alla cooperazione internazionale, di liberare il popolo dal conformismo, di combattere ogni forma di privilegio. Era dichiarata la necessità di rivisitare e reinterpretare continuamente gli scopi e i metodi educativi man mano che l’esigenza di giustizia sociale diviene piu cosciente e che la scienza e l’esperienza forniscono piu ampie conoscenze del fanciullo, dell’uomo e della società. Con il tempo si arrivi a riprendere la coscienza spontaneistica.

 

Il pensiero filosofico di Ernesto CODIGNOLA

La concezione filosofica che ha Ernesto Codignola dell’educatore si può esprimere in queste parole;A)L’efficacia dell’educazione,è sempre proporzionale all’effettivo valore della concezione che ha della vita chi educa.B)Bisogna avere una conoscenza profonda dell’oggetto di insegnamento.C)Orientamento filosofico; L’orientamento deve essere l’educazione fino dai primissimi suoi gradi ; con il semplice meditare più a fondo e in modo più rigoroso. L’educazione si suole restringere all’azione che l’adulto maturo ed esperto esercita volutamente su un individuo in formazione sino a che non possa comportarsi anch’egli in modo autonomo. Ai fini dell’attività educativa e didattica non solo la Pedagogia intesa come scienza pratica o normativa non costituisce un aiuto, ma rappresenta piuttosto un grave ostacolo, poiché,col disconoscere implicitamente ogni originalità all’atto educativo,che è sempre assoluta libertà creatrice, illude il docente di possedere uno strumento efficace, che invece è privo di qualsiasi valore, mentre lo distrae dal suo vero compito.Educare significa accomunarsi con i discepoli nella vita ideale .In questa piu’ profonda zona dell’autocoscienza s’ha da cercare il punto in cui gli uomini si accomunano e si intendano e operano solidamente. Riferendosi ad un libro di Bergson dove è analizzata con molta finezza questa profonda zona dell’umanità (Le due fonti della moralità e della religione ) Codignola prende questa citazione per esprimere l’importanza dell’accomunarsi negli intenti con gli educandi da parte degli educatori “ L’eroismo non si predica ;basta che si mostri ,e la sola sua  presenza potrà mettere in moto altri uomini. ”Ernesto CODIGNOLA condivide il clima culturale dell’epoca (contro il metodismo) “ Dava un giudizio estremamente negativo; i bambini Montessoriani gli apparivano degli "omaccioni", non bambini reali come non reale ma puramente artificioso e privo di vita gli appariva tutto l’ambiente fatto per soffocare lo spontaneo fiorire dell’infanzia” ma curioso dei metodi didattici attivi , sperimentandoli in Italia con la Scuola Città Pestalozzi ottenendo risultati che anche negli USA stentavano ad ottenere.

 

Johann PESTALOZZI (1746-1827)

Nacque a Zurigo il 12 gennaio 1746 (morì a Brugg il 17 febbraio 1827), era un pedagogista. Per diffondere il suo messaggio educativo e filantropico di stampo illuminista fortemente influenzato da Rousseau, oltre che con i saggi, scrisse il romanzo Lienhard e Gertrud (Lienhard und Gertrud, 1781-1787) in cui rappresentò l'effetto benefico che il giusto uso della ragione e la vera pietà cristiana possono esercitare sugli abitanti di un villaggio di contadini.

 

Capitolo terzo

 

 

 

L’indirizzo marxista

 

Dopo la seconda guerra mondiale, nel momento in cui si doveva pensare alla ricostruzione delle città e dei cittadini, alcuni maestri quali Giuseppe Tamagnini, Raffaele La Porta e, più tardi, Bruno Ciari ed altri, si unirono attorno all’idea di un’alfabetizzazione culturale e sociale, basata sulla cooperazione. Provarono a costruire una scuola nuova attenta alle relazioni centrata sulla comunicazione intesa come crescita e integrazione sociale. Karl Marx (1818-1883), che di questa scuola di pensiero n’è il precursore individua in questo progetto sociale la libertà, in cui il libero sviluppo di ciascuno e la condizione per il libero sviluppo di tutti. L’educazione, dunque, rientra tra i primi provvedimenti del proletariato per fondare la società senza classi. Marx propone nelle linee essenziali alcune direttive sulla concezione dell’istruzione del popolo, che possono essere così riassunte: 1- Il fine generale dell’istruzione e la formazione polivalente. 2- Il lavoro è la strategia didattica primaria dell’educazione. 3- Lo sviluppo totale e omnilaterale dell’individuo. Marx non andrà oltre l’approfondimento dei problemi pedagogici, ma questi capisaldi saranno ripresi nelle proposte educative di Antonio Gramsci. Antonio Labriola (1843-1904) fondatore della pedagogia marxista in Italia, non che principale teorico, assertore di un miglioramento e di una scientificizzazione della didattica, individua, anch’egli come Marx, nell’educazione lo strumento d’emancipazione dei ceti più poveri. Egli mette in risalto come l’educazione è, condizione indispensabile per la realizzazione di una nuova società. Per quanto riguarda la didattica egli collega la propria concezione marxista alla filosofia della realtà come prassi come azione che modifica e costruisce il mondo ad una visione socratica dell’insegnamento.

 

L’alternativa pedagogica di Antonio Gramsci (1991-1937)

Non è comprensibile l’orientamento pedagogico degli studiosi di ispirazione marxista, senza investigare l’opera di Antonio Gramsci. Come già detto Gramsci riprende alcuni capisaldi del pensiero di Marx nelle sue proposte educative. Nei suoi scritti troviamo importanti osservazioni sulla scuola e sull’educazione. Egli non rifiuta la formazione umanistica anzi la ritiene essenziale ma ad essa si deve pervenire attraverso un percorso che parta dal lavoro e giunga alla storia attraverso la mediazione della storia della scienza e della tecnica. Quindi un umanesimo diverso da quello tradizionale, che abbia per scopo una formazione multilaterale. Contrariamente all’idealismo egli non condivide la separazione tra educazione umanistica e formazione scientifico-tecnologica ma favorisce un tipo di curricolo integrato da tutte le discipline di studio. La nuova scuola dovrebbe assumere la forma di un collegio dotato di tutte le strutture di servizio per favorire l’inserimento del fanciullo a scuole specializzate o a studi superiori. In questo tipo di formazione la spontaneità del fanciullo non può essere accettata così com’è intesa da Dewey, ma deve essere guidata da metodi centrati sull’autorità dell’insegnante, autorità non intesa come imposizione. L’alunno è motivato non appena si rende conto di esser parte integrante di una società organizzata, che lavora con scopi ben precisi. L’individualità d’ogni individuo è assicurata solo se egli rispetta le regole della società in cui vive e riscopre la sua autonomia all’interno di una società organizzata com’è la scuola. Una scuola capace di assicurare un’alfabetizzazione culturale uguale per tutti, una scuola creativa che assicuri strumenti e metodi di ricerca in cui ci sia una partecipazione veramente attiva dell’allievo. Questa partecipazione può esistere solo se la scuola è legata alla vita. Una salda istruzione di base richiede un certo dogmatismo unito a sforzo disciplina anche fisica e di studio. Quindi per dirlo con le stesse parole di Gramsci “anche lo studio è un mestiere, e molto faticoso, con uno speciale tirocinio, oltre che intellettuale, anche muscolare e nervoso. E’ un processo d’adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo, la noia e anche con la sofferenza.

 

Altri orientamenti marxisti

 Anche tra i marxisti italiani, come in Gramsci, la ricerca di un nuovo umanesimo non trascura di valutare le caratteristiche della vecchia scuola aristocratica e umanistica, per contrapporvi una scuola omnilaterale, articolata e critica, lontana da tutte le chiusure, come quelle dell’idealismo contro la scienza e l’economia o quelle cattoliche contro il rinnovamento in senso pluralistico, delle istituzioni scolastiche del paese. Su queste basi, la didattica marxista ha avuto un punto di riferimento nel Movimento di cooperazione educativa il cui obiettivo è stato, fin dall’inizio di lavorare per una scuola nuova, avanzata, caratterizzata dal prolungamento del tempo scolastico, dalla diffusione dei laboratori, dell’introduzione del lavoro anche nella scuola primaria, dalla revisione della didattica delle discipline e dei criteri di valutazione.

 

Movimento di cooperazione educativa (M.C.E.)

Il movimento di cooperazione educativa, nasce in Italia nel 1951 sulla scia del pensiero filosofico e sociale di Celestin Freinet (1896-1966). Il lavoro di questo gruppo si basa su dei principi a cui secondo i suoi sostenitori si dovrebbe attenere ogni procedimento didattico che voglia attingere a finalità educative. Principi che troviamo più o meno impliciti in molti testi di pedagogia da Rousseau in poi. Essi si presentano in sostanza come la risultante di tutte le più avanzate correnti pedagogiche contemporanee anche se moventi da filosofie e ideologie assai diverse. La validità di questi principi è condizionata dall’accettazione di alcuni presupposti assunti come postulati. Il primo riguarda la natura dell’educazione, il secondo riguarda il fine e possono essere così enunciati: 1- L’educazione è un processo di socializzazione. 2- L’educazione deve tendere alla formazione della coscienza democratica dell’educando

 

Dalla socializzazione all’abito scientifico

 L’educazione abbiamo detto è un processo di socializzazione. Un processo implica movimento cioè un passaggio da uno stato ad un altro quindi comporta un punto di partenza e uno di arrivo. Il punto di partenza è l’educando persona individuo concreto, con certe caratteristiche, certe tendenze, interessi, abitudini, inibizioni. Compito dell’educatore prima di intraprendere un processo educativo è di stabilire un contatto diretto con i suoi alunni conoscerli scoprire ognuno di essi. Solo a questo punto egli potrà predisporre i mezzi e le azioni al raggiungimento dei fini, dei valori. Valori alla conquista dei quali l’educatore deve guidare l’educando. Da qui l’educazione deve tendere alla formazione della coscienza democratica dell’educando, come esigenza di libertà, senso di responsabilità, autonomia di giudizio, solidarietà, maturità civica. Questo fine viene raggiunto soltanto attraverso relazioni con altri individui e con azioni di un certo tipo che porteranno il fanciullo all’acquisizione di un certo abito che diventerà parte integrante dell’individuo stesso.

 

I principi didattici dell’M.C.E.

Sulla base dei postulati precedentemente enunciati si fondano i principi didattici del M.C.E. 1- Individualizzazione. 2- Socializzazione. 3- Operatività. 4- Motivazione. 5- Concretezza. 6- Unità e Organicità.

 

Individualizzazione

Se come abbiamo detto punto di partenza è il bambino con i suoi sentimenti, interessi, conoscenze l’opera dell’educatore deve essere differenziata in rapporto ad ognuno dei suoi allievi deve essere in altre parole individualizzata. Ciò riguarda anche il processo educativo la meta verso cui muove, i valori. Ogni processo didattico efficiente deve creare le condizioni favorevoli per mettere in atto tutti gli stimoli necessari perché ogni alunno possa trarre il massimo profitto possibile dalla scuola. Così come detto dalla Bertoni Jovine è importante tenere in considerazione lo sviluppo individuale di ogni allievo che dipende sia dall’età anagrafica che dal ceto sociale dal quale proviene, sia anche dalla sua maturità biologica. Se non si tengono presenti questi presupposti qualsiasi tecnica rischia di essere sterile.

 

Socializzazione

L’educazione come abbiamo detto è un processo di socializzazione che si realizza attraverso una progressiva assimilazione, da parte dell’educando, di quel complesso di valori sui quali la società è strutturata, ed una progressiva integrazione di esso nel contesto sociale, fino a diventarne parte integrante, un membro attivo, consapevole e responsabile.

 

Operatività

Non può esservi educazione fuori da un contesto sociale che per essere un ambiente educativo deve essere strutturato sulla base di quei valori che rappresentano il fine dell’educazione in altre parole quei valori da far assimilare dovranno essere inseriti in quella particolare società che è la classe che ci si presenterà come una comunità operante. Comunità intesa come unione di liberi individui che hanno in comune interessi, norme e fini. La società è operante se i suoi membri operano in funzione dei comuni fini per cui ogni membro si sente importante ed apprezzato e ne ha piena consapevolezza.

 

Motivazione

Partiamo dall’affermare che non c’è procedimento didattico che non abbia una sua precisa motivazione. I motivi possono distinguersi in due categorie a seconda che ne costituiscono il movente o il fine dell’azione. 1- Movente come condizione di fatto che muove dall’azione. 2- Il fine come risultante dell’azione stessa, esso stesso movente. Il bambino dovrà sempre muovere sotto l’impulso di una spinta autonoma, che può scaturire da un interesse, curiosità personale o dal senso del dovere, la sua azione dovrà sempre essere guidata secondo l’esercizio di certi valori che in seguito si tradurranno in abiti o conquiste culturali.

 

Concretezza

Se è vero che non vi è cultura senza contenuti possono benissimo esserci contenuti senza che vi sia cultura in quanto il contenuto, preso a se, come notizia, nozione non fa cultura. Cultura è prima di tutto un sistema di rapporti in cui si creino le condizioni perché inizino le conquiste di quei contenuti e valori sempre più elevati e perché questo ci sia ci deve essere l’educazione al lavoro che medi tra teoria e pratica. Bisogna educare il fanciullo sia all’apprendimento della pratica, sia all’apprendimento della teoria delle regole “matematiche, grammaticali” in quanto come diceva la Bertoni Jovine la lezione non può essere rifiutata come strumento didattico di un processo attivo di apprendimento se può basarsi su principi razionali dimostrabili, controllabili, verificabili.

 

Unità e Organicità

Condizione basilare perché possa esistere una comunità operante è il coordinamento tra le varie attività che vi si svolgono in funzione delle finalità da perseguire. La funzionalità è un carattere distintivo che contrassegna ogni attività ben organizzata e caratterizza una comunità ben organizzata. Ogni attività che vi si compie deve trovare la sua naturale funzionale destinazione. Non deve mai essere fine a se stessa ma deve produrre sempre qualcosa che permetta di raggiungere altri fini. Perciò ogni componente deve per la sua parte e nelle sue possibilità contribuire attivamente all’opera organizzativa. Per ognuno tale attività dovrà essere una sicura e precisa motivazione. La pianificazione dell’attività sarà la risultante del lavoro di tutti. Sul piano sociale i rapporti tra gli uomini si porranno come rapporti di cooperazione di solidarietà dei membri della comunità solo così l’alunno potrà conquistare una coscienza sociale democratica e l’ideale di una società senza frontiere.

 

Le tecniche didattiche dell’M.C.E.

Il lavoro di questo gruppo ha la sua manifestazione più nota nelle opere di Bruno Ciari (1923-1970), protagonista della riforma delle attività scolastiche. Ciari rivendica in questo lavoro che riguarda le fasce orarie del doposcuola, una didattica basata sulla spontaneità infantile, su una programmazione del lavoro fondato sull’effettiva capacità degli allievi e sulle risorse concretamente disponibili.

 

Tempo pieno

Proprio alla diffusione ed alla qualificazione della scuola a tempo pieno Ciari dedica molte delle sue energie quando evidenzia le finalità democratiche della scuola completa. Già da tempo ha chiara la distinzione tra il dopo scuola e la scuola totale, ove il bambino può essere impegnato in attività didattiche di ogni tipo e strappato dalle strade. Vivendo insieme per molte ore della giornata i bambini possono arricchirsi reciprocamente mettendo a disposizione della comunità il portato delle loro “culture” di provenienza. Oltre a queste finalità culturali Ciari evidenzia altri due motivi del tempo pieno, di ordine politico e sociale. La sua funzione democratizzante, infatti, fa sì che a tutti i bambini possa essere offerta la stessa opportunità educativa ed infine costituisce un importante servizio sociale.

 

Spontaneità infantile: il testo libero

Punto cardine della pedagogia moderna è il partire dal bambino dal suo mondo dalla realtà concreta del suo essere. Ne segue che noi dovremmo a questo suo essere di esprimersi nella più ampia libertà in modo che l’educatore possa conoscerlo e guidarlo nella sua formazione. Il bambino ha un suo patrimonio di conoscenze più ricco di quanto immaginiamo e con sua personalità. E’ necessario che il maestro conosca questa sua personalità e perché ciò avvenga è necessario creargli attorno un’atmosfera di fiducia e di familiarità in cui egli possa esprimersi nella sua interezza. Affinché si abbia il passaggio dall’egocentrismo alla socialità, bisogna assicurare continuità tra vita prescolare e nuova realtà questo è necessario perché il bambino possa sentirsi effettivamente se stesso e su di lui agire gli stimoli del nuovo ambiente che gli crea stimoli ad esprimere il suo mondo. Da qui il testo libero in sostanza l’espressione libera del bambino rispecchiante un interesse relativo alla sua vita e ai rapporti con l’ambiente.

 

Programmazione del lavoro

Programmazione del lavoro attraverso un piano di lavoro in cui il fanciullo inserisce le attività che intende svolgere compilandolo e sottoscrivendolo e s’impegna a svolgerlo. Questo comporta l’esistenza di una programmazione a lunga scadenza di un’impostazione del lavoro fondata sullo svolgimento di attività motivate e la presenza di strumenti che si pongono oltre il libro di testo. Programmazione che avviene sotto la guida del maestro per evitare che gli alunni lo compilino in maniera inadeguata e frettolosi così da pianificare il loro lavoro con maggiore oculatezza.

 

La ricerca

 La ricerca è da considerarsi come naturale forma del conoscere il fanciullo s’impegna autonomamente ad indagare e a studiare un argomento che gli interessa maggiormente, in questo modo e solo così potrà raggiungere nuove conoscenze. Se il tema sul quale indaga il fanciullo è di libera scelta il modo in cui si articola la ricerca è un certo qual modo obbligato a rispettare la seguente direttiva: 1- Manifestazione e definizione dell’interesse. 2- Progetto di ricerca e relativa pianificazione del lavoro che essa comporta. 3- Distribuzione dei compiti “qualora la ricerca impegni più persona”. 4- Raccolta dati. 5- Elaborazione e controllo dei dati raccolti. 6- Stesura di un esauriente resoconto. 7- Socializzazione dei risultati. La raccolta dati può avvenire tramite: 1- Osservazione diretta. 2- L’intervista. 3- La corrispondenza. 4- Documento scritto. Per dirla con parole dello stesso Ciari;“Se si parte dal presupposto che non esiste sapere organico, definitivo, se non quello che risulta da indagine motivata si considera inoltre che, aldilà dei risultati, quel che più vale è l’abito scientifico che deriva dall’esercizio della ricerca, ne consegue che è assolutamente necessario porre le basi di una tecnica dell’indagine o se si vuole tecnica della ricerca.

 

Risorse

Per Ciari lo strumento non è il nudo sussidio materiale da usare in modo inerte nelle attività pratiche ma più esattamente un aiuto materiale attraverso i quali sia possibile stabilire un rapporto con la realtà non tanto sul piano fisico meccanico, quanto su quello della conoscenza  e della comprensione anche critica e quindi sul piano del comportamento sociale.

La tipografia assume un ruolo centrale nella didattica solo come strumento capace di assolvere ad una funzione liberatrice delle interiori energie del bambino ma solo a condizione che quanto viene stampato sia prodotto di quelle energie. Tale attività svolta come lavoro di gruppo per la stampa e l’illustrazione da soli dei propri lavori, questo favorisce in loro la capacità organizzativa e la socializzazione l’autogoverno nonché delle motivazione all’apprendimento in quanto la produzione del giornalino rappresenta la documentazione della vita della comunità classe in cui egli autore ritrova se stesso e il suo mondo valorizzato e reso più importante dal fascino della pagina stampata. Tramite la corrispondenza interscolastica del giornalino con altre classi o altri istituti così, da continuare il testo libero, prima con la stampa di esso e la creazione del giornalino e poi con la corrispondenza, da permettergli di allargare gli orizzonti e l’acquisizione di valori. Acquisizione di valori attraverso la realizzazione di rapporti sociali, che implicano una determinata concezione del mondo attraverso il contributo di ognuno, che pur diverso dagli altri è ugualmente importante ed apprezzato. Questo lo porterà alla ricerca di nuove cose da scambiare con i corrispondenti. Attività come ricerca, non in senso deweyano, ma deve sorgere da una situazione problematica non quindi da un’occasionale curiosità, situazioni che possono verificarsi nel corso di pratica o intellettuale. Può essere che sorga naturalmente sarà compito dell’educatore indirizzare il fanciullo verso fasi ben ordinate, ipotesi, verifica e controllo del risultato, che porteranno ad una meta della si può ripartire per altre mete.

Nell’esperienza di Ciari c’è tutta l’arte dell’insegnare del maestro il quale attraverso le sue tecniche riesce a sollecitare le motivazioni dei ragazzi. La scuola non come dovere o sacrificio ma come piacere di stare insieme, un costruire qualcosa insieme. Il tempo pieno è una delle sue caratteristiche della sua esperienza didattica per lui molto importante. Ancora oggi c’è un collegamento molto stretto con questa sua esperienza una conquista di civiltà democratica, volontà di progredire di stare bene insieme. Per dirla con parole di Ciari; l’acquisizione di un abito scientifico, sia essenziale per lo sviluppo dell’abito democratico. Una società democratica che abbia leggi e strutture democratiche non è tale se i suoi componenti non hanno la capacità di osservare di valutare di scegliere, di criticare, capacità che si acquisisce con l’acquisizione dell’abito scientifico

 

Conclusioni

In tutte e tre le scuole di pensiero, sotto diversi profili, si rintraccia sempre un’apprezzabile ispirazione umanistica, che fa considerare comunque la personalità dell’alunno come centrale nel processo educativo con una certa prudenza nell’esaltare l’attività infantile. Comune a tutte e tre le correnti, è l’idea dell’emancipazione sociale, attraverso un percorso di emancipazione individuale e collettiva. Per il nostro paese, che in particolare era stato colpito duramente dalla guerra e dalle vicende politiche, si trova in questo percorso didattico l’idea del progresso, della costruzione e della ricostruzione di un tessuto unitario civile e democratico. Idea comune a tutte e tre le scuole, da quella cattolico cristiana, con la ripresa del pensiero dell’agostinismo che sottolinea l’importanza di ritrovare dentro se stessi quei valori, che evidentemente potevano essere stati persi per strada, a quella marxista, è quella di formare una coscienza democratica attraverso la quale si può giungere alla emancipazione delle classi più disagiate. Coscienza democratica che è, in maniera molto evidente, in Codignola, in cui tutta la sua esperienza, nella Scuola-città di Firenze “Pestalozzi,” si basa su questo elemento. Anche lo stesso Stefanini è attentissimo al percorso di progresso che comunque la stessa società deve compiere. Tutte e tre gli indirizzi, da quello cattolica religiosa, a quello marxista o laico- democratico, sottolineano l’importanza di una ricomposizione del tessuto sociale democratico e civile del nostro paese. Il nostro paese andava ricostruito grazie ad un’educazione popolare ed un’alfabetizzazione permanente e attraverso una formazione della coscienza democratica dal basso.

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

I modi dell’insegnare   Bruno CIARI   Editori Riuniti ed. 1973

Pensare ed educare   U. AVALLE   M. Maranzana   Paravia ed. 2000

Pedagogisti e pedagogie nella storia U. AVALLE   E. CASSOLA   Paravia ed. 1994

Didattica operativa “Le tecniche di Freinet in italia”   G. Tamagnini   ed. Junior ed. 2002

Enciclopedia   Encarta   ed. 2002

Filosofia pedagogica   B. Bellarati   C. Ciancio   G. Ferretti   SAE ed. 1992

www.brunociari.it

www.scuolacittà.it

 

 

 


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