DIDATTICA: Filosofia ed educazione
materiali liberamente utilizzabili, citando la fonte

 

ALLE ORIGINI DEL METODO ATTIVO: FERRIERE E I TRENTA PUNTI DEL BIEN (1919)

A cura di D'Amicis Antonio

(saggio per il corso 'P', esami maggio 2002)


INDICE

ADOLPHE FERRIÈRE

LA CONCEZIONE DEL FERRIÈRE

LA SCUOLA TRADIZIONALE

LA NASCITA E LA DIFFUSIONE DELLA SCUOLA ATTIVA

LA SCUOLA ATTIVA

ADOLPHE FERRIÈRE E LA SCUOLA ATTIVA

LA SCUOLA SU MISURA

I 30 PUNTI DEL B.I.E.N.

SCUOLA ALL'APERTO

IL LAVORO NELLA SCUOLA ATTIVA

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI


ADOLPHE FERRIÈRE

 

Psicologo e pedagogista (Ginevra 1879 - ivi 1960). Fondatore nel 1899 e direttore fino al 1925 del Bureau international des ecoles nouvelles (Ufficio internazionale delle scuole nuove); professore (1912-22) all'Istituto J.-J. Rousseau, fondato da Edouard Claparède; nel 1921 uno dei tre fondatori della Ligue internationale pour l'education nouvelle (Lega internazionale delle scuole nuove) redigendo in gran parte i trenta punti della dichiarazione programmatica e l'anno seguente (fino al 1931) redattore capo della rivista Pour l'ere nouvelle, suo organo; nel 1925 fondatore, con Pierre Bovet, del  Bureau international de l'education che divenne il punto di riferimento internazionale dell'attivismo pedagogico. Ferrière fu mediatore ed interprete delle diverse concezioni che avevano ispirato i movimenti delle «scuole nuove», presentandole in modo unitario mediante il termine di scuole attive che riprese da Pierre Bovet e che ebbe poi larga diffusione. Considerato il bambino come essere attivo che ricostruisce le tappe dell'evoluzione dell'umanità, il Ferrière finisce per far coincidere questa evoluzione con una progressiva conquista delle «leggi dello spirito» e della «ragione universale». Tale processo acquista in lui un valore ed un significato sempre più spiccatamente religioso e questo da al suo pensiero, nelle ultime fasi della vita, un orientamento spiritualistico e di sostanziale adesione anche alla religione rivelata. Tra i suoi numerosi scritti, quasi tutti tradotti anche in italiano: Transformons l'école (1920); L'école active (1920); L'éducation dans la famille (1920); L'autonomie des écoliers (1921); L'activité spontanée chez l'enfant (1922); La liberté de l'enfant à l'école active (1928); L'école sur mesure à la mesure du maître (1931); Libération de l'homme (1943); Vers une classification naturelle des types psychologiques (1943); Mai sons d'enfance de l'après - guerre (1945); L'Orthogenèse humaine ou L'Ascension vers l'esprit (1960) .


LA CONCEZIONE DEL FERRIÈRE

 

La concezione del Ferrière muove dal riconoscimento dello slancio vitale e creativo di cui è portatore il fanciullo. La scuola tradizionale ha mortificato questa creatività inibendo comportamenti e interessi spontanei e misconoscendo le caratteristiche e i bisogni propri di ogni individuo. La scuola nuova deve quindi proporsi la piena attivazione delle potenzialità presenti nel fanciullo, rispettandone le tendenze e promuovendone lo sviluppo psico-fisico secondo modalità e ritmi individuali. La creatività e gli interessi cosi liberati consentono anche l'emergenza delle abilità e di conseguenza l'orientamento professionale. Nell'evoluzione della personalità infantile il Ferrière riconosce poi il ripetersi delle stesse tappe dell'evoluzione della specie; è questa la legge bio-genetica per la quale l'ontogenesi ricapitola la filogenesi. Tale legge deve essere tenuta presente dall'educatore, allo scopo di comprendere pienamente la natura dei processi psichici che si attuano nei diversi stadi dello sviluppo della mente infantile, e di promuovere nel modo più opportuno la formazione libera della personalità.


LA SCUOLA TRADIZIONALE

 

Quando si parla di scuola, la gente immagina subito un'aula con tanti banchi, in cui sono seduti, più o meno composti ed attenti, numerosi fanciulli, ed una cattedra dalla quale un maestro si fa banditore del verbo della verità e della scienza: immagina da un lato il prestigio ed il comando, dall'altro la subordinazione e l'obbedienza; da un lato il sapere senza limiti, dall'altro le tenebre dell'ignoranza che chiede di essere dissipata; da un lato il modello, dall'altro le copie che debbono cercare di assomigliargli. E' la scuola della tradizione, nella quale il maestro semplifica problemi, enuncia principi, dispone ed impone; la scuola nella quale ci si dimentica della realtà circostante per tuffarci in un mondo creato dal pensiero; la scuola nella quale la grammatica, la retorica, l'arte del dire trionfano sul saper fare; la scuola, infine, in cui ogni discepolo non è che una scialba immagine dell'altro, non tenendosi conto della sua particolare individualità.


LA NASCITA E LA DIFFUSIONE DELLA SCUOLA ATTIVA

 

In un'accezione larga e generica l'espressione designa l'educazione secondo i principi della pedagogia idealistica. In senso più ristretto e proprio, (che traduce quella francese école active, introdotta da Pierre Bovet e Adolphe Ferrière insieme con quella equivalente école nouvelle) suole indicare il rinnovamento dei metodi d'insegnamento e dell'organizzazione scolastica che, dalla fine del secolo 19°, si è venuto svolgendo nei paesi occidentali, per iniziative sia private che statali; esso riguarda cioè istituzioni, che pur rifacendosi a diversi indirizzi di pensiero, tendono a promuovere, nella pratica educativa, la libertà e la spontaneità del soggetto educando, reagendo decisamente all'intellettualismo e al verbalismo dell'insegnamento tradizionale. Tale rinnovamento (che negli U.S.A. è più spesso designato con l'espressione progressive school «scuola progressiva») era già avviato nei paesi più avanzati quando lo svizzero  Adolphe Ferrière, allo scopo di coordinare le forze novatrici ed unificare i principi direttivi, fondò nel 1899 il Bureau international des ecoles nouvelles (Ufficio internazionale delle scuole nuove), che durò fino al 1925. Il rapido moltiplicarsi  delle scuole attive in tutto il mondo portò nel 1921, a Calais, in occasione d'un congresso educativo internazionale, alla fondazione della  Ligue internationale pour l'education nouvelle (Lega internazionale delle scuole nuove) che iniziò la pubblicazione di tre periodici: The new era, a Londra, Pour l'ere nouvelle, a Parigi e Das werdende Zeit alter a Kohlgraben bei Vacha. Gli esperimenti di scuola nuova più notevoli sono: C. Reddie, J. H. Badley in Inghilterra; A. Manjòn in Spagna; C. Freinet in Francia; O. Decroly in Belgio; M. Boschetti Alberti in Svizzera, che ha avuto, nell'Istituto J.-J. Rousseau fondato nel 1912 a Ginevra e nell'università della stessa città, i maggiori centri nel mondo di studi di metodologia e psicologia al servizio delle nuove realizzazioni educative, oltre che i più fervidi espositori e divulgatori dei principi di questo movimento (A. Ferrière; P. Bovet; E. Claparède; J. Piaget, R. Dottrens); E. Lietz,  G. Wyneken, P. Geheeb, G. Kershensteiner in Germania; J. Dewey, W.H. Kilpatrick, C.W. Washburne, E. Parkhurst negli S.U.A.; Maria Montessori, Rosa e Carolina Agazzi, L. e A. Franchetti, Giuseppina Pizzigoni in Italia, dove i principî della scuola attiva furono accolti, con notevole indipendenza e impronta nettamente idealistica, dalla rivista L'Educazione nazionale, creata e diretta (1919-33) da Giuseppe Lombardo Radice. Dopo la seconda guerra mondiale sono sorti in Italia diversi «villaggi del fanciullo» che sperimentano principî e metodi attivi. Il nuovo metodo da una parte, seguendo le orme dei classici della pedagogia moderna (Rousseau, Pestazzoli, Fröbel, ecc.) dà grande importanza al gioco e al lavoro, in cui si rivelano concretamente le attitudini e si sviluppano e maturano le spontanee originali energie del fanciullo; dall'altra parte, ricorre ai dati della psicologia sperimentale ai fini dell'orientamento professionale e della costituzione della scuola su misura. Il fervido impegno, l'intuito spesso felice, i risultati pratici raggiunti da questi educatori, compensano largamente le ingenuità di alcune pregiudiziali metodologiche di carattere naturalistico, che essi del resto abbandonano nell'effettivo svolgimento del loro compito.


LA SCUOLA ATTIVA

 

Il termine scuola nuova o attiva, comincia ad essere usato dai primi anni del 1900 per indicare polemicamente il superamento della scuola tradizionale e negarne il valore educativo. La scuola tradizionale è una scuola passiva, una scuola, cioè, che obbliga l'allievo a starsene immobile nel suo banco a subire la lezione cattedratica del maestro che impartisce dall'alto i suoi insegnamenti. Tutto nella scuola è indice di questa passività: il banco scolastico dove il corpo è rigidamente costretto; gli orari e i programmi; i libri di testo, conformi a un enciclopedismo di bassa lega; il modo di condurre la lezione da parte dell'insegnante; l'interrogazione basata sulla pedantesca ripetizione di quanto ha detto l'insegnante o quanto è scritto sul libro, eccetera.

Nella scuola tradizionale domina la figura dell'insegnante, mentre la scolaresca non deve far altro che ripetere quanto ascoltato: è una scuola dove prevale l'ETEROEDUCAZIONE. La vecchia scuola è statica e conservatrice, tendente a riproporre sempre i soliti principi ritenuti validi in assoluto. Non ispira vitalità ma serve solo a riproporre e conservare la tradizione. Inoltre, la scuola tradizionale è INDIVIDUALISTICA, perché si basa sul metodo della competizione e dell'emulazione, limitando così lo spirito di collaborazione e il lavoro in comune. Piuttosto che servire alla formazione di un uomo sociale, serve soltanto a plasmare individui ubbidienti all'autorità, acritici e passivi.

La scuola nuova invece vuole essere innanzitutto una scuola ATTIVA, una scuola dove l'ordine non risulti dalla disciplina esteriore, ma dal concorso della volontà degli alunni che attivamente prendono parte alla formazione, impegnandosi in attività che li interessano. La nuova scuola è PUEROCENTRICA, cioè si pone dal punto di vista del fanciullo e non dell' adulto; è il fanciullo che educa se stesso, mentre l'adulto gli porge l'aiuto necessario per quella che deve essere una AUTOEDUCAZIONE. Ciò non significa che l'insegnante sia assente o poco partecipe: al contrario egli assume un ruolo centrale, dovendo convogliare gli interessi, esaltare le doti individuali, promuovere attività diversificate, collaborare con le autonome scelte di ricerca degli allievi. E' una scuola che si basa molto sulle nozioni di psicologia applicate all'età evolutiva cercando così di adeguare programmi e lezioni alle esigenze di ogni fascia di età. Inoltre, la scuola attiva accoglie tutte le indicazioni provenienti dalle correnti della filosofia contemporanea, in special modo quelle che esaltano la spontaneità e la creatività (neoidealismo e spiritualismo) e che pongono l'accento sul valore pratico e sociale dell'educazione (pragmatismo anglo-americano e neopositivismo marxista).

                                                                                                


ADOLPHE FERRIÈRE E LA SCUOLA ATTIVA

 

Adolphe Ferrière (1879-1960) è uno dei più illustri rappresentanti della pedagogia svizzera, oltre che uno dei più convinti assertori della scuola attiva. Influenzato dalla filosofia di Bergson, dalla pedagogia pragmatista di Dewey e dagli studi di Decroly, non soltanto operò come vero sperimentatore di metodi didattici innovativi, ma ebbe anche il merito di saper sistemare teoricamente le sue scoperte e idee.

L'ideale della scuola deve essere "l'attività spontanea, personale, creativa", idea questa non certo nuova e riconducibile ai maggiori pedagogisti classici, i quali, però, non avevano ancora gli strumenti scientifici (psicologia) per poter teorizzare pienamente sull'infanzia. La nuova pedagogia avvalendosi quindi delle ricerche sulla psicologia del bambino "rende giustizia all'infanzia".

La scuola deve essere ATTIVA anche nel senso che dà importanza al lavoro, inteso non come mero lavoro manuale, ma come attività di progettazione e realizzazione anche intellettuale. Piuttosto che la lezione tradizionale, basata sulla passività dell'alunno e il protagonismo dell'insegnante, la scuola attiva prevede che la lezione si strutturi in tre tempi:

1.          RACCOLTA DEI DOCUMENTI: sono gli alunni che compiono ricerche su svariati argomenti di loro interesse utilizzando non solo i libri ma anche visite nei luoghi di lavoro o in altre organizzazioni della società.

2.          CLASSIFICAZIONE: le notizie raccolte vengono raccolte in schede e raggruppate per argomenti secondo modalità che consentano la facile consultazione agli altri.

3.          ELABORAZIONE: i materiali raccolti vengono confrontati, analizzati e discussi in gruppo.

L'insegnante organizza le ricerche in base ad argomenti che tengano conto degli interessi specifici delle singole età, anche sulla base del principio della "legge biogenetica" secondo cui lo sviluppo ontogenetico ripete le fasi di quello filogenetico e, in particolare, che ogni uomo ripercorre nel suo sviluppo le tappe dello sviluppo dell'umanità. Gli interessi perciò sono gerarchicamente organizzati in base alle specificità psicologiche e genetiche di ogni periodo della vita:

I.             Fase degli interessi sensoriali (0-3 anni): la scuola attiva però non interviene in questa età.

II.          Fase degli interessi sparsi (4-6 anni): compaiono attività tipiche degli uomini primitivi, attività non finalizzate ad un fine preordinato e attitudine al gioco.

III.       Fase degli interessi immediati (7-10 anni): a questo punto si sviluppa molto la curiosità e la scuola deve tenerne conto avviando attività di esplorazione e ricerca.

IV.     Fase degli interessi speciali concreti (10-12 anni): cominciano gli studi monografici su argomenti specifici con studio delle singole discipline.

V.        Fase degli interessi astratti semplici (13-15 anni): qui si studiano tutte le materie secondo i metodi tradizionali.

VI.     Fase degli interessi astratti complessi (15-18 anni): è l'epoca adatta ad intraprendere studi di filosofia, psicologia, sociologia, diritto ed economia.


LA SCUOLA SU MISURA

 

Espressione (francese école sur mesure) introdotta da E. Claparède per designare il sistema di organizzazione scolastica che, al fine di promuovere le capacità dell'educando, adegua i suoi metodi alle tendenze, ai bisogni, al naturale processo di sviluppo dell'individuo da educare, così da riuscire adatta ad ogni singolo studente, anche in una collettività.


I 30 PUNTI DEL B.I.E.N.

 

1.          La Scuola nuova è un laboratorio di pedagogia. Cerca di esercitare il compito di un esploratore o di un pioniere rispetto alle scuole di stato, tenendosi al corrente della psicologia moderna nei mezzi che usa, e dei bisogni della vita spirituale e materiale negli scopi che pone alla sua attività.

2.          La Scuola nuova è un internato perché soltanto l'influenza totale dell'ambiente nel quale il bambino si muove e cresce permette di realizzare un educazione pienamente efficace. Ciò non significa affatto che essa faccia del sistema del collegio un ideale che debba divenire generale: tutt'altro. L'influenza naturale della famiglia, se è sana, è in ogni caso preferibile a quella del migliore internato.

3.          La Scuola nuova è situata in campagna, dato che questa costituisce l'ambiente naturale del bambino. L'influenza della natura, la possibilità che essa offre di dedicarsi alle esperienze dei primitivi, i lavori nei campi che permette di fare, la rendono migliore collaboratrice della cultura fisica e dell'educazione morale. Ma per la cultura intellettuale e artistica - musei, conferenze ecc. - è auspicabile che si trovi nelle vicinanze di una città.

4.          La Scuola nuova raggruppa i suoi allievi in case separate, in gruppi dai dieci ai quindici allievi, che vivono sotto la direzione materiale e morale di un educatore, coadiuvato da sua moglie o da una collaboratrice. Non bisogna che i ragazzi siano privati di una influenza femminile adulta, né dell'atmosfera famigliare che i collegi-caserme non potrebbero offrire loro. D'altra parte un adulto non può ottenere l'intimità di un bambino ed esercitare su di lui un'influenza morale continua altro che se non deve occuparsi di troppi bambini insieme.

5.          La coeducazione dei due sessi, praticata nei collegi e fino alla fine degli studi, ha dato in tutti i casi in cui ha potuto essere applicata in condizioni materiali e spirituali favorevoli, risultati morali e intellettuali incomparabili, tanto che per i maschi che per le femmine. Le anomalie d'ordine psico-sessuale, cosi disastrose per l'evoluzione morale degli adolescenti, sono quasi escluse dalle buone scuole coeducative.

6.          La Scuola nuova organizza lavori manuali per tutti gli allievi per un'ora e mezzo almeno al giorno, di solito dalle 2 alle 4, lavori obbligatori che hanno un fine educativo e uno scopo d'utilità individuale o collettiva anziché professionale.

7.          Fra i lavori manuali l'ebanista occupa il primo posto perché sviluppa l'abilità e la precisione manuale, il senso dell'osservazione esatta, la sincerità e il dominio di sé. L'agricoltura e l'allevamento di piccoli animali rientrano nella categoria delle attività ancestrali che ogni bambino ama e dovrebbe avere l'occasione di esercitare. La conoscenza diretta della natura vivente serve come preliminare alla conoscenza della natura umana, tanto organica che spirituale.

8.          Accanto ai lavori imposti, vi sono i lavori liberi che sviluppano i gusti del bambino, risvegliando il suo spirito inventivo e la sua ingegnosità. Vi è l'obbligo di scegliere, ma liberta nella scelta sotto il controllo dell'educatore.

9.          La cultura del corpo è assicurata dalla ginnastica naturale fatta all'aria libera nudi o almeno a torso nudo, oltre che dai giochi o dagli sport. Tutti i medici e tutti gli igienisti sono d'accordo nel celebrare l'utilità della nudità, ma solo dal punto di vista fisico - bagni d'aria e bagni di sole - ma anche dal punto di vista morale, grazie all'eliminazione delle curiosità malsane.

10.     I viaggi, a piedi o in bicicletta, con campeggi sotto la tenda e pasti preparati dai bambini stessi, hanno una parte importante nella Scuola nuova. I viaggi, occasioni per rinforzarsi fisicamente, per sviluppare la solidarietà e la cooperazione scambievole, sono preparati in anticipo e servono di sussidio allo studio.

11.     In materia d'educazione intellettuale, la Scuola nuova cerca di aprire lo spirito con una cultura generale del raziocinio più che con il far immagazzinare conoscenze imparate a memoria. Lo spirito critico nasce dall'applicazione del metodo scientifico: osservazione, ipotesi, verifica, legge. Un nucleo di materie obbligatorie realizza l'educazione integrale non come un'istruzione enciclopedica, ma come possibilità di sviluppo, grazie all'influenza dell'ambiente e dei libri, di tutte le facoltà intellettuali connaturate al bambino.

12.     La cultura generale va unita a una specializzazione da principio spontanea: cultura dei gusti preponderanti in ogni bambino, poi viene resa sistematica e serve a sviluppare gli interessi e le facoltà dell'adolescente in un senso professionale.

13.     L'insegnamento è basato sui fatti e sulle esperienze. L'acquisto delle conoscenze risulta da osservazioni personali (visite a fabbriche, a musei, a istituzioni sociali, lavori manuali, ecc.) o, in mancanza di queste, da osservazioni altrui raccolte nei libri. La teoria segue in ogni caso la pratica; non la precede mai.

14.     L'insegnamento è dunque basato anche sull'attività personale del bambino. Questo presuppone l'associazione più stretta possibile allo studio intellettuale del disegno e dei lavori manuali più diversi.

15.     L'insegnamento è basato del resto sugli interessi spontanei del bambino; dai 4 ai 6 anni: età degli interessi dispersi o età del giuoco; dai 7 ai 9: età degli interessi rivolti agli oggetti concreti immediati; dai 10 ai 12: età degli interessi specializzati concreti, ovvero età delle monografie; dai 13 ai 15: età degli interessi astratti empirici; dai 16 ai 18: età degli interessi astratti complessi: psicologici, sociali, filosofici. Le attualità della scuola o del mondo esterno provocano fra i più grandi come fra i più piccoli lezioni occasionali, e discussioni che hanno una gran parte della scuola nuova.

16.     Il lavoro individuale dell'allievo consiste in una ricerca (nei fatti, nei libri, nei giornali, ecc.) e in una classificazione (in un quadro logico adatto alla sua età) di documenti di ogni specie, oltre che in lavori personali e nella preparazione di conferenze da tenere in classe.

17.     Il lavoro collettivo consiste in uno scambio di documenti particolari e in una classificazione o elaborazione logica in comune di documenti particolari. I risultati vengono affidati ad un grande quaderno o a uno schedario, riccamente illustrato, che è oggetto d'orgoglio per l'allievo e che sostituisce per lui tutti i manuali scolastici.

18.     Nella Scuola nuova, l'insegnamento propriamente detto è limitato alla mattina in generale dalle 8 a mezzogiorno. - Nel pomeriggio, per una o due ore, secondo l'età, dalle 16.30 alle 18 circa, ha luogo lo «studio» personale. I bambini al di sotto dei 10 anni non hanno compiti da eseguire da soli. Il tirocinio sistematico del lavoro autonomo è uno degli scopi principali a cui si tende.

19.     Si studiano poche materie per giorno, uno o due soltanto. La varietà deriva non dai soggetti trattati, ma dal modo di trattarli, dato che via via si usano modi diversi  d'attività.

20.     Si studiano poche materie il mese o il trimestre. Un sistema di corsi, analogo a quello che regola il lavoro all'università, permette a ogni allievo di avere un orario individuale.

21.     L'educazione morale come quella intellettuale deve essere esercitata non dal di fuori al di dentro, grazie ad un'autorità imposta, ma dal di dentro al di fuori, grazie all'esperienza e alla pratica graduale del senso critico e della libertà. Basandosi su questo principio alcune Scuole nuove hanno applicato il sistema della repubblica scolastica. L'assemblea generale, costituita dal direttore, dai professori, dagli allievi e talvolta anche dal personale, costituisce la direzione effettiva della scuola. Il codice delle leggi è formulata da essa. Le leggi sono i mezzi che tendono a regolare il lavoro della comunità in vista dei fini che essa persegue. Questo sistema, altamente educativo quando è realizzabile, presuppone una influenza morale preponderante del direttore sui capi naturali della piccola repubblica.

22.     In mancanza del sistema democratico integrale, la maggior parte delle Scuole nuove sono costituite come monarchie costituzionali: gli allievi procedono alle elezioni dei capi, o prefetti, che hanno una responsabilità sociale ben definita. Nelle loro attività quotidiane i bambini preferiscono essere diretti da questi capi piuttosto che dagli adulti. E per i capi le responsabilità che assumono sono un'alta scuola di civismo.

23.     Le cariche sociali di ogni specie permettono di realizzare un'effettiva cooperazione. Queste cariche per l'utilità della comunità sono affidate a tutti i piccoli cittadini a turno.

24.     Le ricompense o sanzioni positive consistono in occasioni offerte agli spiriti creatori di accrescere la loro facoltà di creazione. Esse si applicano ai lavori liberi e sviluppano cosi lo spirito di iniziativa. Esposizioni periodiche dei lavori liberi hanno luogo regolarmente oltre che concorsi manuali, scientifici o letterari.

25.      Le punizioni o sanzioni negative sono in diretto rapporto con la colpa commessa. Cioè esse mirano a mettere il bambino in grado con mezzi adatti di raggiungere meglio nell'avvenire il fine ritenuto buono che egli ha mal raggiunto o che non ha raggiunto. Si distinguono le penalità codificate, che si applicano alle piccole mancanze e che vengono decise dagli allievi stessi, dai trattamenti d'ordine morale, che si applicano a colpe più gravi che l'adulto tratta come casi psico-patologici con un'azione diretta a quattrocchi con il colpevole.

26.     L'emulazione ha luogo soprattutto per mezzo del confronto fatto dal bambino fra il suo lavoro presente e il suo lavoro passato e non esclusivamente con il confronto del suo lavoro con quelli dei suoi camerati.

27.     La Scuola nuova deve essere un ambiente di bellezza, come ha scritto Ellen Key. L'ordine ne è la prima condizione, il punto di partenza. L'arte industriale, che si pratica e da cui si è circondati, conduce all'arte pura, che è capace di risvegliare nelle nature artistiche i sentimenti più nobili.

28.     La musica collettiva, canto e orchestra, esercita l'influenza più profonda e più purificatrice in quelli che l'amano e la praticano. Le emozioni che genera e che contribuiscono a stringere i legami della solidarietà non dovrebbero venire a mancare a nessun bambino.

29.     L'educazione della coscienza morale consiste principalmente per i bambini in racconti che provocano in loro reazioni spontanee, veri e propri giudizi di valore che, ripetendosi e accentuandosi, finiscono per legarli nei riquadri propri e altrui. E' questo il fine della «lettura della sera» della maggior parte delle Scuole nuove.

30.     L'educazione della ragione pratica consiste principalmente negli adolescenti in riflessioni e in studi che vertono sulle leggi naturali del progresso spirituale, individuale e sociale. La maggior parte delle scuole nuove mantengono un atteggiamento religioso non confessionale o interconfessionale, unito alla tolleranza verso i diversi ideali, purchè incarnino uno sforzo in vista dello sviluppo spirituale dell'uomo.


SCUOLA ALL'APERTO

 

La prima grande novità di molte scuole nuove fu l'abolizione della scuola, intesa come aula banchi e cattedra. Le quattro pareti che tolgono da ogni lato la visuale al fanciullo, e lo isolano coi compagni dal grande mondo che egli aspira a conoscere e in cui vorrebbe entrare, sono le complici, e quasi il simbolo di un' educazione che aveva trascurato per troppo tempo il contatto della scuola con la vita.

L'ambiente, quindi, fu l'inizio della ricerca e dell'applicazione di nuovi metodi.

La prima possibilità e la prima risorsa fu quella di fare del fanciullo il centro della scuola, ponendolo a contatto con la natura e lasciando che la natura si incaricasse di sviluppare il suo spirito di osservazione, di secondare la sua tendenza costruttiva, di farne in sperimentatore che trae dalle sue stesse esperienze le lezioni che nella scuola comune gli furono quasi sempre dettate dal maestro.


IL LAVORO NELLA SCUOLA ATTIVA

 

Nella scuola attiva vi è la volontà di adeguare la scuola alle mutate condizioni sociali, e, poiché queste sono principalmente dovute alla rivoluzione operata dalla scienza nei sistemi e nei metodi di lavoro, è naturale che il lavoro divenga l'occupazione centrale dell'attività scolastica. Qui non ci si limita a mostrare l'oggetto di cui si parla: bisogna costruirlo; non a far vedere una piantina: si deve coltivarla; non a descrivere per esempio, un animale domestico, ma ad averne cura e ad occuparsi del suo allevamento. Lo scolaro non dice, bensì «fa», e fa qualche cosa che realmente serve all'appagamento di un bisogno individuale e sociale. E poiché il lavoro è, nell'età presente, il risultato di sforzi collettivi, poiché di ogni singolo lavoro ciascuno non esegue che una piccola porzione, ebbene, anche il lavoro scolastico sarà il risultato della collaborazione, onde il senso di responsabilità di tutti e di ciascuno, onde lo spirito di solidarietà e di fratellanza, che preparano il fanciullo alla vita. In queste scuole di avanguardia il lavoro è considerato non come semplice preparazione ad un mestiere, ma come mezzo di sviluppo delle energie mentali e morali latenti nel fanciullo; non è una materia di insegnamento, ma un metodo con cui insegnare tutte le materie d'insegnamento. 


Riferimenti bibliografici

NUOVA ENCICLOPEDIA DEI MAESTRI

E. BRENNA
Volume I Desclèe & C. Edizione 1958

 

Sito internet 
http://demarinis.g.tripod.com/pedagogia.htm

 

Riferimenti bibliografici citati nel sito:

Lucia Zani, L'educazione nella storia, Fabbri editori, 1994.

U. Avalle, E. Cassola, M. Maranzana, Cultura Pedagogica: la storia, Paravia, 1997.

C. Camillucci, Pedagogia per gli istituti magistrali, Mursia tascabili, 1995

 


 


Info e richieste a:
dubladidattica@tin.it



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