FERDINANDO DUBLA


I PRINCIPI COSTITUTIVI DELLA METODOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE NELLA DIDATTICA

1997




"(..) il parallelo fra Rocco Scotellaro e Piero Gobetti, così diversi
e addirittura opposti per tante parti della loro natura, mi pare rivelatore,
non soltanto per l'intensità delle loro brevi vite, che io ebbi
la fortuna di incontrare, ma perché entrambi, per diverse vie e con diverso
carattere, mostrarono, in modo esemplare, come ci si possa formare formando,
come si conquista la propria libertà e autonomia fuori di sé, negli altri, nel popolo;
e come soltanto in questa rivoluzione formativa
si salvino i valori della storia"
Carlo Levi, maggio 1964

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Ogni uomo è, per definizione, 'animale sociale': egli cioè, non potrebbe costituirsi come cifra individuale se non in relazione con l'altro-da-sè, stabilendo una relazione che traccia gli itinerari comuni dell'essere sociale. Ogni vera e autentica relazione è scambio reciproco, e ogni scambio è possibile tramite la comunicazione, l'azione comune, l'azione-insieme, il rapporto interpersonale e attivo, il processo di influenza tra soggetti. La radice del termine latino è esplicita: communis,commune, che appartiene a tutti, che viene messo in azione, dunque è communicatio, comunicazione.

"La radice del termine 'comunicazione' risale infatti ai verbi greci koinonéo (partecipo) - entrambi chiaramente legati all'idea della Koinè, della comunità - e al latino communico (metto in comune, condivido). Le azioni racchiuse in questa cornice terminologica stabiliscono una connessione basata sul presupposto per cui 'mettere al corrente' qualcuno vuol dire coinvolgerlo, fino all'instaurazione di impegnativi vincoli comunitari."
[cfr. G.B. Fatelli/S.Bentivegna: Teorie della comunicazione, Stampa alternativa, 1995, pag.20]

Senza la comunicazione, ogni via di inferenza e cioè la personalizzazione degli eventi/azioni osservati negli altri, e la traduzione/elaborazione in termini propri, ciò che permette la stessa costituzione della propria identità e personalità, sarebbe preclusa. Addirittura, secondo Jaspers, "tutto ciò che non si realizza nella comunicazione non esiste", per cui non il logòs, pensiero unico e monologante, ma il dià/logòs, il pensiero-partecipazione comune che scaturisce da una relazione ed è perciò pensiero dialettico, diventa presupposto fondante della crescita e sviluppo dell'apprendimento storico-evolutivo.
La comunicazione si esprime soprattutto proprio attraverso l'azione della relazione/scambio tra soggetti e dunque non va confusa con alcuni dei veicoli con i quali si connota; nel linguaggio comune, infatti, l'ottimale comunicazione di un individuo viene identificata dal puro eloquio retorico formale, ciò che altrimenti viene inteso come dialettica (insomma, il bel parlare, l'esprimersi correttamente, avere abilità di farsi ascoltare, serrare le argomentazioni, capacità di repliche e 'battute' pronte, ecc..). Ma la dialettica reale, che è frutto di pensiero dialettico, rende solo una variabile l'eloquio retorico, variabile la cui importanza varia a seconda del contesto.
Quando nella comunicazione è implicato un processo formativo, quando è presente l'intento educativo, si parla di comunicazione formativa. In questo caso l'atto comunicativo non è di tipo semplice, ma di tipo complesso, perché complessa è l'attività che richiede da parte dei soggetti della comunicazione. La comunicazione formativa diventa vera e propria comunicazione didattica quando:
 - la generazione dell'atto comunicativo è di tipo intenzionale
 - l'intenzionalità è diretta ad un fine educativo generale e al fine di un apprendimento specifico
 - richiede un'attività mentale di elaborazione complessa da parte dei soggetti interni della didattica: il docente, tramite tecniche e metodi adeguati di insegnamento, come veicolo della struttura logica oggettiva; il discente, tramite l'attività della sua struttura cognitiva soggettiva in direzione della conquista della logica interna dei contenuti trasmessigli
- si sostanzia continuamente di comunicazione retroattiva, cioè di                   feedback.
 
 

Se è vero che
"il carattere fondamentale della comunicazione umana è quello di essere appunto un atto guidato nei suoi aspetti generali dalla consapevolezza, un atto caratterizzato dall'intenzionalità"

[P.E.Ricci Bitti/B.Zani, La comunicazione come processo sociale, Il Mulino, 1983, pag.25]

solo con la 'coscienza della coscienza' e cioè con la consapevolezza dell'intenzionalità è possibile il raggiungimento di un fine o il controllo dell'esito dell'atto, altrimenti è bene parlare di spontaneità (comunicazione generativamente non-intenzionale) nella casualità dello scambio/relazione e di spontaneità-casualità anche all'interno della comunicazione generativamente intenzionale.
Certo, i destinatari delle nostre azioni (o comunicazioni) possono reagire attivamente o passivamente; ma sia nell'uno sia nell'altro caso, è sempre meglio prevedere e organizzare una reazione positiva piuttosto che provocarne una sfavorevole, o subire addirittura una passività improduttiva. L'abilità di chi comunica, come nel caso dei formatori, non consiste soltanto nel dare delle nozioni o delle disposizioni, ma anche nel mettere i soggetti dell'apprendimento, in condizione di interpretare attivamente la comunicazione. Per far ciò occorre creare e controllare continuamente i canali di comunicazione, conoscendo innanzi tutto i destinatari di ogni comunicazione trasmessa, prevedendo e valutando le loro reazioni in modo da essere certi che ciò che si dice abbia una rispondenza nel ricevente la comunicazione stessa.
 

In sintesi:

La comunicazione formativa è il cuore della didattica
La metodologia didattica è il cuore di ogni tecnica di comunicazione educativa
La comunicazione educativa deve tradursi in crescita formativa dei soggetti che apprendono
La comunicazione deve essere uno
scambio/relazione tra soggetti per un comune itinerario di crescita individuale e collettiva

Così come il processo formativo è un'evoluzione per stadi e tappe che non è mai lineare (per questo la previsionalità e predittività didattica non deve mai essere rigida), così anche la comunicazione didattica non è un processo lineare, e quantunque la sua generazione è di tipo intenzionale, lascerà spazio all'atto spontaneo che può essere a sua volta espressione di creatività e liberazione dei soggetti, così come la stessa flessibilità della programmazione curricolare è necessità per i compiti di effettiva facilitazione-adeguazione attiva dell'apprendimento che è funzione del ruolo-docente.
La competenza comunicativa, allora, diventa un elemento fondamentale della stessa competenza didattica.

Se il modello della comunicazione semplice (emittente/contenuto/ricevente/feedback) astrae dalla realtà effettuale delle variabili intervenienti in un processo complesso, il modello di Tatiana Slama Cazacu, consente di individuare i sei fattori principali dell'atto di comunicazione:

1) L'EMITTENTE,
la fonte del messaggio
2) IL CODICE,
il sistema di riferimento-base della fonte
3) IL MESSAGGIO,
l'informazione-contenuto
4) IL CONTESTO,
in cui il messaggio è inserito e cui si riferisce
5) IL CANALE,
mezzo-veicolo che rende possibile la trasmissione
6) IL RICEVENTE,
chi riceve e interpreta il messaggio.

[T.Slama Cazacu, Introduzione alla psicolinguistica, Bologna, 1973]

Perché questo modello abbia funzionalità didattica, vi è da specificare che la trasmissione-codifica (1.2.3.4.5.) si attua mediante il procedimento didattico e la metodologia dell'insegnamento, mentre la ricezione-decodifica (4.5.6. e feedback) è l'attività stessa del processo di apprendimento.

Se la comunicazione didattica, formativa e intenzionale, assume il feedback come anima del suo evolversi come processo, prevederà come sua parte essenziale il role-taking.

F Il role-taking è la prospettiva-per-l'altro.
E' cioè l'assunzione del punto di vista e del ruolo dell'altro, rivestire panni non propri per identificare la prospettiva da cui si riceve il massaggio comunicativo. E', in definitiva, l'essenza di uno scambio/relazione effettivamente produttivo e positivo.
Il concetto di role-taking è stato introdotto da G.H.Mead.

[G.H.Mead, Mind, Self and Society, Università of Chicago Press, Chicago, 1934
tr.it., Mente, sè e società, Firenze, 1966]

Inoltre, la valutazione formativa riveniente da una comunicazione didattica in role-taking, terrà conto non solo del feedback cognitivo (positivo, negativo, gradazione tra questi), ma anche del feedback emotivo e dunque dell'insieme dei fattori cognitivi e non cognitivi che costituiscono l'unità psicologica indivisibile dell'individuo. Solo il role-taking può dar conto del reale feedback emotivo. Inoltre, il role-taking, ha funzione previsionale del feedback, che può presumersi, in sede di predittività, positivo (comunicazione efficace a due vie), cioè si programma come positivo, in quanto è preceduto dal role-taking.
 

La comunicazione efficace, è quella comunicazione che coglie l'obiettivo posto in termini intenzionali dalla fonte emittente. La comunicazione didattica è la comunicazione classicamente efficace, nel senso che si pone prioritariamente traguardi formativi, generali e/o specifici; la verifica dell'efficacia della comunicazione didattico-formativa è nell'esito positivo/negativo del feedback cognitivo e/o emotivo.
 

Il processo di codifica (scelta del sistema di riferimento per il messaggio da parte dell'emittente) è, nella comunicazione didattica, il processo di insegnamento nei suoi elementi di scelta delle tecniche e dei metodi didattici, delle strategie applicative, dei mezzi e sussidi, delle forme di valutazione.

Il processo di decodifica (ricezione-interpretazione del messaggio da parte del ricevente) è, nella comunicazione didattica, il processo di apprendimento stesso, dunque il più complesso tra gli elementi del processo didattico che influisce, in fase di progettazione, sulla stessa scelta del 'codice' ed è il vero e proprio 'contesto' in cui si struttura la situazione educativa.
Generalmente può affermarsi che la decodifica viene a scomporsi nei seguenti momenti di 'ricezione apprenditiva':

- sensazione (A)
- percezione (B)
- selezione (C)
- organizzazione (D)
- interpretazione (E)
nei quali (A) è la messa in attività meramente passiva degli elementi di senso, (B) è la presa di contatto attiva di una totalità della forma (Gestalten), (C) è la scomposizione analitica e l'individuazione/scelta delle componenti la totalità, (D) è la nuova configurazione in sintesi della totalità, cioè propriamente ri/organizzazione che, nei processi didattici mediamente si connota nei termini di privazione del messaggio originario (semplificazione-riduzione-coerenza interna,

[ Cfr. Ausubel D.P.: Educazione e processi cognitivi, op.cit.]

(E) è la risposta in chiave di elaborazione personale, cioè l'esito del feedback.

Per meglio precisare il processo di decodifica nella comunicazione, come processo di apprendimento nella comunicazione didattica, entrambi momenti centrali dello stesso fenomeno, il cammino dialettico della conoscenza nell'ambito sia della formazione della struttura cognitiva dei soggetti dell'età evolutiva sia degli individui con struttura della personalità già consolidata (naturalmente con forme e modalità differenti, si rimanda all'impianto strutturalista di J.Piaget), distinguiamo due forme di conoscenza:

1) LA CONOSCENZA SENSIBILE (o empirica)
2) LA CONOSCENZA INTELLETTIVA (o razionale)

1) La conoscenza sensibile si forma attraverso tre elementi:
1.a) la sensazione 1.b) la percezione 1.c) la rappresentazione

1.a) La sensazione è un'immagine concreta dell'oggetto che agisce direttamente sugli organi di senso.
1.b) La percezione è un'immagine integra che sorge nel cervello dell'uomo in seguito all'azione di questo o quell'oggetto sugli organi dei sensi.
1.c) La rappresentazione è la stessa immagine dell'oggetto che in precedenza aveva agito sugli organi di senso, riprodotta però nella coscienza. Così la rappresentazione fa uscire la coscienza dai limiti del singolare, le permette di individuare il generale e di tenerlo presente nelle rispettive azioni mentali.

è La conoscenza sensibile (o empirica) è concreta.

La conoscenza intellettiva è la conoscenza di tipo superiore permessa dal pensiero astratto e si forma attraverso tre elementi:
2.a) il concetto 2.b) il giudizio 2.c) la deduzione

2.a) Il concetto è un'immagine ideale priva di immediata evidenza e riflettente le proprietà e i nessi sostanziali generali degli oggetti e dei fenomeni della realtà circostante. Il sorgere del concetto è il sorgere del pensiero astratto, cioè la facoltà di discernere e di collegare i concetti allo scopo di acquisire nuove conoscenze.
2.b)  Il giudizio è la più semplice forma del pensiero, la quale rispecchia attraverso una determinata interconnessione dei concetti o delle rappresentazioni la presenza o l'assenza dei nessi tra gli oggetti e le loro proprietà.
2.c) La deduzione è una forma del pensiero, la quale rappresenta una tale connessione tra i giudizi che permette di formulare un nuovo giudizio, contenente una nuova idea. Si avvale della capacità di associazione logica, generalizzazione e transfer e personalizza le forme della creatività e del problem-solving.

La conoscenza intellettiva (o razionale) è la capacità di penetrare l'essenza (o sostanza) della sfera indagata della realtà, l'individuazione dei necessari lati e nessi interni , ad essa propri.

Conoscenza sensibile e conoscenza intellettiva sono intrecciate dialetticamente e né l'una né l'altra, da sole, possono assicurare la vera conoscenza dell'essenza dell'oggetto di indagine. L'interconnessione del sensibile e del razionale nella conoscenza si esprime non solo nel fatto che essi completano e suppongono l'uno l'altro nella prassi [concreto (empirico)- astratto (generalizzazione) - concreto (esperienza creativa)], ma anche nel fatto che essi si compenetrano reciprocamente (dialettica)è la dialettica in senso proprio non pertiene all'intuizione immediata, astratta, o alla sensibilità dei fenomeni, e alla corrispondente rappresentazione della realtà, ma soltanto al concetto, e questo non è mai, per chi vive una situazione, immediatamente dato con esso. Se le cose fossero nella loro realtà per come ci si presentano, non vi sarebbe in generale bisogno di alcuna scienza; al contrario le forme fenomeniche si riproducono con immediata spontaneità, come forme correnti del pensiero, il rapporto sostanziale deve essere scoperto dalla scienza.

 La prassi educativa mira a fondare e costruire dialetticamente la prassi della conoscenza e tende, tramite la comunicazione didattica, alla produzione di un'esperienza creativa.

La contraddizione dialettica, alla base dei processi della realtà materiale, diventa il 'primo motore' dell'interpretazione/decodifica di quella realtà attraverso il sapere e l'elaborazione personale del sapere. La conquista del sapere è parto della stessa mente umana che attivizza le sue capacità e che, nella comunicazione didattica, guida all'espressione manifesta, comportamentale, della sua attività stessa. In questo senso, la conquista del sapere è parto, travaglio della conoscenza, in quanto la dialettica è il risultato di un processo, la negazione di stati precedenti, un lavoro e una fatica, giammai il 'dono' di una condizione data.
Nell'ambìto dei princìpi della metodologia della comunicazione formativa, quale rapporto può intercorrere tra logica formale e logica dialettica? In particolare, noi crediamo, l'una e l'altra si compenetrano nei diversi ambiti della comunicazione formativa:
1- transfer comunicativo-espositivo (regole della logica formale)
2- transfer logico e generalizzazione (logica dialettica)
3- transfer operativo (coerenza tra logica formale e dialettica)
-- La logica formale, nel quadro dei princìpi aristotelici (principio di non-contraddizione: se A=A non può essere NON-A e le forme rigorose del sillogismo: Socrate è un uomo- Tutti gli uomini sono mortali- dunque Socrate...), è quella che permette di riconoscere la correttezza delle regole del discorso formale
Il quadro della contraddizione dialettica permette l'intrecciarsi dell'analisi strutturalista di Piaget con la teoria gestaltista di Leòn Festinger sulla dissonanza cognitiva, in funzione del metodo e della programmazione nella comunicazione formativa.
La conoscenza delle opere di Jean Piaget non è solo indispensabile per lo studio della psicologia dell'età evolutiva e dell'epistemologia genetica, di cui è il maestro indiscusso, ma anche per chiunque voglia approcciare un'analisi seria, in termini di strutture, dei processi cognitivi in relazione ai metodi di comunicazione didattica e alle strategie operative.

[cfr.: J.Piaget: Lo strutturalismo, Milano, 1971, in part.pp.39/46]

Razionalista convinto, Piaget lottò tutta la vita contro l'empirismo filosofico e l'associazionismo psicologico (contrapponendosi pertanto anche al comportamentismo) sulla base del principio che l'attività cognitiva costituisce una struttura estremamente complessa, irriducibile alle leggi della natura fisica e biologica di tipo elementare. La differenza qualitativa fra il pensiero adulto e il pensiero infantile, l'esistenza di fasi differenziate, cicli-tappe nello sviluppo apprenditivo, presuppongono un'attenzione specifica alle modalità stesse dell'apprendimento umano come capacità di costruire strutture, insistendo sui concetti di relazionalità ed autoregolazione, a partire dalla totalità come sistema (Gestalten). Si comprende come lo strutturalismo piagettiano sia un efficace strumento analitico delle tre principali strutture coinvolte nella formazione educativa: la struttura logica oggettiva dei contenuti di conoscenza, la struttura cognitiva soggettiva e la struttura che, attraverso il metodo, deve metterle in relazione: la struttura della comunicazione.
A sua volta, la teoria della dissonanza cognitiva di Leòn Festinger è un impianto complesso di elaborazione autonoma, va inquadrata nell'ambito più complessivo della psicologia Gestalt riguardante i processi di apprendimento, ma può essere utilizzata anche nel campo d'indagine sulla comunicazione formativa e sul rapporto tra fattori cognitivi e l'applicazione delle strategie didattiche.

[cfr.: L. Festinger: Teoria della dissonanza cognitiva, Franco Angeli, 1973( or.1957)]

Infatti, se si parte dall'assunto che l'accrescimento di conoscenza umana è possibile solo con duro sforzo e sacrificio, che nulla di significativo è possibile ritenere se ciò non è il risultato di una 'pressione' sugli elementi cognitivi, la teoria della dissonanza ci informa che la stessa non è elemento puro di negazione, ma di crisi produttiva quando non necessaria. Gli elementi di apprendimento nuovi che entrano nella struttura cognitiva, modificano la stessa a seconda del 'peso specifico' che assume la dissonanza, il suo spettro di ampiezza, la sua 'banda di oscillazione' (troppo familiare=automatismo insignificante; troppo distante=resistenza assoluta al cambiamento come processo oggettivo). Ma proprio perché la contraddizione dialettica è alla base dei processi della realtà materiale, la contraddizione dialettica negativo/positivo proprio della dissonanza cognitiva, permette la continua evoluzione dell'apprendimento significativo quando si rende lo sforzo cognitivo 'sostenibile' pur con il 'dolore della conoscenza'. La 'sostenibilità' della dissonanza, nel campo della comunicazione didattica, è obiettivo del metodo di insegnamento: obiettivo che riguarda la qualità dell'apprendimento e i tipi di apprendimento attivati. Per questo il metodo è soprattutto consonanza, adeguazione mai passiva tra soggetti, tramite i principi di contiguità e significatività, il trovare continuamente, nelle strategie operative, la 'banda di oscillazione' per produrre e superare il più agevolmente possibile la dissonanza cognitiva. La comunicazione educativa si arricchisce così di una maggiore consapevolezza: il superamento dialettico necessario delle contraddizioni (esterne/interne) in una sintesi superiore che contiene elementi di apprendimento quantitativamente e qualitativamente maggiori di prima, in una struttura cognitiva che arricchisce sempre più la propria capacità di generalizzazione logica e transfer.

Le condizioni preliminari dunque che scaturiscono da un'analisi strutturalista, dialettica e in termini di dissonanza/consonanza, per la scelta dei metodi e delle tecniche di comunicazione didattica, nonché della stessa abilità/capacità di programmazione sono:

-- il metodo è attivo, perché mai adeguazione passiva (né della fonte della comunicazione verso il ricevente né viceversa, ciò che creerebbe o permissivismo e banalizzazioni finto-democratiche o 'gorilla ammaestrati');
-- il metodo è analitico (mira alla scomposizione progressiva e graduale di una totalità della forma nella percezione) e utilizzerà circolarmente induzione e deduzione come modalità necessarie della comunicazione in relazione agli statuti epistemologici delle discipline;
-- il metodo è maieutico (considera l'apprendimento significativo per scoperta, attraverso la ricerca e la confutazione, come il miglior tipo di apprendimento);
-- il metodo si basa sulla discorsività dialogica, cioè sull'interlocuzione costante tra i soggetti implicati nella comunicazione educativa, in modo da rendere flessibili gli interventi nella situazione didattica specifica;
-- la programmazione dovrà essere sostenuta dalla inter/multidisciplinarietà costante (su metodi, contenuti e valutazione)
-- la programmazione ricercherà un insegnamento individualizzato all'interno di un insegnamento/apprendimento socializzato, di modo da valorizzare stili cognitivi personali all'interno di una dinamica di gruppo favorevole all'apprendimento significativo
 

Se queste condizioni preliminari sono ritenute valide, la scelta dei metodi didattici e della programmazione risulterà dall'analisi comparata di tutte le variabili intevenienti nella concreta situazione educativa, connotando le stesse modalità della comunicazione didattica.

Alla comunicazione anassertiva è caratterizzata da asserzioni indiscutibili, non problematiche, da accettare fideisticamente secondo il 'principio di autorità', che non richiede dunque interpretazioni e che è
categoriale è costituita da categorie apodittiche non richiedenti            giudizio
impositiva  è costituita da imposizioni che scartano soluzioni creative ai problemi e generatrici di apprendimento meccanico
 

connotanti uno stile autoritario del formatore,
va resa alternativa la
comunicazione assertiva-persuasiva,  caratterizzata dalla persuasività del messaggio in termini di convincimento interno del ricevente e interpretazione in seguito a sforzo cognitivo (dissonanza), centrata sulla
discorsività dialogica è la sola modalità che permette ricerca e confutazione, apprendimento significativo per scoperta
connotanti uno stile democratico del formatore.
La forma anassertiva porta a una modalità chiusa della comunicazione didattica.
La forma assertiva-persuasiva porta a una modalità aperta della comunicazione didattica.

Attenzione:
autoritario è diverso da autorevole, democratico è diverso da permissivo.
- Sulla persuasione:
all'origine dell'azione da svolgere e da sviluppare, si deve porre il processo formativo (attivo o passivo) della persuasione; l'efficacia dell'atto comunicativo varia considerevolmente da soggetto a soggetto e dipende dalla capacità interna del flusso delle sollecitazioni e dalla sua idoneità a raggiungere gli obiettivi sostenibili dall'attività cognitiva del soggetto.
E' dunque necessario che: il messaggio diretto alla globalità dei soggetti, appaia come inviato a ciascuno, separatamente. Il tipo di messaggio deve possedere la capacità di colpire la ricettività individuale.

Ogni comunicazione funzionale ad una didattica socializzata deve essere funzionale ad un'efficace didattica individualizzata.

I termini assertivo/anassertivo e persuasivo possono assumere significati diversi, e problematici, nell'ambito della comunicazione in generale e, nella fattispecie, nella comunicazione formativa. Nel senso sopra indicato, anassertivo è il tipo di comunicazione perentorio, apodittico, assiomatico, ma se associato ad uno stile democratico del formatore esso si problematizza nell'interazione comunicativa e risulta positivamente categoriale (da non confondere con categorico= aproblematico). Persuasivo è il tipo di comunicazione che si struttura come processo di influenza, dunque proprio della comunicazione educativa, ma, se associato ad uno stile autoritario del formatore, si rende funzionale ad uno strumentale condizionamento prescrittivo.
In definitiva: lo stile democratico nella comunicazione formativa, evita l'imposizione arbitraria e gli interventi di sistematica coercizione e di dettagliata prescrizione; democratico non è permissivo, cioè adeguazione passiva del formatore al soggetto dell'apprendimento, ma si distingue per l'impegno nell'organizzazione del lavoro e nella facilitazione dell'interazione tra i membri del gruppo.
"Ora, accertare che il clima democratico è quello più favorevole in questo senso, può essere considerato come una mera conferma di questa ipotesi nella misura in cui il clima democratico può essere fatto coincidere con la situazione di minore minaccia per l'individuo. E' chiaro, da questo punto di vista, lo svantaggio del clima autoritario, che è caratterizzato dalla drastica imposizione e quindi dall'alta probabilità di frustrazione"
[L. Lumbelli, Psicologia dell'educazione-Comunicare a scuola, Il Mulino,1982, pag.193]
Se in generale l'agire comunicativo lo si presuppone come fondativo della socialità, in particolare l'agire comunicativo didattico-formativo deve presupporsi come insegnamento alla socialità e alle funzioni sociali. Anche nelle modalità istruttive, dunque, non è possibile astrarre dalla modalità dialogante, non solo nel senso maieutico-socratico, ma anche e soprattutto come dialogo mirante alla capacità dialettica di interpretazione dei significati:

"La nozione di 'dialogo' è forse quella che meglio riassume gli approcci che contrappongono alla comunicazione come trasmissione di informazioni, la comunicazione come conversazione. (..) Il contesto della conversazione reale esibisce invece una pratica dialogica con gli interlocutori impegnati in senso attivo, nella quale il significato non si genera dalla enunciazione linguistica dell'emittente, ma dalla sistematica cooperazione interpretativa, dalla interazione tra emittente e ricevente."
[G.B.Fatelli, op.cit., pp.29/30]

L'autore del brano citato ritiene, invero, che "Molte impasses della ricerca derivano dalla coabitazione forzata della comunicazione-interazione con la comunicazione-trasferimento di significati." [ivi, pag.31].
Nel caso della comunicazione didattica, invece, questa coabitazione non è affatto forzata e costituisce il gradiente fondamentale dell'esperienza formativa. La prassi della didattica, ancora una volta, supera le aporìe, vere o presunte, della teoresi astratta, almeno di quella scarsamente dialettica.

APPENDICE

Per un' introduzione a una didattica multimediale:
1.  I princìpi dell'auxilìum didattico,
2. la sfida della contemporaneità multimediale e la comunicazione formativa

Il XX secolo sarà ricordato come il secolo dei mezzi di comunicazione e della rivoluzione informatica.
Nel giro di pochi decenni l'intero scenario del sapere e delle abitudini umane si è radicalmente trasformato; la multimedialità ha prodotto un cambiamento psicologico e culturale che va ben al di là dei vantaggi pratici delle nuove tecnologie.
Ma che cos'è la Multimedialità ?
Per multimedialità si intende l'intreccio tra le diverse fonti ed i diversi canali della comunicazione collettiva, come giornali, televisione, radio ed Internet. Strettamente connesso al più recente sviluppo della multimedialità, in particolare nel campo informatico è il concetto di interattività tra apparecchiature ed uomo, cioè la possibilità dell'utente di intervenire su quanto gli viene proposto dal sistema multimediale stesso.
Mentre i più giovani affrontano con grande interesse ed entusiasmo queste nuove tecnologie, si assiste ad una certa resistenza da parte di chi con queste, per motivi generazionali, non si è misurato, con il risultato che l'informatica potrebbe diventare ulteriore motivo di incompatibilità tra generazioni. In questo contesto, diventa indispensabile preparare insegnanti, studenti, operatori della formazione, a gestire in proprio il nuovo sistema della comunicazione multimediale, per fare in modo che diventi patrimonio delle metodologie educative di una comunicazione formativa al passo con i tempi. Il lavoro in cooperazione supportato dalle tecnologie informatiche multimediali, costituisce un fattore di sviluppo di ambienti ove si impara ad apprendere in maniera continuativa e permanente, tenendo presente l'alfabetizzazione, la formazione e l'aggiornamento continuo, migliorando il sistema del flusso di comunicazioni. Le nuove tecnologie, inoltre, permettono di sostituire operazioni ripetitive e complesse su vasta scala, purché siano a reale servizio delle risorse umane in qualità e in quanto risorse strumentali e non inneschino meccanismi alienanti o, peggio, surroghino, in qualità di sostituti, le stesse risorse umane:
"Le applicazioni emergenti consentono la condivisione delle conoscenze e la produzione di interpretazioni ad elevato valore aggiunto basate su dati non individualizzati ma di pubblico dominio nell'ambito dell'organizzazione. I sistemi informatizzati si pongono quindi come nuove fonti di apprendimento attraverso la generazione di visioni condivise e la diffusione di modelli mentali orientati alla valutazione dei dati"
[M.Tomassini: Alla ricerca dell'organizzazione che apprende, Roma, 1993, pag.39]

Una corretta combinazione per lo svilupparsi dinamico della comunicazione come interazione/scambio di conoscenze in tempo reale e aggiornamento continuo dei flussi informazionali, tra sistemi on-line, sistemi informativi e sistemi di telecomunicazione, favorisce l'operosità umana non in termini di mera produttività, ma in quella di intelligenza collettiva. Ciò implica: coscienza delle potenzialità del ragionamento procedurale, comprensione della struttura interna del sistema della comunicazione, uso dello stesso sistema come fonte di apprendimento e feedback, continua interpretazione dei dati, costruzione collaborativa e condivisa dei significati.
 

1.a) Le nuove generazioni vivono un rapporto simbiotico con le macchine ed i loro linguaggi; ma lo vivono al di fuori della scuola ed il più delle volte contro di essa, poiché qui, nonostante l'evoluzione in atto, la cultura monomediale caratterizza ancora in maniera determinante i metodi didattici.
I contenuti vengono ancora trasmessi prevalentemente con i libri di testo, mezzi appunto monomediali, che spesso lo studente vive come un peso e quasi con rifiuto, con conseguente pericolo di perdita di un enorme patrimonio culturale e di esperienze.
Il problema non consiste solo nell'ammodernare l'apparato delle risorse tecniche per la comunicazione formativa e la metodologia didattica, ma soprattutto nell'accogliere e legittimare gli stili di pensiero e di azione che sono propri del nuovo campo.
Non si intende mettere in discussione l'importanza del libro come ausilio didattico, ma integrarlo con le nuove tecnologie per avere una serie di strumenti tra loro complementari e tutti funzionali alle mutate modalità di apprendimento da parte di studenti immersi in un mondo multimediale.
Si rende a questo punto necessario specificare il significato di "ausilio didattico".
Il termine ausilio viene dal latino auxilìum, cioè aiuto.

Per ausilio didattico, quindi, si intende un supporto in grado di integrare efficacemente l'opera del formatore al fine di facilitare l'apprendimento e, solo conseguentemente, l'insegnamento.

Non esiste un ausilio migliore o peggiore di un altro in senso assoluto, ma esiste un accessorio più adatto di un altro al raggiungimento di un dato obiettivo in uno specifico contesto. E' fondamentale l'utilizzo dell'ausilio didattico al momento giusto per richiamare l'attenzione e facilitare l'apprendimento.

1.b) Gli ausili didattici  Gli ausili didattici vanno a collocarsi in uno degli elementi del 3° momento della programmazione curricolare elaborate nel 1949 da Ralph  Tyler, ovvero le strategie.

[R.Tyler: Basic principles of curriculum and Instruction, Chicago, Un.Press, 1949]

 Sono risorse importanti che l'organizzazione ed il formatore utilizzano per facilitare l'apprendimento.
 Gli ausili didattici si compongono di hardware e software, mezzo e programma, parte meccanica e contenuto.
 Il mezzo didattico vero e proprio è la parte meccanica, il sussidio è il contenuto studiato per facilitare l'apprendimento.
 Per un loro utilizzo proprio ed intelligente è indispensabile ispirarsi a tre princìpi fondamentali:
1. Devono essere funzionali agli allievi;
2. E' necessaria una costante alfabetizzazione da parte del formatore;
3. Ogni formatore dovrebbe preparare da sé gli ausili didattici che utilizzerà.
 
Esaminiamo adesso più analiticamente questi tre princìpi.

1. Ausilio funzionale agli allievi
  Gli ausili didattici devono essere studiati ed utilizzati in funzione dell'allievo, non del formatore, in quanto devono facilitare prioritariamente l'apprendimento; un ausilio che faciliti l'apprendimento facilita anche, di conseguenza, l'insegnamento, ma non è sempre vero il contrario, vale a dire non è sempre vero che un ausilio didattico studiato ed utilizzato per le esigenze del docente e che, quindi, lo faciliti nel suo compito di insegnare, possa anche facilitare il processo di apprendimento dei discenti.
  Quanto sopra per il semplice fatto che formatore ed allievi non sono sullo stesso piano e livello conoscitivo e quindi un ausilio didattico che sia funzionale solo al formatore, rischia di essere assolutamente incomprensibile agli allievi.

2. Alfabetizzazione costante
  E' il corretto atteggiamento mentale del formatore, volto all'aggiornamento costante nei confronti dell'ausilio didattico.
  L'alfabetizzazione consiste nella conoscenza delle basi di utilizzo della macchina e del programma per poter confrontarsi con le nuove generazioni sull'uso degli ausili didattici a loro più familiari; se il formatore non conoscesse il programma sarebbe, a similitudine degli allievi, un semplice utente e non la loro guida.

3. Preparazione degli ausili didattici
  Ogni formatore dovrebbe approntare autonomamente il proprio materiale didattico, sia per andare incontro ai particolari sistemi cognitivi degli allievi, sia per essere coerente con il proprio metodo d'insegnamento.
  Questa capacità del docente è, tra l'altro, una prova della sua abilità.
  Nel preparare gli ausili didattici il formatore deve adottare la tecnica del "role taking", cioè deve attuare un rovesciamento della prospettiva, adottando il punto di vista degli allievi per poter meglio corrispondere alle loro esigenze di apprendimento e rispettare, al contempo, lo spirito del 1° principio sopra enunciato (ausilio funzionale agli allievi).

2.a) Ipertesto ed ipermedium
L'Ipertesto è uno strumento multimediale di organizzazione di un testo in scrittura non lineare.
Per scrittura lineare si intende un testo che si legge dall'inizio alla fine senza interruzioni, come per esempio un romanzo; per scrittura non lineare invece si intende un testo ricco di richiami e note che non permettono un' agevole lettura sequenziale, come per esempio un saggio di carattere tecnico-scientifico.
E' importante quindi non cadere nell'errore di collegare automaticamente l'idea di testo lineare al libro e l'idea di testo non lineare al computer, nel senso che possiamo avere un libro dal testo non lineare o un testo computerizzato lineare.
L'Ipertesto permette all'utilizzatore di entrare nell'argomento trattato e sviluppare un proprio percorso di conoscenza, divenendo protagonista del processo di consultazione, sulle basi della propria cultura e del proprio desiderio di apprendimento; in gergo, la lettura di un ipertesto viene definita con il termine "navigare".
La scelta dei percorsi si effettua tramite i "link" (letteralmente collegamento), che permettono, cliccando con il mouse su specifiche parti dell'ipertesto appositamente evidenziate, di attivare un collegamento logico con un altro punto dell'ipertesto stesso o addirittura con testi ed ipertesti diversi.
L'ipertesto, quindi, si configura come una collezione di testi collegati fra loro da associazione logica a mezzo dei Link.
Uno strumento multimediale ancora più articolato ed efficace dell'ipertesto è l'ipermedium, sistema in cui la connessione tra i testi scritti si espande ai suoni, alle immagini ed alle animazioni in maniera mirata ed efficace.
L'avvento del CD-ROM ha grandemente favorito la diffusione di ipertesti ed di ipermedia di grandi dimensioni (esistono anche intere enciclopedie in CD-ROM) grazie alla possibilità di immagazzinare una imponente mole di dati in un supporto di piccole dimensioni ed estremamente maneggevole.
L'esperienza di creare un percorso conoscitivo all'interno di un sistema informatico di tipo divulgativo è altamente formativa poiché, oltre a favorire l'arricchimento culturale, lascia ai protagonisti del processo formativo (docente e discente) notevoli possibilità per esprimere la propria creatività.

2.b) Internet e agenda-setting
Internet è la più grande rete mondiale di intercomunicazione tra reti di computer.
Nato negli anni '60 negli U.S.A. per la necessità del Dipartimento della Difesa di realizzare una rete di comunicazione capace di sopravvivere ad una guerra nucleare, si è successivamente rivelato un efficace sistema per collegare tra loro ogni tipo di computer e fu quindi adottato per la ricerca e l'Università.
Oggi oltre 5.000.000 sono i calcolatori connessi permanentemente con la rete tramite i satelliti e le fibre ottiche ed altrettanti sono i computer che si collegano saltuariamente tramite la rete telefonica e si calcola che il loro numero raddoppi ogni anno.
Internet, insomma, rappresenta ormai una vera e propria comunità virtuale di persone fisicamente lontane fra loro ma vicine per la velocità della comunicazione e con ancora infinite possibilità di espansione.
Il suo straordinario successo dipende dal fatto che il suo modello comunicativo permette ad ogni calcolatore della rete di essere contemporaneamente fruitore e risorsa di tutti gli altri calcolatori, di essere parte attiva di un sistema e non semplice fruitore di un servizio.
Collegarsi è facile e, rispetto alle grandi potenzialità della rete ed ai servizi offerti, relativamente poco costoso; è sufficiente avere un personal computer di adeguata potenza, un modem, un software appropriato, ed il gioco è fatto.
La possibilità di ogni utente di scegliere autonomamente ed in piena libertà le fonti ed il genere delle informazioni, eludendo il monopolio delle grandi agenzie di stampa e della comunicazione, e di compilare da sè la propria "agenda", è una rivoluzione senza precedenti.
La teoria dell' "agenda Setting" fu preconizzata dall'americano B.C.Cohen nel 1963

[cfr. B.C.Cohen: The Press and Foreign Policy, Princeton, P.University Press, 1963]

e ripresa ed attualizzata nel 1979 dall'americano E.F.Shaw.
Questi venne alla conclusione che
"i media non cercano di persuadere (..) I media, descrivendo e precisando la realtà esterna, presentano al pubblico una lista di ciò intorno a cui avere un'opinione e discutere... L'assunto fondamentale dell'agenda setting è che la comprensione che la gente ha di gran parte della realtà sociale è mutuata dai media."

[cfr. E.F.Shaw: Agenda-setting and Mass Communication Theory, in Gazette, n.25, 1979, pag.96.]

Con il termine "agenda-setting" si intende, quindi, lo scegliere i temi dell'agenda; la comunicazione in/formativa mirerebbe dunque al condizionamento dell'utente da parte dei nuovi media.
Questo condizionamento non comporta un' imposizione o condizionamento di tipo coercitivo o autoritario, più o meno evidente, di un'opinione prestabilita, ma è molto più sottile e consiste nella scelta dei temi da dibattere, costringendo a discutere anche chi è critico nei confronti della cultura dominante e che a quei problemi non è interessato, cioè nell'imposizione dell'agenda e dell'ordine del giorno.
La comunicazione in/formativa si svela come tout-court formativa; anche il formatore infatti, impone un' agenda ai suoi allievi, lasciandogli sì margini di discussione e di interpretazione, ma sempre su argomenti da lui già in precedenza stabiliti.
In questa fase di transizione da una comunicazione di tipo verticale "da pochi a molti" (da poche agenzie di comunicazione a molti utenti) ad una comunicazione di tipo orizzontale, grazie ad Internet, "da molti a molti", (da molte sorgenti a molti utenti), il controllo delle fonti di informazione è diventata un problema primario per la gestione della società da parte di chi non è disposto a cedere questo grande potere e che quindi cerca di minare in qualche modo la credibilità della rete.
Non è certo questa la sede per addentrarsi in una lunga e poco proficua discussione sulla presunta pericolosità della rete, ci basterà rammentare
che, come tutti gli strumenti, specialmente di conoscenza, creati ed utilizzati dall'uomo i benefici o malefici che può apportare dipendono solo ed esclusivamente dall'uso che se ne fa, e che, come naturale, i più accaniti oppositori di Internet sono proprio quei soggetti il cui potere è minacciato da questo nuovo e straordinario mezzo per la comunicazione.

2.c) Istruzione programmata e tecniche di apprendimento

Nell'ambito dell'istruzione programmata è necessario articolare e presentare il messaggio, il contenuto, i dati, in modo che vengano facilmente compresi e assimilati.
E' preferibile basare il percorso sul metodo analitico e sul rinforzo, dividendo il contenuto in tante unità di apprendimento e secondo un sistema di relazioni e di scansioni che risultino organicamente progressive.
I principali modelli da seguire sono tre:
- Lineare (SKINNER), ossia presentazione dell'unità e della domanda e verifica dell'esattezza della risposta; se la risposta risulta esatta si passa all'unità successiva, altrimenti si ripete la  medesima unità.
- A scelta multipla (PRESSEY), ossia presentazione dell'unità di apprendimento insieme ad una serie di risposte; l'allievo deve scegliere la risposta che ritiene esatta, e solo se questa risulta tale avviene il passaggio all'unità successiva.
- A scelta ramificata (CROWDER), ossia l'allievo, alla presentazione dell'unità, è invitato a scegliere una risposta; qualunque essa sia, sbagliata o esatta, viene rinviato ad un'altra unità di apprendimento, di informazione, di spiegazione o di correzione.
Questi ultimi due modelli presentano il vantaggio di costringere gli allievi ad una serie di riflessioni e confronti, stimolandone così la creatività.
[cfr. J.Poctzar: L'insegnamento programmato - Teoria e pratica, Armando, 1974, pp.69/101]

E' essenziale, comunque, in tutti e tre i casi sopra specificati, che il programma sia sperimentato, tarato su una serie di campioni e che gli elementi di apprendimento contenuti nella suddivisione della materia non risultino troppo vicini alla struttura cognitiva dall'allievo, ma che provochino una dissonanza che rientri in quella che con il Pellerey può definirsi la 'banda di oscillazione' intermedia tra la struttura logica oggettiva e la struttura cognitiva soggettiva, racchiusa cioè tra il "troppo distante" ed il "troppo familiare".

[cfr. M.Pellerey: Progettazione didattica, SEI, Torino, 1979, pp.181/182]

Non vi è alcun dubbio sull' importanza della corretta impostazione di un programma didattico che si nutre di ausili informatici; avvertita, infatti, è l'esigenza di dare una struttura più sistematica all'organizzazione scolastica, privilegiando gli aspetti operativi, la costruzione e sperimentazione di curricoli, il controllo qualitativo dei risultati raggiunti, incentivando, inoltre, la costruzione di ambienti adatti all'apprendimento e la qualificazione continua da parte dei docenti (alfabetizzazione).
Attualmente si sta passando dall'uso degli ausili didattici da parte dei singoli insegnanti all'organizzazione dei cosiddetti "centri multimediali", e di pari passo guadagna gradualmente sempre più spazio l'acquisizione di competenze sul funzionamento dei sistemi di informazione e di elaborazione che ormai hanno ottenuto una larga diffusione.
Vario è il materiale usato negli asili nido, scuole materne, dell'obbligo e medie superiori tendente oltre che a facilitare l'apprendimento anche a far sviluppare, o addirittura insorgere, comportamenti ed abilità molte volte dati per scontati allo stato latente; tra i più importanti è il linguaggio "Logo", ideato da Seymour Papert.

2.d) Papert e il costruzionismo
Seymour Papert è un matematico sudafricano che ha lavorato a lungo presso l'istituto di epistemologia genetica di Piaget a Ginevra, fino al 1964, quando è entrato nel Massachusetts Institute of Technology (MIT) negli U.S.A..
 Papert ha adattato i linguaggi informatici alle esigenze dei bambini, ideando programmi per la "costruzione" di micromondi in cui esplorare la conoscenza e dirigere i propri apprendimenti.
 Egli constatò che, mentre nel periodo prescolare tutti i bambini, chi più chi meno, acquisivano competenze ed abilità tipiche del proprio contesto culturale di riferimento, quando venivano inseriti in un contesto di istruzione formale, non tutti riuscivano ad acquisire in uguale misura le nuove abilità e competenze.
 Questo gli fece sviluppare l'idea che qualsiasi disciplina potesse essere compresa in maniera assolutamente naturale come si apprende, per esempio, la lingua nella fase prescolare; così come, ancora, si apprende l'italiano vivendo e giocando in Italia, si può apprendere la matematica vivendo e giocando in un "micromondo" informatico detto Matlandia.
 Papert non è un fautore della descolarizzazione, ma ritiene che la scuola debba essere intesa come un luogo in cui, grazie alle nuove tecnologie, si debbano realizzare situazioni che riproducano i processi di apprendimento naturale; il computer diventa così la porta di accesso ad un mondo esplorabile in libertà ed in cui l'apprendimento è assolutamente soggettivo e libero dalle regole imposte dai sistemi scolastici.
 La scuola è quindi considerata un ambiente sociale reale che ospita tutti i numerosi micromondi virtuali in cui si addentrano i bambini, in un clima in cui i più piccoli imparano emulando i più grandi o i più esperti, i quali, a loro volta, sono alla ricerca continua di prestazioni sempre migliori.
 L'attività educativa non si esplica quindi nel "dare" ai bambini, ma nel creare contesti nei quali possano imparare autonomamente e fare tesoro di quanto appreso per proseguire nell'esplorazione dei micromondi.
 Il "costruzionismo" consiste in una teoria dell'istruzione basata sulla costruzione, cioè sul cercare di fornire ai bambini gli indirizzi da seguire nello svolgimento delle loro attività nella convinzione che espletandole costruiranno da soli il proprio apprendimento.
 A questo scopo Papert ha prima ideato il linguaggio informatico "Logo" e, successivamente il "Lego-Logo", creato in collaborazione con la famosa casa costruttrice di mattoncini in plastica.
 Il sistema di mattoncini da costruzione Lego consta di pochi elementi che si possono usare in assoluta in libertà e mancanza di direttive per costruire qualsiasi cosa e lo stesso principio viene utilizzato nella formulazione della teoria del costruzionismo e nell'adozione dei programmi di apprendimento per bambini Logo e Lego-Logo.
 I micromondi di apprendimento costruzionista sono ormai svariati e sperimentati e rivolti a bambini di varie fasce di età, che vanno dai due-tre anni ai sette-otto anni, e sempre più caratterizzati da grande interattività.
 Una delle critiche maggiori che sono state fatte al questa teoria è che la costruzioni dei micromondi sia rivolta più ad un contesto di gioco ed evasione che non verso ambienti vicini alla realtà, ma la risposta di Papert è stata puntuale ed esaustiva: l'essenza della vita intellettuale del bambino sta nell'immaginazione e nella fantasia, nell'invenzione, nei modi di comprendere il mondo e quando, per esempio, fa un disegno, non ci si preoccupa se il risultato sia realistico o meno; la cosa importante non è la rappresentazione della realtà, ma fare qualcosa che abbia coerenza interna e che mostri la qualità dell'immaginazione. Paradossalmente, è proprio in questo modo che il bambino impara a rapportarsi con la realtà, perché nel momento in cui si misura con un micromondo fantastico, per proseguire nel suo viaggio virtuale deve accettarne la realtà interna, le regole che lui stesso ha stabilito.

2. e) L'informatica al servizio del formatore
Un aspetto della multimedialità, funzionale questa volta alle esigenze dell'insegnante e, quindi, non propriamente configurabile come ausilio didattico, ma di cui si ritiene utile dare un breve cenno, è l'insieme di quei software appositamente studiati per facilitare la programmazione didattica.
 Detti programmi contengono prioritariamente dei test multimediali tendenti soprattutto a conoscere il livello di apprendimento acquisito in precedenza da ogni singolo allievo e che, pertanto, permettono all'insegnante di ottenere fin dai primi giorni di scuola la valutazione globale sia delle classi che per ogni singolo allievo; sono evidenti i vantaggi che ciò apporta in termini di prevenzione della dispersione scolastica e di obiettività di giudizio in quanto i test vengono svolti in un periodo, per l'appunto quello iniziale dell'anno scolastico, dove l'insegnante non può aver ancora raccolto elementi sufficienti ai fini di una valutazione soggettiva, in cui antipatia o simpatia possono interferire nella serenità di giudizio.

Per concludere....

La multimedialità sta prepotentemente entrando in ogni settore della nostra vita e termini come interattività e Internet fanno parte del nostro quotidiano; è dovere ed interesse della scuola e di tutti gli operatori della formazione, aggiornarsi dal punto di vista tecnologico, didattico e metodologico, per non incrementare ulteriormente il già grande scollamento con le reali esigenze di questa società di fine millennio.
Aggiornamento metodologico e didattico vuol dire rendersi consapevole delle nuove e mutate capacità di apprendimento che l'immersione in questo mondo multimediale sta comportando e farle proprie.
Una scuola non al passo coi tempi, che non sappia interpretare le esigenze degli allievi e della società, non solo è inutile, ma è anche dannosa, proprio perché non è in grado di dare agli studenti gli strumenti per affrontare nel modo migliore le esigenze di una collettività sempre più bisognosa di formazione ed in continuo movimento.
 
 

BIBLIOGRAFIA DI ORIENTAMENTO

Oltre ai testi citati nel testo, che hanno un loro autonomo impianto e che qui, nelle parti riportate, sono stati resi funzionali alla logica interna del saggio, possono consultarsi, sui temi in questione:

- U.Eco: La struttura assente, Milano, Bompiani, 1973
- M.Wolf: Teorie delle comunicazioni di massa, Milano, Bompiani, 1985
- E.Monti, voce Comunicazione, in L.Gallino (a cura di): Dizionario di sociologia, Milano, Tea, 1993
- H.A. Innis: Le tendenze della comunicazione, Milano, 1982
- M.McLuhan: Gli strumenti del comunicare, Milano, Il Saggiatore, 1967
- W.J.Ong: Oralità e scrittura. La tecnologia della parola, Il Mulino, 1986
- G.Statera: Società e comunicazioni di massa, Palermo, Palumbo, 1980
- M.Livolsi (a cura di): Comunicazioni e cultura di massa, Milano, Hoepli, 1969
- S.Moravia, Dal monologo alla conversazione, in U.Curi (a cura di): La comunicazione umana, Franco Angeli, 1985
- N.Luhmann,  Informazione, comunicazione, conversazione: un approccio sistemico, in U.Curi, op.cit.
- K.O.Apel: Comunità e comunicazione, Torino, 1977
- J.Habermas: Teoria dell'agire comunicativo, Il Mulino, 1986
- G.Fatelli/S.Bentivegna: Teorie della comunicazione, in La comunicazione (a cura di M.Morcellini e A.Abruzzese), Stampa alternativa, 1995

In particolare, sui temi discussi in appendice:

- Ferdinando Dubla:  Ipertesto e testo:
Corso sugli elementi fondamentali della didattica e della metodologia della comunicazione
Taranto-Catania, 1997
- Ferdinando Dubla.  Floppy-disk/testo:
Il metodo come creatività e liberazione, Taranto, 1997
- Roberto Maragliano: Manuale di didattica multimediale, Bari, 1994
- Marco D'Auria: Dizionario Internet, Roma, 1996
- Enrico Pasini e Filippo Viola: Intervista a Seymour Papert, da Internet, 1994

Sui temi di questo saggio cfr.dello stesso autore:

"Introduzione al ruolo del formatore militare", Taranto, 1996 e/o

"Metodo come creatività e liberazione" , Taranto, 1997

 Taranto, luglio 1997 ultimo aggiornamento: novembre1997
 
 
 

Informazioni  a:
dubladidattica@tin.it

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