Ferdinando Dubla


METODO COME CREATIVITA' E LIBERAZIONE


Sul rapporto tra strategie didattiche e processi cognitivi


1997

"Cultura non è possedere un magazzino ben fornito di notizie,
ma è la capacità che la nostra mente ha di comprendere la vita,
il posto che vi teniamo, i nostri rapporti con gli altri uomini."
"Ha cultura chi ha coscienza di sè e del tutto,
chi sente la relazione con tutti gli altri esseri (..)
Cosicchè essere colto, essere filosofo lo può chiunque voglia"
(A.Gramsci)

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SOMMARIO (pagine a stampa)

In premessa (1)

Dalla 'scimmia ammaestrata' al rifiuto della serialità (2)

Alla ricerca dell'apprendimento significativo (3)

Mastery learning e processi cognitivi (5)

Imparare ad insegnare (7)

Learning e strutturalismo (8)

Contro il formalismo (12)


3. Alla ricerca dell'apprendimento significativo

Gli elementi della maieutica socratica, costituiscono, dal IV secolo a.C., una generale metodologia di ricerca che, applicata ai processi di insegnamento/apprendimento, aprono la strada all'autonomia creatrice. La confutazione dialogante maestro/allievo è una prassi educativa che supera la stessa comunicazione cibernetica di retroazione (o feed-back), in quanto la comunicazione è costantemente a due vie. La ricerca, che si costituiva come ricerca dell'universale e necessario, diventa tentativo di svelamento del fenomenologico, mutuando il procedimento scientifico, sollecitando non solo alla soluzione dei problemi, ma alla loro corretta impostazione e non può non muovere dalla coscienza del 'non sapere': per cui, la richiesta definitoria del che cos'è, si conclude provvisoriamente nella volontà di sapere, moderno aspetto della motivazione scolastica di tipo intrinseco, così difficile da ottenere con metodiche tradizionali di tipo passivo, ma anche con tecniche formalistiche e puramente esteriori. Bisognerebbe insegnare ad imparare, come via dell'imparare ad imparare, e nient'altro: ma si impara, imparando, e si impara solo con sforzo e sacrificio intellettivo. Sacrificio intellettivo che è produttore di conoscenza attraverso il metodo, perchè senza sacrificio non si impara nulla, diminuendo il rischio del non imparare nonostante il sacrificio, quando non si diviene intellettivamente autonomi, capaci di quell'ermeneutica generale finalizzata alla scomposizione e alla destrutturazione (che, com'è palese, diventa demistificazione dei feticci ideologici  dominanti dell'apparenza). La libertà vera è dura conquista, mai individuale e basta, ma sociale in quanto libertà collettiva e produttrice di emancipazione definitiva.  Uno dei principali aspetti del complesso  processo cognitivo umano, visto non in astratto, ma in rapporto alle metodologie per insegnare ad imparare ed imparare ad imparare producendo esperienze didattiche finalizzate alla creatività (dunque da un angolazione che ci permette non di ignorare, ma di rendere trasversali scuole, correnti ed indicazioni della psicologia generale e in particolare quella dell'apprendimento, tentando così la costituzione di uno statuto epistemologico autonomo della metodologia didattica), è senza dubbio la difficoltà dell'imparare.  Questa difficoltà, individuale e collettiva,  può essere analizzata su due piani differenti, ma che dimostreremo convergenti:
- la mistificazione fenomenologica dell'apparire rispetto all'essere reale, produttrice di alienazione;
- la dura conquista della conoscenza specifica e determinata a livello individuale, relazionata alla spinta motivazionale e alla fisiologica resistenza ad ogni nuovo elemento di apprendimento.
* Il primo aspetto riguarda essenzialmente la incessante produzione di ideologia nella società.  Le idee dominanti, con Marx, sono le idee della classe dominante. In particolare oggi, ma in modo affatto differente dal passato,  lo strumento mass-mediologico e in genere la comunicazione detta 'globale', si piegano alle necessità della riproduzione del consenso per il dominio : riproduzione di un consenso di massa per il dominio oligarchico. Le classi dominanti, nelle società capitaliste occidentali, immettono sul mercato un altro feticcio che non è merce, ma solo, appunto, in apparenza:  i parametri del pensiero dominante come unica forma di dialettica possibile, escludendo a priori, dunque, l'antagonismo strutturale come potenziale di rovesciamento di quei parametri (ciò che semplicemente viene a volte indicato superficialmente come 'condizionamento della pubblica opinione'). Ogni scelta diventa allora solo una scelta apparente. I rapporti di produzione dominanti vengono occultati semplicemente rendendoli universali e necessari. Niente di originale come analisi, se si pensa ai contributi francofortesi, in particolare di Adorno e Marcuse:  ma vi è l'aspetto, niente affatto risolto, della materialità concreta dell'ideologia dominante, che entra direttamente nella trasmettibilità del sapere. Tramite l'alienazione, diventa impossibile, se non attraverso il metodo,  non solo rovesciare i parametri soggettivi del pensiero (e che sono soggettivi solo nell'apparenza), ma finanche interpretarli o, come sarebbe auspicabile e può diventare possibile, decodificarli.  Angelo Broccoli, pedagogista italiano che ha analizzato a fondo proprio questi aspetti, mettendoli in relazione all'opera di Marx,  ci fornisce un'ottima base analitica:

"Ciò che occorre, dunque, è fornire all'astrazione filosofica il suo significato storico; cioè, puntualizzare storicamente un procedimento di distorsione-interpretazione della realtà (il riferimento specifico di Broccoli è alla quinta glossa su Feuerbach, ndr.) (..)
La realtà alienata che la scienza studia senza far riferimento ai rapporti sociali si traduce nella logica dell'alienazione, cioè nella riproduzione del 'noto' e dell''essente'. (..) Quell'essere che sta sotto la coscienza è la contraddizione tra forze produttive della società e rapporti di produzione; ma la coscienza non  rivela questa dilacerazione se non come dilacerazione della coscienza."

[Cfr. A.Broccoli, Marxismo ed educazione, Firenze 1978, pp. 190-199/200-203. Dello stesso autore cfr. il fondamentale Ideologia ed educazione, Firenze, 1974. Quest'ultimo testo parte da un assunto importantissimo: "La caratteristica del pensiero moderno è l'aspirazione alla creatività." (..) "Si tratterà di dimostrare che l'alienazione è la situazione storicamente prodotta e verificabile nella società borghese, e non una condizione eterna nella quale l'uomo è condannato a vivere.",
ivi, pp.7 e 20]

Per questo è necessario porre un telòs, una finalità strategica al processo didattico: l'apprendimento significativo, e/o per padronanza, l'autoapprendimento. Il discorso è dunque essenzialmente interdisciplinare, trasversale alle strutture logiche dei singoli saperi e alle modalità attuative delle loro trasmettibilità. Inerisce i tipi di apprendimento e in concreto i tipi di apprendimento scolastici. Il dis/velamento dell'apparenza fenomenologica, la capacità liberatrice di decodificazione del reale, l'opposizione dialettica all'estraneazione e all'alienazione, è possibile solo se viene raggiunto l'apprendimento significativo.
Per apprendimento significativo, deve dunque intendersi la modalità concreta con cui si scoprono i significati essenziali interni alla struttura logica disciplinare. L'apprendimento significativo è dunque dentro l'apprendimento per padronanza, il principale veicolo di autonomia del soggetto pensante e agente, il discente, che si trasforma in maestro di se stesso. Per apprendimento per padronanza deve intendersi la piena consapevolezza dei significati, dei livelli, dei contenuti, della logica disciplinare. L'autonomia conquistata è la liberazione del soggetto tramite la relazione e comunicazione sociale, tramite l'operatività creatrice, tramite l'astrazione logica e la generalizzazione: insomma la capacità di transfer. L'autoapprendimento è il massimo livello tipologico, che azzera una didattica endogena: autoapprendimento è apprendimento autonomo e non mono/apprendimento, è apprendimento che struttura una didattica interna al soggetto. Lo si conquista con il massimo dell'organizzazione possibile, con la metodologia della didattica, con l'apprendimento guidato, ponendolo come sua finalità necessaria; infatti, il processo didattico, in quanto 'processo', è sempre rapporto dinamico tra almeno due esperienze: quella del soggetto che sviluppa il proprio apprendimento, non sistematica e non differenziata, e la logica delle discipline, strutturata e storicamente determinata.  In questo senso, assume importanza decisiva la funzione mediatrice della comunicazione didattica, veicolo dell'autoapprendimento.

4. Mastery learning e processi cognitivi

Apprendimento significativo/apprendimento per padronanza/autoapprendimento, possono essere inseriti come scopi dalle tecniche di 'Mastery Learning', in connessione con il modello proposto da Ausubel (1975) e la tassonomia di Gagnè(1973).
Mastery Learning:

" si sta affermando   come una delle ' strategie' di insegnamento individualizzato più accreditate e adeguate, sia sul piano psicologico (è costruita nel rispetto delle capacità e dei ritmi individuali di ciascun allievo) sia sul piano pedagogico (per l'ottimalità delle prestazioni cognitive che è in grado di conseguire) il 'mastery' utilizza la formula dell'approccio collettivo all'istruzione individualizzata, sulla scia del principio che gli studenti imparano proprio collaborando tra loro; in  questa direzione il 'mastery' aspira a realizzare una situazione di insegnamento/apprendimento ideale, ottimale, razionale,  tale da poter porre tutti gli allievi nelle condizioni di padroneggiare quelle conoscenze e competenze culturali 'minime' che i singoli gradi scolastici pongono a obiettivo dei loro processi di istruzione.  Per conseguire detto traguardo, tale procedura didattica gioca su due piani: il primo, è quello del rispetto dei 'ritmi' e dei 'tempi' di assorbimento dei contenuti culturali da parte di ciascun allievo (per cui sono previste nel suo percorso didattico degli stop, delle verifiche e delle fasi di recupero); il secondo, è quello che impegna i docenti a pianificare la propria 'disciplina' mediante un rigoroso censimento dei contenuti  ' essenziali' e 'significanti'  che si intendono promuovere. Più in dettaglio, le fasi di scorrimento metodologico del mastery learning sono: a) la suddivisione della materia in unità didattiche; b) la previsione dei tempi complessivi necessari per ottenere una diffusa padronanza di tali unità; c) la determinazione degli obiettivi cognitivi che si intendono conquistare, attraverso l'utilizzazione di una scala tassonomiica ('tassonomia'); d) un'accurata predisposizione dei materiali didattici che contengono i contenuti informativi che si vogliono fare apprendere; e) la valutazione formativa, e cioè a dire un primo controllo in itinere (con tests  di misurazione di quanto appreso) delle competenze acquisite dopo la somministrazione di una porzione dell'unità didattica; f) fase di recupero: predisposizione di itinerari di apprendimento alternativi per quegli allievi che non hanno superato la prova della valutazione formativa. Alla fine della catena è prevista una prova conclusiva, detta sommativa, che integra, in un testo finale, il controllo delle performances che il discente ha incontrato e superato nelle fasi interne del mastery learning."

[Cfr. P.Bertolini: Dizionario di psico-socio-pedagogia, Mondadori, 1980, pp.126/127. Su tutto il tema del mastery learning si veda J.H.Block (a cura di): Mastery learning, Loescher, Torino, 1972]

C'è da specificare, proprio in considerazione del tempo didattico come variabile indipendente, che il rapporto fra suddivisione dei contenuti e unità di tempo è quello che intercorre tra gli elementi suddivisi e la lezione: unità didattica come porzione omogenea di contenuti ben definiti; frames come insieme di elementi di contenuto, autonomo ma non autosufficiente; items come singoli elementi di contenuto non più scomponibili. Per cui la lezione si struttura solo in base al tempo disponibile rispetto al tempo necessario, secondo lo schema:

Unità didattica:   n.° Lezione/i:

Frames         tempo necessario/
Items            tempo disponibile
 
 

Ulteriore specificazione riguarda la connessione tra tecniche di 'mastery' e insegnamento individualizzato/socializzato. Posto che un insegnamento individualizzato può attuarsi solo con un buon rapporto tra tempo didattico come variabile indipendente e numero di allievi, e cioè con un numero di allievi non molto elevato e un tempo sufficiente a garantire modifiche delle procedure metodologiche, ciò che rende probabile una più alta qualità nonchè efficacia dell'insegnamento, tecniche del 'mastery' vanno previste in 'team teaching', "organizzazione didattica che prevede una utilizzazione degli insegnanti di una stessa scuola o delle medesime classi di una scuola, diversa da quella consueta. Essa consiste in un complesso e variato lavoro di gruppo per il quale tutti gli insegnanti operano con tutti gli alunni utilizzando così al meglio le rispettive competenze, oppure ciascun insegnante opera con un gruppo di allievi (di solito distinti per livello) dopo che essi abbiano assistito ad una medesima lezione o proiezione."
[Cfr. P.Bertolini/G.Balduzzi: Manuale del docente - Impariamo ad insegnare, Bologna, 1990, pag.87]

Senza ortodossie procedurali, purchè il gruppo divenga reale risorsa dell'apprendimento del singolo, attraverso interazioni interdisciplinari ricche ed articolate.
La metodologia della didattica che si ponga il fine dell'apprendimento significativo, veicolo all'autoapprendimento come massima autonomia e creatività destrutturante dell'alienazione, non può porsi in funzione della successione dei contenuti (unità didattiche-frames-items), del loro rendersi 'adeguati' ai cicli-fasi dell'apprendimento, agli stili cognitivi mutevoli e cangianti a seconda delle discipline o degli argomenti, perchè ciò riprodurrebbe la 'retorica' dell'esemplificazione e della riduzione, che riesce a rendere il complesso incomprensibile e non semplice il complesso. Le strategie vanno pianificate innanzitutto in funzione dei tipi di apprendimento (loro tipologia e grado qualitativo) e in rapporto ad una scala tassonomica che si organizza in base alla stessa attività didattica produttrice di determinate modalità apprenditive graduali.
I tipi di apprendimento scolastico distinti da Ausubel
[Cfr. Ausubel D.P.: Educazione e processi cognitivi, tr.it. Angeli, Milano, 1978]

possono costituire una classificazione in funzione della qualità del processo didattico da attivare:
- apprendimento meccanico per ricezione,
come tipo di apprendimento di livello iniziale (per i cicli-fasi o carenza di pre/requisiti), comunque basato sulla memorizzazione in quanto tecnica temporanea di ritenzione non significativa;
- apprendimento meccanico per scoperta,
come tipo di apprendimento di livello medio-basso, basato sull'intuizione temporanea con scarsa astrazione logica e generalizzazione;
- apprendimento significativo per ricezione,
come tipo di apprendimento medio-alto, che garantisce la padronanza di significati essenziali, ha un buon grado di generalizzazione, ma ritenzione temporanea;
- apprendimento significativo per scoperta,
come tipo di apprendimento alto, veicolo di autoapprendimento, che garantisce ritenzione non temporanea e transfer.
Le modalità apprenditive nella struttura cognitiva sono guidate dalle strategie didattiche finalizzate ai tipi di apprendimento: così la differenziazione progressiva, il procedere dal semplice al complesso per via analitica, l'esemplificazione e riduzione per diminuire la resistenza all'apprendimento, la coerenza interna per abbassare lo spettro di incongruità versatile e polifunzionale del nuovo materiale da apprendere, trovano un itinerario proprio in virtù dei livelli qualitativi e non della struttura logica disciplinare o della sua mera 'adeguazione'. La scala tassonomica di R.Gagnè struttura questi livelli e stabilisce la classificazione come successione graduale di pre/requisiti. Il più alto livello, dunque, non può non essere il problem-solving:
- apprendimento di segnali,
in cui è prevalente la risposta genetica e non di condizionamento operante;
- apprendimento stimolo-risposta, concatenazione, associazione verbale,
in cui diventa sempre più consistente l'intervento dei fattori condizionanti esterni fino all'apprendimento di tecniche specifiche come i codici linguistici e i rapporti significanti-significati;
- apprendimento di discriminazioni, di concetti, di regole,
in cui cresce la progressività complessa dell'astrazione generalizzante fino alla strutturazione regolativa delle condotte;
- apprendimento problem-solving,
in cui non solo l'impostazione corretta, ma la risoluzione dei problemi sollecita continuamente la creatività operante dell'intelligenza, come capacità di 'leggere dentro' i fenomeni e le cose, i concetti e l'apparenza, entro cui e per cui, con un significato molto più largo di quello psicologico e/o pedagogico si raggiunge la liberazione come scelta dei dati per l'interpretazione del reale.

7. Contro il formalismo

 Il pensiero è dunque scissione, rottura, conflittualità, frutto di dialogo e discussione critica , per questo, autentica riflessione conoscitiva. E' un destino di 'sofferenza e dolore', che richiede sforzo costante, impegno, assiduità, metodo, 'dolore della conoscenza', come già rilevava Giordano Bruno, secondo il quale "chi acquista sapere, acquista conoscenza". Dunque produce crisi, ma crisi produttiva, creativa. Il pensare costa fatica, deve rimuovere certezze, sicurezze apparenti, forti sedimentazioni. Deve collocarci in una condizione di ricerca aperta, precaria, problematica, mai garantita da articoli di fede autoritativi: "Ricerca affascinante proprio perchè perennemente aperta. Aperta non solo allo scacco, ma alla possibilità di un approfondimento inesauribile, perchè il pensare cambia e modifica profondamente il nostro rapporto con le idee (e con il mondo)."
Naturalmente lo sforzo cognitivo, a cui ogni strategia didattica volta all'autoapprendimento (=autonomia dell'apprendimento/scoperta apprenditiva nella propria struttura) deve riferirsi, è in rapporto con la spinta motivazionale propria di ogni soggetto e che ogni soggetto matura in tempi non preordinati. Quello che si definisce 'disponibilità all'apprendimento', non è un dono, ma il risultato di rinforzi appropriati. Il successo dello sforzo cognitivo, porta alla ripetizione della catena di eventi che ha condotto al risultato positivo. Una strategia didattica finalizzata all'insegnamento individuale e non individualizzato, non risolve le aporie, contraddizioni e lacune presenti nel rapporto tra nuovo materiale da apprendere e propria struttura cognitiva, proprio stile cognitivo. Conviene dunque ricordare cosa si intenda per lavoro didattico individualizzato e il principio didattico del tempo riferito al ritmo di apprendimento:

Insegnamento individualizzato

"Noi distinguiamo il lavoro individuale o personale da quello individualizzato. Il lavoro individuale è (..) un lavoro imposto: a tutti il medesimo compito, qualunque sia il livello di intelligenza, il grado di comprensione, lo sviluppo delle attitudini, il ritmo dell'attività. Il lavoro individualizzato, (.), è tutt'altra cosa. Si tratta di un lavoro accomodato ad ogni individuo, preparato per lui, perchè è parso necessario farglielo eseguire in determinate condizioni. Il lavoro individualizzato non consiste per noi nel far eseguire individualmente il medesimo compito a tutti, ma nello scegliere per ognuno quello che più gli conviene."

Tempo/ritmo di apprendimento

La velocità di apprendimento dell'allievo non è costante, ma è variabile, sia della spinta motivazionale, sia delle strategie didattiche volte, tramite il lavoro didattico individualizzato, al recupero del tempo medio (tempo disponibile/tempo necessario), considerando l'apprendimento come "processo", sviluppo graduale non lineare di formazione/modellamento continuo della struttura cognitiva.

Questi due principi didattici sono alla base della scelta strategica di non abbandonare mai l'allievo a se stesso: una semplice lacuna, con lavoro didattico appropriato, può essere superata e, se all'origine del rallentamento apprenditivo, la sua eliminazione porterà al recupero di ciò che abbiamo indicato con 'tempo medio'. D'altra parte, anche se si sarà in presenza di uno scarto tra ritmo reale individuale di apprendimento e 'tempo medio', risultante, come si sa, del rapporto con la tirannica variabile del tempo effettivamente disponibile per la programmazione di unità didattiche, frames ed items, la strategia didattica avrà quantomeno assicurato il risultato di fornire pre-requisiti all'apprendimento successivo. Molto conta la 'disponibilità ad apprendere' e, per questa, la rilevanza di fattori non cognitivi, ma socio-affettivi, di natura relazionale e psicologica: processo evidente nell'età evolutiva, processo fenomenologicamente meno evidente ma addirittura più complesso, nell'età adulta. L'apprendimento è sempre "mediato dal mondo interno del soggetto che apprende", non è possibile dunque escludere la dimensione emotiva che determina la qualità e il tipo di incontro con le conoscenze esterne e chi è preposto a trametterle. Il 'dolore della conoscenza', riferito ai processi che mettono in attività i fattori cognitivi, può essere letto anche in chiave psicoanalitica come 'dolore mentale', condizione di un apprendimento significativo: la sofferenza mentale è "l'insieme di frustrazioni, ansie e problemi vari di cui la vita è prodiga con chiunque" e un corretto apprendimento non cancella nè dimentica ma dà "la possibilità/capacità di modulare e tollerare"  secondo una prassi che è assai distante dalle procedure normalmente seguite dal docente che cerca di evitare o diminuire la sofferenza. Per imparare ad apprendere, dunque, è necessario, socraticamente, 'conoscere se stessi'.
C'è chi ha proposto un vero e proprio 'ciclo emozionale' dell'apprendimento, proprio per integrare a pieno titolo la dimensione psicologica allo sviluppo dell'apprendimento. Avremo così il seguente ciclo:

1. ATTESA è desiderio, motivazione, tensione verso qualcosa (propedeutici al set della concentrazione, attenzione come direzione verso ed esclusione delle interferenze esterne);
2. SORPRESA è momento dell'incontro con il nuovo e predisposizione a stupirsi per accoglierlo;
3. SEDUZIONE è sospensione della temporalità, abbandono temporaneo, immersione totale nel sapere, immedesimazione;
4. DISTACCO è condizione di risveglio dallo stato di identificazione proprio dell'apprendimento seduttivo (che è sempre temporaneo, in quanto stimolatore di capacità critiche e non di 'adeguazione').

[Sul ciclo emozionale descritto, cfr. D.Demetrio: L'educazione nella vita adulta, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1995 e, sullo stesso argomento, P.Mottana: Formazione e affetti. I contributi della psicoanalisi allo studio e alla elaborazione dei processi di apprendimento, Armando, Roma, 1993. Secondo D.Demetrio "L'uso didattico del ciclo emozionale può aiutare a ritrovare in talune vicende fondamentali della vita quelle variazioni emozionali che costellano un tragitto conoscitivo. (..) Si tratta di pensare a una formazione che sappia maggiormente 'iniziare' alla vita progettando apprendimenti che soltanto se sperimentati come emozioni si renderanno duraturi nel tempo.", cfr. Insegnare con le emozioni, in Res n.10/95, pag.12]

In definitiva, anche questo è la dimostrazione che le strategie didattiche non possono essere tecniche neutre applicabili nonostante le variabili intervenienti. La flessibilità è il contrassegno di ogni strategia didattica che si ponga l'obiettivo finale dell'autoapprendimento, come formazione alla liberazione e alla creatività. Che è sempre l'obiettivo massimo di ogni metodologia applicativa nel processo didattico, 'processo' proprio perchè 'sviluppo graduale non lineare', che presenta sforzi, contraddizioni, aporie, soggettività nell'elaborazione. Soggettività che deve incontrarsi (come accade nella sesta classe degli obiettivi educativi proposta da B.Bloom, 'valutazione')  con l'oggettività di ciò che è fuori il soggetto, per essere compresa, analizzata, decodificata, trasformata.
Le strategie didattiche, al plurale, devono distanziarsi dalla logica schematica dei dottrinari formalisti: lo stile stereotipato è tipico del metodo formalista, a cui va contrapposto lo stile vivo, proprio di una didattica attiva fondata sulla prassi e sulla dialettica. Il formalista classifica le cose a seconda della loro apparenza esterna, non della struttura interna e delle connessioni relative, si limita ad enumerare i fenomeni seguendo un ordine fittizio e artificiale, tassonomico nel senso solo di 'classificazione a priori', anzichè promuovere la riflessione indipendente e originale sui problemi, che vanno sottoposti ad un'analisi sistematica e minuziosa capace di mettere in evidenza i nessi interni delle cose e dei concetti con cui le cose si pensano, affichè si possa interagire per la loro trasformazione, secondo valori maturati individualmente ma nel fuoco della socializzazione e dell'aggregato collettivo, quello che fa la storia pur essendo agito dalle circostanze, a chiarire la contraddizione interna di una cosa e le condizioni necessarie per la sua soluzione. Il formalista non può che essere un dogmatico e formare al dogmatismo, che non è fissazione di concetti, ma loro impermeabilità alla prassi. Il formalista userà sempre una comunicazione assertiva di tipo perentorio e unilaterale, procederà, gradualmente, nelle sue deduzioni, attraverso enunciazioni apodittiche, prive di ogni argomentazione o dimostrazione razionale.
La logica formale è la forma del ragionamento sillogistico. La logica delle cose è la contraddizione viva della prassi.

In sintesi, per chi si impegna nell'istruzione programmata, per chi vuol favorire la creatività e non la subordinazione del pensiero e dell'azione, per chi auspica la formazione continua degli insegnanti e l'educazione permanente, è necessario credere, come è stato scritto da M.Mazzotta:

"1) alla necessità di progettare accuratamente l'intervento didattico: definire gli strumenti per la verifica delle condizioni di partenza degli alunni, osservare e misurare i comportamenti cognitivi e le caratteristiche affettive d'ingresso (Bloom, 1976); definire gli obiettivi didattici in termini di comportamento (Skinner, 1959); sugli obiettivi costruire le prove oggettive di verifica per la misurazione del risultato; scegliere i contenuti in base agli obiettivi e dividere il materiale di apprendimento in sequenze; definire gli obiettivi intermedi e immediati e su questi costruire le prove oggettive di verifica, e le altre analoghe dopo un eventuale intervento di recupero, e le une e le altre per essere usate in funzione formativa (Scriven, 1967; Airasian, 1971; Carrol, 1970); approntare il materiale di recupero e gli strumenti per l'intervento;

2) (..) al training nella formazione degli insegnanti, perchè veramente chi è alla guida di una classe possa 'comportarsi' in maniera stimolante e rinforzante non solo ai fini dell'apprendimento da parte dei soggetti-alunni (..) ma anche ai fini dell'apprendimento, da parte degli stessi soggetti, di un comportamento creativo(..)"

[Cfr. M.Mazzotta: Come organizzare la lezione - Schemi modello di lezione collettiva e di comportamento docente, Giunti e Lisciani, 1987 (II ed.), pag.12. Per training può intendersi sia "allenamento" sia "altre volte significa l'insieme degli insegnamenti pratici e degli esercizi fatti compiere da un alunno perchè completi la sua preparazione e il suo addestramento: in questo senso sta anche per tirocinio", cfr. Bertolini, op.cit., pag.211. Nel nostro caso, 'training' va inteso come prassi educativa costante da parte degli operatori dell'istruzione, sia in sede di comunicazione didattica programmata, sia in sede di formazione nella quale si verificano le progettazioni e se ne mettono a punto delle nuove]

Le strategie didattiche, che finalizzeranno ogni metodo alla liberazione e alla creatività, saranno le strategie che efficacemente condurrano alla tappa più importante della conoscenza: l'autonomia creativa. Dunque, insegnare ad apprendere per imparare ad imparare.
 

Informazioni  a:
dubladidattica@tin.it

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