dal gruppo seminariale su: 

 Progettazione didattica e piani nella metodologia dell'attivismo storico

Questo manuale/dispensa è frutto di appunti e di ricerche sull'approfondimento della progettazione didattica dell'attivismo storico in pedagogia e dell'educazione detta "progressiva" statunitense (Kilpatrick (1861/1965), Parkrhust e il piano Dalton, Wasburne e l'esperienza di Winnetka) 
          relatore per il gruppo:
 LOPERFIDO Francesco
(corso I.MRS, novembre 2002)

coordinamento: prof. F.Dubla

copyright riservato 


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SOMMARIO (pagine a stampa)

 

PREFAZIONE                                                      

LA SCUOLA DI DEWEY                                       

CHI E' WILLIAM HEARD KILPATRICK                      

L'UMANITA' ASSOCIATA NEL PROGRESSO E NELL'EDUCAZIONE                                                    

INDUSTRIALISMO SCIENZA ED EDUCAZIONE      

IL LIMITE DELL'OTTIMISMO                             

I CARATTERI DELLA SCUOLA ATTIVA             

L'IDEALE ALESSANDRINO E L'IDEALE MODERNO DELL'EDUCAZIONE                                                  

L'EDUCAZIONE IN 7 PUNTI                               

HELEN PARKHURST E IL DALTON PLAN               

Carleton Woley Washburne                               

BIBLIOGRAFIA                                                     


paragrafo su:

L'IDEALE ALESSANDRINO E L'IDEALE MODERNO DELL'EDUCAZIONE  

L'educazione alessandrina consisteva nell'acquisto di una conoscenza formulata da libri e lezioni e che la prova del successo stava nel superamento degli esami consistenti nella ripetizione fedele di ciò che era stato prima assegnato per essere imparato.

Questa posizione fa dell'uomo una creatura meramente intellettuale trascurando il fondamento emotivo e attivo del pensiero.

La scuola moderna invece afferma che la vita ed il carattere sono gli elementi integranti dell'educazione perché secondo il K. si impara quello che si vive. Quell'azione e quel comportamento si fissano nella mente e ne sorge il concetto.

Quanto più è intensa la partecipazione totale dell'individuo a quello che fa, tanto più egli è capace di imparare specialmente perché ad una esperienza di pensiero va unita una esperienza emotiva, così tutta la personalità si forma insieme e sempre.

Il K. insiste inoltre che l'atto dell'apprendere non è mai isolato come non è mai isolato l'atto vitale.

"L'insegnante coscienzioso", afferma il K. deve sempre avere presenti gli atteggiamenti concomitanti che vengono così prodotti, perchè è dal "cuore che scaturiscono i problemi della vita."

Quindi la scuola non deve atteggiarsi come luogo dove avvengono solo esperienze vitali o solo la trasmissione di un sapere accumulato dagli avi, ma deve anche porre ogni cura affinché ogni  insegnamento si inserisca nel processo di sviluppo al quale l'alunno è arrivato e scaturisca dall'interesse dell'alunno stesso; dove l'autorità degli insegnanti non si sovrapponga mai all'iniziativa degli alunni; dove la classe intera si senta impegnata; dove lo svolgimento della materia di studio sia affrontata tenendo sempre presente i problemi individuali dell'alunno come persona perché l'allievo impara quando si sente sicuro e la sua personalità è ambientata.

Infine l'insegnante deve porre a guida del suo lavoro un insieme di valori in modo da aiutare i suoi alunni a imparare attraverso la loro vita attuale  e rendere la loro vita successiva capace di svilupparsi con la maggiore possibile continuità, ricchezza, efficacia e bellezza.

Partendo dal principio che l'alunno apprende quello che vive non ci dovrà essere alcun programma (è la stessa vita attuale) prestabilito, tanto che due classi non avranno mai lo stesso programma, proprio perché le esperienze vitali sono diverse e gli alunni non possono avere mai le stesse esperienze, le stesse inclinazioni e gli stessi interessi. Non deve esserci nella scuola nessuna ora speciale fissata per una determinata materia. Gli alunni debbono essere collocati la dove essi possono imparare meglio insieme.Saranno  abolite le pagelle e gli esami, che creano solo antagonismo fra gli alunni, gli insegnante e i genitori. Se i genitori dubitano che questo sia vero dice il K. "che emettano essi delle pagelle mensili l'uno dell'altro, il marito verso la moglie e la moglie verso il marito. Non si potrebbe immaginare una maniera più rapida e sicura per mandare all'aria una famiglia."

La scuola elementare deve essere completamente fondata sopra una base di "attività" (il così detto "projet method" che analizzeremo in seguito) e l'insegnante aiuterà gli  alunni a scegliere e a condurre avanti le loro attività. Il programma sarà costituito non da materie, ma da "esperienze di vita" che non possono essere predeterminate.

La scuola secondaria dovrà mirare a due scopi,  a fornire un'educazione generale e ad avviare alla specializzazione. Il K. ritiene che essa possa fare ciò nel miglio modo dedicando nelle varie classi una quantità crescente di tempo alla specializzazione. Nei primi anni il tempo dedicato a questa deve essere di gran lunga inferiore a quello dedicato alla cultura generale fino a raggiungere la parità con essa nell'ultimo anno della scuola secondaria.

Il K. insiste come nessun altro tra i maggiori esponenti della scuola del Dewey sul carattere attivo della scuola e sulla sua parte essenziale nella formazione del carattere e della personalità degli alunni.

Egli ritiene che lo scopo ultimo della scuola sia quello di avviare gli alunni a vivere una "vita buona", una vita di valori e di autocontrollo. Ma egli sa che il cammino verso questo possesso dell'autonomia è lungo e difficile. Perciò egli sostiene che l'autogoverno degli studenti deve essere graduato secondo l'età e lo sviluppo loro.

Reagendo a certe forme puramente esteriori di realizzazione dell'ideale della scuola attiva e democratica, egli insiste sul concetto che "la responsabilità e la considerazione per il bene comune che sono così essenziali alla democrazia possono essere creati soltanto nella misura in cui sono vissuti".

Perciò gli insegnanti non devono confondere le forme esteriori con la vita effettiva. "I bambini piccoli non sono pronti per una effettiva vita di democrazia, per i sistemi formali parlamentari o per un governo formale".

Esperimenti di autogoverno possono iniziarsi nella scuola media e soprattutto gli studenti della scuola media superiore potranno avvantaggiarsi di essi. Tuttavia tale autogoverno non può essere completato neppure all'ora. E "insegnanti e alunni devono intendersi pienamente sui limiti di controllo concessi agli studenti".

Tra gli esponenti dell'indirizzo sociale promosso dal Dewey, spetta al K. un posto speciale come all'educatore e al pedagogista che meno di ogni altro si è lasciato distrarre dai problemi della scuola. Egli è stato essenzialmente un educatore sollecito delle sorti del fanciullo, dello studente e della scuola. In lui trovano piena espressione le due esigenze fondamentali dell'indirizzo dell'educazione nuova: che la scuola miri al tempo stesso a promuovere il pieno sviluppo della personalità di ciascuno alunno mediante un sistema di educazione massimamente individualizzata e a sviluppare un'etica sociale che ponga lo sviluppo di ciascuno in intimo e inscindibile rapporto con lo sviluppo di ogni altro. La teoria dell'apprendimento sviluppata dal K. sostiene dunque: « 1) che il comportamento è tipicamente una parte essenziale del processo dell'imparare; 2) che quest'ultimo realizza i suoi migliori progressi, e forse anche i soli, in una situazione di concreta vita vissuta; 3) che l'apprendimento deriva dalla condotta, non dalla semplice ripetizione delle parole . . .; 4) che la prima applicazione di quel che si è appreso si verifica normalmente nella stessa esperienza in cui ha luogo l'apprendere, nel fatto che l'apprendimento interviene normalmente per dirigere il corso in avanti di questa esperienza ». Allo stesso punto il K. crede di poter ridurre ai due seguenti i principi dell'apprendimento: 1) «Apprendiamo ciò che viviamo e ciò che accettiamo; e l'efficacia di ogni nostro apprendimento dipende dall'intensità con la quale accettiamo ogni cosa che viviamo e accettiamo ». 2) « Apprendiamo le nostre reazioni, solo le nostre reazioni e tutte le nostre reazioni; le apprendiamo accettando di viverle e con un'efficacia pari all'intensità con cui le accettiamo e le viviamo »(vedi allegato 3). L'impegno vitale determina dunque l'efficacia dell'apprendimento e ne segna i confini. Ne segue spontaneo il criterio di scelta dei contenuti scolastici dell'apprendimento e l'indicazione del loro valore educativo. Così come evidenti risultano i suoi presupposti organici e la sua subordinazione all'interesse, che va perennemente affinato ed accresciuto dietro la spinta delle situazioni reali.

Sul problema del metodo Kilpatrick assume le stesse posizioni, del Dewey. La civiltà pedagogica occidentale viene posta sotto accusa per il suo ricorso al modello metodico alessandrino. Citando E. Ross egli scrive: « Per una società piramidale la più sicura, la migliore educazione è quella che dissipa le energie della gioventù nella ginnastica mentale, che dirige lo sguardo al passato, che coltiva la memoria anziché la ragione, che dà grazia piuttosto che forza, che incoraggia l'acquiescenza piuttosto che la ricerca, ed insegna a far versi piuttosto che a pensare ». La situazione attuale americana, ribadisce K., esige che ci liberiamo degli influssi negativi del metodo occidentale ed affrontiamo il problema della fondazione di un metodo della ricerca più consono alla nuova e migliore ~loso~a della vita. Il nuovo insegnamento, la sua funzione i suoi procedimenti devono esser tali da rifuggire dall'addottrinamento e dalle sue negative conseguenze. Un moderno insegnamento deve aiutare l'alunno: « a) ad iniziare l'attività (a formare e scegliere i propri propositi); b) a stabilire un piano sul modo in cui proseguire l'attività; c) a dare esecuzione al piano; d) a valutare i progressi compiuti nel corso dell'attività ed i risultati finali. Nel corso di questa azione l'insegnante inoltre; e) incoraggerà gli allievi a pensare alle, a prender nota delle, indicazioni e nuove direzioni dell'ulteriore lavoro da fare; f) li aiuterà a formulare meglio queste indicazioni sia per chiarire il loro pensiero sia per poter richiamare e possibilmente utilizzare più tardi queste indicazioni medesime (possibilmente prendendone nota scritta in un libro o in un registro in modo da potervi far riferimento in futuro); g) aiuterà il fanciullo a vagliare criticamente il proprio pensiero durante il corso del suo svolgimento, o alla fine, secondo quel che gli par meglio; e, finalmente h) ripercorrerà l'intero processo sia per scegliere e fissare i più importanti tipi di apprendimento in esso implicati, sia per trarre dai successi, come anche dagli insuccessi riportati, una serie di insegnamenti per il futuro »(vedi allegato 4). Su queste premesse si fonda il « Metodo dei progetti » espressione in uso già dal 1908 nell'insegnamento agricolo americano e da K. ripresa e lanciata nel 1918. Il suo scopo è quello di educare a pensare, poiché si pensa quando ci si propone un fine e si fanno dei progetti. Quattro sono i tipi di progetti che K. individua: 1) il « Producer's project »: è il momento dello scopo della produzione; 2) il « consumer's project »: lo scopo non è più produrre ma utilizzare in qualche modo la cosa prodotta; 3) il « problem project »: mira alla soluzione di un problema o al chiarimento di una difficoltà di tipo puramente intellettuale; 4) lo specific laerning project»: lo scopo è la perfezione di una tecnica (vedi allegato 5).

Il fine del metodo dei progetti è, secondo K., quello di determinare il campo pratico di esercizio dell'attività intellettuale e di far rivivere all'allievo le tappe del processo civile. Ma c'è chi vede nel metodo dei progetti un allargamento delle stesse prospettive deweyane. Scrive il Wynne: « Con un metodo concepito in modo tanto ampio da comprendere e da reinterpretare tutti procedimenti e le tecniche generali, viene anche ad allargarsi in modo notevole la comprensione delle implicazioni pratiche della teoria dello sviluppo e della ricostruzione dell'esperienza definita dal Dewey. Molti sono coloro che hanno di fatti considerato il « metodo dei progetti » non come un semplice mezzo o una tecnica collegata ad altri mezzi e tecniche, ma come una serie di principi d'applicazione generale; e uguale estensione ha avuto l'idea del metodo di applicarsi in modo da comprendere tutti gli aspetti dell'esperienza e dà sollecitare l'« apprendimento simultaneo ». Lo stesso Wynne fa notare che l'ultimo K. al carattere prevalentemente psicologico della primitiva formulazione del metodo ha aggiunto, se non sostituito, quello etico, inserendo nella tecnica dell'insegnamento « i valori che costituiscono l'esistenza degna d'esser vissuta e i tratti del carattere democratico ». Siamo perfettamente d'accordo. E ben più vasto difatti lo spirito della Phylosophy of Education di quello della Foundations of Method. Le nostre riserve sono invece di ben altra natura. Col secondo K. il « Projets Method » viene non allargato, ma semplicemente superato. Non si vede di fatti come sia possibile una tecnica di progettazione dei valori senza che questi stessi decadano. Se per la ricostruzione di un certo tipo di esperienza può accettarsi una qualche programmazione, questa non è possibile ove si tratti della creazione (che non è ricreazione) dei valori spirituali. Quando K. stabilisce a priori una « mappa axiologica » dei valori cui educare l'alunno ricade nelle teorie trascendentiste tanto vivacemente da lui criticate. Se i valori sono tali in quanto solo dalla vita nel suo improgettabile ritmo possono emergere.

Lo scopo ultimo del progetto, senza il quale nulla, nemmeno lo scrivere e il far di conto, s'apprende. Ora l'interesse è ricco e mutevole, e non si vede perciò come i progetti possano essere a priori determinati e limitati. C'è evidentemente una contraddizione, tanto più che affinché il fanciullo possa costruirsi il proprio ordine logico sotto la guida del maestro, come K. desidera, non è necessario gli si delimiti il campo delle idee da organizzare, che sarebbe una costrizione, ma la sua libera ed aperta inventività saggiamente si guidi. Insomma: l'idea di progetto in sé può pure, fino ad un certo punto, apparirci giustificata. E la determinazione dei progetti che ne tradisce lo spirito.

Dopo queste osservazioni che riguardano l'educazione in generale K. si sofferma sull'educazione del « college », il cui corso di studi egli distingue in quattro settori, ciascuno con finalità sue proprie: « 1) il lavoro fondamentale o generale, che mira all'educazione generale, comprensiva o comune per tutti; 2) il lavoro professionale la diretta educazione professionale e la preparazione pre-professionale per gli studi ulteriori di medicina, di legge, di ingegneria é simili; 3) gli interessi speciali, di solito non professionali, come la letteratura o la musica o l'arte o l'economia, normalmente una specializzazione nelle materie comprese più genericamente sotto il numero 1); 4) il lavoro sperimentale obbligatorio per tutti, ma adattato a ciascuno » (vedi allegato 6).

Per quanto concerne il governo e l'amministrazione della scuola sono i seguenti i problemi che egli ritiene riguardino direttamente gli insegnanti: il numero degli alunni, che ritiene non debba essere inferiore a venti e non superiore a trenta per le scuole primarie e secondarie e minore nelle scuole preparatorie; la formazione del corso di studi, che riguarda l'intero consiglio direttivo della scuola, ma non tanto da impedire la libertà e l'iniziativa del singolo insegnante; la preparazione della mappa dei valori scolastici, di cui s'è sopra accennato; il registro individuale che va continuamente aggiornato; i rapporti coi familiari, che non devono ridursi, come una volta, alla semplice comunicazione dei risultati degli esami, ma devono fondarsi su una « politica di fiducia reciproca e di conversazioni adeguate » non sempre agevole, ma da considerarsi come la « meta desiderabile in direzione della quale occorre lavorare»; i voti, cui non deve darsi alcuna importanza in una scuola ove la preoccupazione vera sia la vita; gli albi d'onore ed i premi, che bisogna bandire come stimolo all'ipocrisia, all'arrivismo ed alla frode; la promozione infine che in una vera scuola è un concetto che va abbandonato: « Se qualche lettore si sente turbato all'idea di dover abbandonare il concetto di promozione chieda a se stesso che significato ha la promozione per i ragazzi che ancora non vanno a scuola. Questo bambino di due anni, per esempio, deve essere promosso al terzo anno oppure rimandato di un anno? Che cosa farebbe la madre di diverso da quello che fa, se decidesse di promuovere o no il bambino? Si vede subito quanto queste questioni siano assurde. Non è chiaro che, quando l'educazione è posta sulla base del vivere, la promozione cessa senz'altro di avere un qualsiasi significato apprezzabile? ». Il K. si sofferma anche sui problemi dell'amministrazione e sulla necessità di una adeguata preparazione dei dirigenti, sulla formazione del carattere, che « non è innato, ma è sviluppato individualmente», sull'adattamento emotivo e l'educazione, sull'estetica nella vita e nell'educazione (c'è una estetica aristocratica ed una... democratica!...). Ma bastino questi accenni. Ci preme concludere.

Chi legga alcune critiche (come quelle, del resto impersonali, del Dottrens) mosse al K., troverà messo l'accento sui pericoli di un programma « che dà ai capricci dei fanciulli la precedenza su una intelligente direzione degli spiriti». La Russia, che col metodo dei complessi, diffuso nelle scuole politecnicizzate, aveva in qualche modo adottato il metodo dei progetto « ha tuttavia rinunciato ai progetti che non hanno evidenti significati pratici ed alla troppo grande libertà lasciata ai fanciulli nella scelta dei soggetti » « aarté trompeuse que celle des paroles! » Sembra qui accusato K. d'aver lasciato agli allievi una libertà di cui noi abbiamo invece avvertito la sostanziale mancanza. Come mai questa contraddittoria interpretazione? Si risolve ove si precisino il campo e la direzione della libertà. Questa può riferirsi o alla scelta dei soggetti nell'ambito della progettazione o alla stessa progettazione. Noi la determinazione a priori dei progetti abbiamo contestato: essi vengono a prestabilire un'area di movimento spirituale che riteniamo non possa essere delimitata senza coartare il processo e soffocare il vasto rèspiro della ricerca. Per il resto non ci sembra che K. abbandoni il fanciullo ai suoi capricci. Egli prevede, e come, la guida intelligente dell'insegnante e stabilisce, in questo modo, un equilibrato rapporto autorità-libertà. Che poi nella pratica ciò non si realizzi non è certo colpa del K.: di certi suoi seguaci, semmai, che a lui stanno come gli Herbartisti ad Herbart ed i Froebeliani a Froebel: figliolanza di modesta levatura che avvilisce a morto metodo ciò che era nato come non schematizzabile istanza.


Bibliografia del seminario

G. Treccani, Dizionario Enciclopedico Italiano, Roma, 2000.

L. Borghi, John Dewey e il pensiero pedagogico contemporaneo negli Stati Uniti, La Nuova Italia,1951

Internet, http://www.arifs.it/internaz.htm

Internet, http://helios.unive.it/~corc_sis/pedagogia/ doc/09.doc

 

 

 

Informazioni  a:
dubladidattica@tin.it

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