Jean Piaget:

psicologo svizzero (Neuchâtel 1896-Ginevra 1980).

Studiò scienze naturali all'Università di Neuchâtel, laureandosi nel 1918. Si dedicò in
seguito, sotto la guida di E. Claparède, a studi di psicologia dell'infanzia,
perfezionandosi a Ginevra e a Parigi.  Nel 1922 divenne professore di
psicologia dell'età evolutiva dell'Istituto J.-J. Rousseau fondato a
Ginevra da Claparède e nel 1940 ne fu nominato direttore. Nel 1955
creò, sempre a Ginevra, il Centro Internazionale d'Epistemologia
Genetica. Le ricerche di P. si sono rivolte soprattutto alla psicologia
dell'età evolutiva, e in particolare allo sviluppo dell'intelligenza, descritta
nelle sue varie operazioni nell'intero arco dello sviluppo intellettuale, dalla
nascita all'adolescenza. Egli critica sia le impostazioni di tipo
associazionista (che definisce “genesi senza struttura”), sia quelle di tipo
gestaltista (“struttura senza genesi”). Secondo P., il bambino attraversa
una serie di fasi evolutive e ogni fase ha una sua strutturazione che la
rende qualitativamente, e non solo quantitativamente, diversa da quella 
precedente. La prima fase (divisa a sua volta in vari altri periodi) è quella
senso-motoria. L'intelligenza, infatti, si sviluppa secondo P. su una base
“pratica”, attraverso l'azione. All'inizio il bambino ha a disposizione solo
un corredo innato di riflessi, le sue percezioni non sono né coordinate
tra di loro, né coordinate alle azioni. Progressivamente si formano le
prime abitudini, le prime coordinazioni tra percezione e azione. Hanno in
questo grande importanza le cosiddette reazioni circolari, processi
particolari che fanno sì che il bambino compia delle azioni per il solo
piacere di compierle, e che quindi conducono a ripetere e perfezionare
certi schemi d'azione. Gli schemi d'azione progressivamente acquisiti
vengono perfezionati e interiorizzati, nella ricerca naturale da parte del
bambino di un adattamento all'ambiente, adattamento inteso in termini di
equilibrio attivo e che si compone di due processi in stretta
interdipendenza tra di loro: l'assimilazione (l'incorporazione, cioè, nei
propri schemi mentali delle offerte dell'ambiente) e l'accomodamento (la
modificazione, cioè, del comportamento sulla base delle richieste
ambientali). Gli schemi d'azione interiorizzati sono ancora irreversibili: il
bambino, cioè, è incapace di formare nozioni complesse utilizzando il
pensiero simultaneo di due o più fasi di un evento o di due o più fasi
dell'esplorazione percettiva di un oggetto. Il possesso di schemi d'azione
interiorizzati reversibili segna l'ingresso nella fase dell'intelligenza
operatoria concreta dalla fase dell'intuizione: intelligenza operatoria in
quanto gli schemi d'azione reversibili, strutturati in relazioni logiche dette
raggruppamenti, costituiscono per P. le operazioni mentali. Si parla di
operazioni concrete perché il punto di partenza è sempre costituito dalla
realtà su cui direttamente si opera. A questa fase, che va da 6 a 11 anni
ca., segue quella delle operazioni astratte, che si ha con l'acquisizione
delle operazioni della logica. Estremamente importanti gli studi di P.
relativi alla nuova disciplina da lui chiamata epistemologia genetica, che
consiste nello studio del significato che hanno concetti quali spazio,
tempo, velocità, causalità, ecc., attraverso la loro acquisizione. Ancora
ricerche fondamentali sono state condotte da P. sulla rappresentazione,
sull'acquisizione del senso morale, sulla percezione, sui rapporti tra
logica e psicologia, sull'animismo e sul linguaggio infantili. La sua
influenza sugli studi di psicologia dell'età evolutiva è stata ed è tuttora
molto importante; le sue opere, inoltre, hanno dato un rilevante apporto
alla formazione del neo-behaviorismo (v. behaviorismo). Fra le sue
opere: Le langage et la pensée chez l'enfant (1923), La représentation
du monde chez l'enfant (1926), La naissance de l'intelligence chez l'enfant
(1936), Introduction à l'épistémologie génétique (1950), La genèse
des structures logiques élémentaires (1960), Sagesse et illusions de
la philosophie (1965), Où va l'éducation (1973).

Bibliografia
N. Filograsso, L'evoluzione del pensiero logico di Jean Piaget, Urbino, 1967;
J. Flavell, La mente dalla nascita all'adolescenza nel pensiero di Jean
Piaget, Roma, 1971; D. Elkind, J. Flavell, Jean Piaget e lo
sviluppo cognitivo, Roma, 1972;
R. Droz, M. Rahmy, Guida alla lettura
di Piaget, Firenze, 1974; D. G. Boyle, Guida a Piaget, Firenze, 1975;
S. Borella, Il mentale tra eredità e cultura, Milano, 1991.
  

LO STRUTTURALISMO DIALETTICO DI J. PIAGET

Una ricostruzione dell’affermarsi della prospettiva strutturale in ogni settore del sapere tra gli anni Cinquanta e Sessanta si ha in un libro di Jean Piaget del 1968, Lo strutturalismo. Piaget mostra la progressiva penetrazione  dell’idea di struttura in ambito linguistico, psicologico, matematico, nelle scienze umane e sociali, e fissa i caratteri di innovazione portata dallo strutturalismo in filosofia. Tali caratteri sono riducibile a tre:

a)    il rilievo dell’idea di totalità (lo strutturalismo si oppone all’ <atomismo> della prospettiva analitica ed empiristica, alla visione del lavoro teorico come scomposizione in- e composizione di- elementi isolati, siano essi proposizioni o “dati” empirici);

b)    l’idea di una dinamica oggettiva delle configurazioni teoriche (le strutture sono entità che si sviluppano e mutano, pur mantenendosi nei propri confini: le strutture sociali, per esempio, sono totalità dinamiche);

c)     l’idea di autoregolazione (le strutture mutano in base a principi propri, non richiedono l’intervento  di una forza o di un elemento esterni).

Va subito ricordato che dal punto di vista degli strutturalisti più conseguenti – tanto in Levi-Strauss, quanto in Piaget – la struttura non è un ordine oggettivo, qualcosa di positivamente riscontrabile nella realtà, ma piuttosto il modo in cui guardiamo, studiamo, osserviamo la realtà. E’ cioè un a priori, la condizione per rilevare nelle cose regolarità e discontinuità, connessioni e differenze. Tuttavia, come si vede valutando i “tre principi” di Piaget, “l’oggetto filosofico”  scelto dalla prospettiva strutturale è piuttosto simile al concetto hegeliano, cioè una forma-in-movimento, caratterizzata da un interno principio propulsore. Se la novità dello storicismo e del neokantismo rispetto alla filosofia trascendentale Kantiana era l’apertura del trascendentale alle dimensioni della storia e della cultura, la novità dello strutturalismo è in certo modo un’interpretazione liberalizzata, “matematica”, della dialettica idealistica [il legame tra strutturalismo e hegelismo appare chiaro nell’ultimo sviluppo dello strutturalismo matematico, la teoria delle categorie di F. William Lawvere, che apertamente si richiama alla dialettica hegeliana] , che finisce per includere in tale liberalizzazione non soltanto le scienze esatte, ma anche le scienze della natura (il punto di vista di Piaget si forma nello studio dei fondamenti della biologia) e le scienze dello spirito.

L’accostamento di hegelismo e strutturalismo sulla base delle equazioni <concetto = struttura>, <dialettica = dinamica strutturale>, è un’idea ben fondata ma che si deve soprattutto a Piaget.

  [F.D’Agostini – “Breve storia della filosofia del Novecento”- Einaudi  ed. 1999, pp.229/30 – (Il corsivo è nostro)]

 

 

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